paseggiando con la storia- tradizioni pasquali a Gravina
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Passeggiando con la storia

Le feste pasquali nella nostra tradizione e storia locale

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

La presente nota storica è stata estrapolata dal testo di Giuseppe Schinco: "Iune, monde la lune. Analisi comparata dei giochi prima del computer a Gravina e Poggiorsini". Il testo, curato dal Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia – Centro Studi della Civiltà Rurale, è stato pubblicato nel 2016 da Schena Editore di Fasano Le feste pasquali hanno inizio la Domenica delle Palme: i bambini insieme ai genitori si recano nelle rispettive parrocchie a far benedire i rami di olivo, le palme, che poi porteranno ai parenti in segno di pace ritmando la tiritera : Né la palme e facime la pösce, nan'é tiembe de sté n'guerre, so le turche e stonne m'bösce, né la palme e facime la pösce. Tradotto: Prendi la palma e facciamo pace, non è tempo di stare in guerra, sono i turchi e stanno in pace prendi la palma e facciamo la pace. Un'altra tiritera che impegna alla pace anche con ritorsioni in caso di rottura dell'accordo: Pösce e pösce ci scumbagne av'avé mazzöte, dal vernacolo in italiano: Pace e pace, chi litiga avrà le botte.

La prima giornata di festa dopo la Domenica delle Palme è il Giovedì Santo, giorno di celebrazione solenne durante il quale si fa visita ai Sepolcri, le Sebbulcre, ovvero altari allestiti con germogli di grano . Si partecipa in religioso silenzio interrotto soltanto dal rumore delle traccole, tric trac, delle confraternite che in processione con stendardi e alcune con l'antico cappuccio bianco fanno visita al Santissimo. Le chiese rimarranno aperte fino all'alba del giorno dopo.

La sera del venerdì Santo saranno portate in processione una croce contenente un frammento della Santa Croce e due simulacri: il corpo del Cristo morto e l'Addolorata. Dietro l'Addolorata le Penitenti, donne che per voto vanno completamente vestite di nero con il capo e il volto coperto da un velo anch'esso nero; sono le ragazze del paese in cerca di marito. Di rito la processione parte e si conclude nella chiesa di Sant'Agostino ad ora tardissima; è tradizione che i portatori delle statue durante tutto il percorso più che camminare si cullino, s'annachèscene, e quando camminano fanno tre passi avanti e due in dietro.

Infine, la Domenica di Pasqua, al suono a festa delle campane della cattedrale, si ritrovano tutti in casa con le braccia allargate distesi per terra ad osannare il Risorto, mentre per strada esplodono i fantocci du Carnevöle e de la Quarandöne precedentemente imbottiti di petardi. A mezzogiorno i bambini, quei pochi che hanno avuto la fortuna di averlo in regalo, possono assaggiare il cioccolato dell'uovo pasquale o il biscotto della scarcèdde. La scarcèdde è un biscotto a forma di cestino o di bambola con un uovo sodo posto sul basso. Quel che più attira l'attenzione è la sorpresa dell'uovo: quasi sempre un pupazzetto . Sotto il piatto del padre, in occasione del pranzo della domenica di Pasqua, ancora una letterina con la quale si promette di essere più buoni.

Nell'antichità. Come si rileva da molti riti, spesso le celebrazioni pagane si sono fuse e confuse con quelle cristiane; alcune delle antiche celebrazioni hanno mantenuto solo i nomi, altre invece, pur avendo perso il nome originario, hanno conservato simboli e riti in forma quasi intatta. Le uova ad esempio, fin dai tempi più remoti, sono state ritenute il simbolo universale della rinascita; l'usanza di appendere uova dipinte nei templi risale all'epoca delle piramidi egiziane. nella mitologia greca le uova simboleggiavano il mitico uccello della Fenice, che deponeva e, era al tempo stesso, era l'uovo cosmico.

Secondo la leggenda, infatti, l'uccello di fuoco prima di morire preparava un nido in forma d'uovo, dopo si adagiava al centro del nido e si lasciava incenerire dai raggi del sole. Dalle ceneri nasceva poi l'uovo dal quale l'uccello riprendeva vita. Simbolicamente, la Fenice rappresentava la luce generatrice di ogni cosa. nella mitologia scandinava qualcosa di simile si ritrova in Eostre, personificazione della Primavera con il simbolo tra l'altro delle uova. Infatti, pare che il giorno dell'equinozio si offrissero alla divinità uova di serpente dipinte. Secondo le poche fonti a nostra disposizione, Eostre era una dea lunare, sposa di un dio solare che, per motivi imprecisati, perì proprio qualche giorno prima dell'equinozio di primavera.

