passeggiando con la storia- Don Giovanni Leone
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Passeggiando con la storia

Don Giovanni Leone, un geniale monaco benedettino a Cava de’ Tirreni

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

La Badia di Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno, è stata una fucina di formazione per molti giovani gravinesi. Sia sul piano strettamente vocazionale che su quello prettamente scolastico. Il cenobio benedettino ha dato alla Chiesa sante e luminose vocazioni. Elenchiamole. I monaci sono stati: Don Bernardo Calabrese, già prete secolare, col nome di don Giovanni e Don Benedetto Evangelista, al secolo don Filippo, anch'egli prete prima e monaco successivamente. Poi, don Giovanni Leone, oggetto della puntata odierna, nonchè zio di don Simeone Leone, di cui ci siamo occupati nel corso di una puntata precedente della rubrica.

Una ulteriore premessa. La presente scheda è frutto della collaborazione tra il sottoscritto, Rosa Leone, imparentata con il nostro, suo nonno era fratello del religioso di cui ci stiamo occupando, per la parte riguardante l'utilizzo di alcune foto e don Leone Morinelli, attuale Direttore della Biblioteca Nazionale monastica, nonché attuale Direttore Responsabile del Periodico dell'Associazione ex Alunni e Amici della Nadia di Cava, oltre ad essere stato seminarista nel periodo in cui, Don Giovanni ha ricoperto il ruolo di Rettore, per la parte riguardante le notizie storico-biografiche relative al monaco gravinese, luce per la nostra città e per la comunità monastica nella quale si è formato e vissuto. A loro il mio ringraziamento più sincero.

Del nostro illustre personaggio, ha tracciato un brillante profilo biografico don Leone Morinello, sulle pagine del periodico a cui ho fatto cenno innanzi. Nel numero 207 , Anno LXVIII, Aprile – Luglio 2020, con questo titiolo: Don Giovanni Leone visto da vicino, l'autore scrive: "Giuseppe (era questo il suo nome di battesimo) era nato a Gravina in Puglia il 1° febbraio 1902. Dopo i primi studi nella sua cittadina, entrò nel Seminario della Badia, dove dall'anno scolastico 1916-17 al 1918-19 frequentò dalla III alla V ginnasiale.

Nel 1919-20 passò al Seminario regionale di Molfetta, dove restò due anni. Il richiamo della Badia si fece subito sentire: abbandonato il sogno di divenire sacerdote diocesano, nel 1921 entrò nel noviziato della Badia ed emise la professione monastica il 4 marzo 1922. Compì gli studi teologici nel Collegio Internazionale di S. Anselmo in Roma, dove ebbe la possibilità di iniziare lo studio del canto gregoriano. Ordinato sacerdote il 18 settembre 1926, fu inviato a Padova per seguire il corso di laurea in scienze fisiche e matematiche in quella università. Non poté completare gli studi perché fu richiamato in monastero per assumere la complessa amministrazione e per insegnare nella scuola teologica. Divenne così esperto in diritto canonico, da comporre un voluminoso trattato sul diritto matrimoniale, molto apprezzato per completezza e per chiarezza. Un solo anno insegnò sacra eloquenza e alla fine pubblicò il volume "Come si parla in chiesa", ritenuto un gioiello in materia, che fu adottato in moltissimi seminari.

Quanto all'insegnamento, ebbe diversi incarichi sia nel Liceo sia nella Scuola Teologica della Badia. In particolare, insegnò matematica per un paio d'anni nella scuola del Seminario e religione al Liceo per una decina d'anni. Mentre nella Scuola Teologica alternò per alcuni anni l'insegnamento di canto gregoriano, patrologia, sacra scrittura e sacra eloquenza, e alla fine conservò la sola cattedra di diritto canonico. Dopo l'alluvione del 25 ottobre 1954 fu incaricato della direzione dei lavori nella Badia, ma ben presto fu impegnato in tutta la diocesi a costruire o restaurare chiese, canoniche e asili.

Tra le opere più importanti realizzò la costruzione ex novo dell'istituto Matarazzo a Castellabate, che fu affidato alla sua direzione amministrativa, tecnica e artistica. Ho sempre considerato D. Giovanni un uomo geniale per i lavori edili. Tra l'altro era in grado di stendere personalmente i progetti come un ingegnere di professione. Non per nulla era fornito del manuale usato dagli ingegneri, il ben noto "Colombo" . Come già accennato, per ogni insegnamento che gli fu affidato, pensò subito a compilare il libro per gli studenti, che doveva rendere la materia semplice e accessibile a tutti. Così avvenne per il canto gregoriano, nel quale riuscì a competere con i maggiori esperti e a superarli per la chiarezza che gli era propria. Non a caso la sua "Grammatica di canto gregoriano", uscita nel 1925 quando egli aveva 23 anni, tenne incontrastato il campo in tutta Italia con varie edizioni e ristampe, fino all'ultima del 1956, interamente rifatta col titolo di "Corso di canto gregoriano", accompagnata da una edizione minore per principianti dal titolo "Primi elementi di canto gregoriano". Unanime consenso accolse anche il suo voluminoso trattato di diritto matrimoniale, già ricordato, rimasto a livello di bozza di stampa per la mancanza di un curatore della pubblicazione dopo la sua morte. Fu geniale non solo per le pubblicazioni.

Il 27 agosto 1957, D. Giovanni finiva tragicamente tra le onde del mare di Santa Maria di Castellabate, lontano da tutti i confratelli. Una piccola grazia ebbe dal buon Dio: D. Anselmo Serafin, che spesso si recava nella diocesi abbaziale per apostolato, quel giorno si trovava proprio a S. Maria. Informato che era successa una disgrazia, accorse subito con la carità che lo distingueva. Sollevando il drappo che copriva il corpo senza vita, riconobbe con dolore il confratello e praticò i conforti religiosi che ritenne possibili. Sotto le varie attività, comunque, D. Giovanni nascondeva una intensa vita spirituale e un immenso amore alla vita monastica. Ho già riferito una sua risposta, che rivelava la speranza di essere aiutato a ben morire. Certamente teneva presente il precetto della Regola di S. Benedetto, contenuto tra gli strumenti delle buone opere (cap. 4): "Avere la morte ogni giorno in sospetto dinanzi agli occhi". La conferma fu raccolta la mattina stessa della sua morte, quando volle saldare un debito dandone la spiegazione ai presenti: "Si può morire da un momento all'altro e non dobbiamo rimandare a domani quanto possiamo fare oggi".
  • Giuseppe Massari
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