passeggiando con la storia- progetto le tebaidi
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Passeggiando con la storia

Progetto Tebaidi del Sud Italia. Una pagina di storia: Gravina e il Giappone si incontrano

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Il governo giapponese, visti i determinanti risultati ottenuti con il restauro degli affreschi della Cappella Maggiore di Santa Croce a Firenze - finanziato in massima parte da un mecenate giapponese attraverso l'Università di Kanazawa e eseguito dall'Opificio delle Pietre Dure, ha accolto la richiesta di finanziamento presentata dall'Università di Kanazawa per un progetto di ricerca diagnostica e di documentazione sulla tecnica esecutiva e sullo stato di conservazione delle pitture murali del territorio peninsulare sud-italiano, con particolare riguardo al periodo bizantino e altomedievale. finanziò, oltre dieci anni fa un progetto di ricerca, condotto dall'Università di Kanazawa e dall' Opificio delle Pietre Dure di Firenze, sulle pitture murali bizantine medio-orientali del sud Italia. Il progetto, generato da un interesse per la materia di Takaharu Miyashita, professore di Storia dell'Arte Occidentale dell'Università di Kanazawa, è stato prontamente condiviso dall'Opificio delle Pietre Dure.

La ricerca, i cui risultati sono confluiti in un archivio digitale, è stata finalizzata ad acquisire una maggiore conoscenza su un segmento importante del patrimonio artistico italiano, poco conosciuto ma assolutamente unico, caratterizzato da chiese, cappelle e siti rupestri di tipo cenobitico, frutto dell'insediamento di monaci ortodossi provenienti da Oriente e Sicilia, verificatosi fra il VI e l'XI secolo, in regioni come la Calabria, la Lucania e la Puglia. Il progetto che, ha un valore particolarmente innovativo dal momento che non esiste una conoscenza organica e di ampio raggio sulla tecnica esecutiva e sulle tipologie della pittura murale di area bizantina medio-orientale, é partito, proprio dalla Puglia.

La scelta ricadde sulla nostra città, perché fu la prima e l'unica città, del Mezzogiorno d'Italia, a candidarsi, intuendo ed intercettando la originalità insita in qualcosa che c'era da percepire come nuovo. Le chiese rupestri gravinesi, vivisezionate, studiate, censite e catalogate non avevano mai ricevuto un trattamento di primogenitura finalizzato ad uno scopo inimmaginabile. Un modo per porsi e salire la ribalta internazionale, mettendo a disposizione degli studiosi i suoi tesori, i suoi gioielli, divenendo Cornelia Gracchi. Una Tebaide del Sud d'Italia.

Il progetto entra nel vivo e comincia a prendere corpo quando una prima delegazione effettua un sopralluogo cognitivo di tutte le realtà e insediamenti rupestri, di tipo religioso, e alla fine del tour decide di dover insistere ed intervenire solo su tre: la cripta di san Vito Vecchio, sia il sito originale, internamente ed esternamente, che la ricostruzione collocata presso la Fondazione Ettore Pomarici- Santomasi di Gravina. La grotta del Padreterno, nell'omonima zona archeologica e la chiesa di san Michele delle Grotte, nei loro interni e nei loro esterni.
Nei mesi successivi vengono effettuati i primi rilievi fotografici e foto laser tridimensionali in più fasi, fino all'arrivo di una troupe di giapponesi, in numero di 15 persone, fra docenti e studenti, capitanati dal professor Takaharu Miyashita, che per 15 giorni ha operato, con attrezzature altamente, sofisticate e tecnologicamente avanzate, tutte rigorosamente made in Japan, negli stessi ambiti. In tal senso lo studio della "versione" italiana di quel fenomeno storico-artistico potrà costituire un punto di riferimento per le acquisizioni future riguardanti il più vasto patrimonio di chiese rupestri del bacino Mediterraneo.

La ricerca ha riguardato un campione significativo di chiese e siti rupestri nell'area territoriale e cronologica indicata, tale da consentire una rappresentatività delle varie tipologie decorative. Per la conoscenza delle tecnica artistica di indagini diagnostiche secondo è stato messo a frutto la lunga competenza acquisita dall'Opificio delle Pietre Dure nel campo: a iniziare da quelle ottiche non invasive o di imaging, cioè fotografie in luce diffusa e radente che servono a mappare le superfici, cui vanno a sovrapporsi tecniche di rilevazione ottica a varie lunghezze d'onda (Infrarosso, Ultra violetto ecc); per continuare con indagini non invasive puntuali (Fluorescenza X, Fors e colorimetria; FT-IR, ecc.) che danno informazioni sulla natura chimica dei materiali costitutivi; per poi raffinare la ricerca attraverso indagini chimiche (micro-prelievi) volte alla conoscenza delle stratigrafie e dei materiali di sintesi chimica prodotti dal processo tecnico della carbonatazione o dalle cause di degrado.

Per la realizzazione del progetto, soprattutto nella prima fase, l'Opificio delle pietre dure di Firenze ha messo in campo i propri settori tecnici e scientifici, ovvero il Settore di Restauro delle Pitture Murali, i Laboratori Scientifici (chimico, fisica, micro-biologia), il Laboratorio Fotografico; curerà inoltre il coordinamento con altri Enti di Ricerca e Universitari italiani con cui abitualmente collabora; mentre l'Università di Kanazawa ha appositamente costituito un Centro di Ricerca sulla Pittura Murale Italiana, unico in tutto l'Oriente, che coordinerà la gestione economica e il coinvolgimento delle alte tecnologie giapponesi.

L'Università di Kanazawa, inoltre, attraverso la collaborazione al progetto dei propri esperti scientifici, è intervenuta collaborando all'analisi chimica dell'intonaco e alla documentazione degli spazi architettonici e delle superfici delle pareti dipinte con tecnologia laser scanner. Si interesserà, inoltre, di studiare, nei casi in cui questo sia di interesse, un nuovo sistema dell' illuminazione. Il progetto complessivo è stato finanziato per una previsione di 300.000.000 di Yen, con un primo lotto già finanziato di 83.000.000, per l'anno accademico aprile 2010- marzo 2011.

Un'altra finalità del progetto è stata quella di coniugare la massima tecnologia moderna con la fruizione di questi luoghi, dotandoli, sia nel corso della ricerca che, eventualmente, per il futuro, di una illuminazione di tipo OLED (Organic Electronics), vera e propria rivoluzione illuminotecnica, ovvero corpi illuminanti maneggevoli, dal minimo consumo, facilmente ricaricabili a batteria, caratterizzati inoltre da una bassissima emissione di ultravioletti, e che dunque rappresentano una nuova frontiera anche per l'illuminazione monumentale e museale.
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  • Giuseppe Massari
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