Tuttavia, prima di morire, il dio aveva fecondato Eostre con il suo seme attraverso il quale, nove mesi più tardi, sarebbe ritornato alla vita come figlio e sposo della dea. nell'antica Roma, era protagonista di una storia simile Cibele, dea di origine frigia che, in mancanza di una mitologia specifica, fu identificata con Rea, la madre di tutti gli dei. vi sono differenti versioni del mito. Secondo alcune versioni, Cibele era la madre vergine di Attis, dio frigio; secondo altre, invece, le due divinità intrattenevano un rapporto amoroso. In ogni caso, Attis si ritrovò a sposare una mortale, la figlia del re di Pessinunte.

Durante le nozze, Attis divenne folle a causa dell'intervento di un'amante gelosa (secondo alcuni Cibele stessa, secondo altri Agdistis, demone bisessuale innamorato del giovane), così fuggì su un monte e si tolse la vita. Addolorata per la morte del giovane dio, Cibele intervenne per salvargli la vita. Secondo alcune versioni del mito, Attis tornò in vita dopo tre giorni; altre versioni invece, affermano che Cibele trasformò l'amato giovane in abete (simbolo, infatti, della vita eterna). In ogni caso, la dea della Terra istituzionalizzò una cerimonia funebre da celebrarsi durante l'equinozio di primavera. Le feste avevano inizio insieme al nuovo anno il 25 di marzo e terminavano il 28 dello stesso mese e celebravano il mistero della Morte e Resurrezione, ossia i cicli della vita e della Terra che si alternano.

Ben presto queste celebrazioni assunsero un carattere misterico e furono gli unici culti orgiastici ed estatici del mondo romano. Erano caratterizzate da danze frenetiche il cui ritmo era scandito da tamburi e, durante la cerimonia, i coribandi, sacerdoti di Cibele e Attis, inscenavano la vita del dio dall'infanzia alla sua morte e resurrezione procurandosi ferite e spargendo per ogni dove il loro sangue. Ma, i riti della Morte e Resurrezione più famosi dell'antichità erano senza dubbio i Misteri Eleusini. Inizialmente, erano riti religiosi misterici celebrati nel santuario di Demetra, nell'antica città greca di Eleusi. In seguito all'inglobamento di Eleusi nello stato Ateniese, il culto dei misteri si diffuse in tutta la Grecia e nelle colonie della Magna Grecia.

Il complesso rito si svolgeva in due momenti separti: il primo in primavera e si denominava "piccoli misteri", il secondo, detto "grandi misteri" si teneva in autunno. Il rito dei "piccoli misteri" consisteva in una specie di purificazione per ricordare il ritorno di Persefone presso Demetra. L'intera popolazione partecipava ad una processione mediante la quale, agitando palme, si accompagnava la statua di Persefone al tempio, dove avrebbe riabbracciato sua madre Demetra. questa, felice per il ritorno della figlia, avrebbe nuovamente fecondato la terra. Con il rito dei "grandi misteri" si celebrava, invece, il ritorno di Persefone agli inferi da Ade.

Tutta la cerimonia, finalizzata alla consacrazione di nuovi adepti, si teneva nel tempio e pochi erano gli eletti ammessi alla cerimonia. Pena la morte ai partecipanti era interdetto diffondere notizie in merito. De rito di Cibele oggi restano solo le diverse forme di tarantella in particolare quella della pizzica salentina e l'uso, per ritmare i balli, del tamburello, antico simbolo della divinità; mentre dei Misteri Eleusini si conservano numerosi riferimenti. Innanzitutto gli addobbi degli altari del Giovedì Santo, il grano era simbolo di Demetra, dea delle messi e il cereale era adoperato abbondantemente durante i Grandi Misteri per giungere all'estasi attraverso un fungo allucinogeno presente fra le sue spighe; la segretezza della identità dei confratelli che anticamente giravano con un cappuccio in testa ricorda gli iniziati custodi del mistero della Morte e Resurrezione; infine, l'attributo di "Misteri" dato ai simulacri portati in processione il venerdì Santo potrebbe identificarsi con il misterioso percorso che l'anima compie per giungere a Dio.

Completiamo il nostro itinerario storico facendo riferimento alla Pasquetta, "la Pasquarèdde". La prima festa agraria avente esclusivo carattere civile è la Pasquetta, la Pasquarèdde. Trattasi di una vera e propria scampagnata di una sola giornata: chi con i calessi, le sciarrètte o le soprammolle, chi con i traini, le traièrene, chi a piedi con il pranzo in tegami dentro grossi tovaglioli annodati a due a due agli angoli, si raggiunge un posto dove di rito si accende un fuoco per arrostire i resti dell'agnello pasquale.
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  • Giuseppe Massari
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