Anno giubilare mariano, una storia che passa da Gravina
I legami con la comunità benedettina di Montevergine. Tra le chiese rupestri una fondata da san Guglielmo da Vercelli
domenica 22 luglio 2012
18.41
Il patrimonio delle chiese rupestri della nostra città torna a far parlare di sé, o meglio dovrebbe, se i Gravinesi prestassero più attenzione ad elementi dimenticati della storia patria. Dal 25 giugno scorso è iniziato infatti l'anno giubilare mariano indetto dalla comunità benedettina di Montevergine, un momento di riflessione spirituale e di approfondimento storico del culto della Madre di Dio.
Forse non molti sanno che nell'elenco delle chiese scavate lungo il nostro burrone vi era una volta anche quella di Sant'Andrea, sita presso il claustro di cavato San Marco, nell'antico rione Casalnuovo. Edificata secondo la tradizione da S. Guglielmo da Vercelli (1085 – 1142), austero eremita ricordato anche come fondatore del monastero di S. Salvatore del Goleto, da cui fin dal 1182 risultava dipendente, la chiesa di S. Andrea era caratterizzata da un campanile esterno, in seguito crollato. Di pianta quadrata, aveva il soffitto retto da dieci colonne, mentre sull'altare maggiore si trovava l'affresco di una Madonna con Bambino trai santi Pietro e Andrea. Collegata ad essa era un monastero benedettino sia maschile che femminile, se, come riportato da un documento del 1301, ci fu un contenzioso tra la badessa e il conte di Gravina Giovanni di Monfort.
Nel 1567 la chiesa, il beneficio e i beni di S. Andrea furono assegnati all'Ospedale dei Poveri dell'Annunziata di Napoli, e due anni dopo la struttura monastica non esisteva più. Nel '700 la chiesa andò progressivamente in rovina, tanto che l'allora cardinale fra Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, constatane la riduzione a squallida stalla durante una visita apostolica, la sconsacrò ordinando che ne fosse costruita una nuova; ordine che restò lettera morta a causa della vacanza della diocesi.
In seguito l'ex luogo di culto venne trasformato in deposito da affittare per usi privati, anche se fortunatamente non è andato del tutto perduto ed è stato in parte recuperato. Una storia studiata dai docenti Marisa D'Agostino e Fedele Raguso dell'associazione "Amici della Fondazione E. Pomarici Santomasi", a cui la chiesa è stata concessa in comodato d'uso, e che documenta i legami tra Gravina e la congregazione di Montevergine, a cui Gravina ha dato molte anime consacrate. Una storia che nell'anno delle celebrazioni giubilari potrebbe far rientrare a pieno titolo e buon diritto la nostra città nel ricco programma degli eventi.
Forse non molti sanno che nell'elenco delle chiese scavate lungo il nostro burrone vi era una volta anche quella di Sant'Andrea, sita presso il claustro di cavato San Marco, nell'antico rione Casalnuovo. Edificata secondo la tradizione da S. Guglielmo da Vercelli (1085 – 1142), austero eremita ricordato anche come fondatore del monastero di S. Salvatore del Goleto, da cui fin dal 1182 risultava dipendente, la chiesa di S. Andrea era caratterizzata da un campanile esterno, in seguito crollato. Di pianta quadrata, aveva il soffitto retto da dieci colonne, mentre sull'altare maggiore si trovava l'affresco di una Madonna con Bambino trai santi Pietro e Andrea. Collegata ad essa era un monastero benedettino sia maschile che femminile, se, come riportato da un documento del 1301, ci fu un contenzioso tra la badessa e il conte di Gravina Giovanni di Monfort.
Nel 1567 la chiesa, il beneficio e i beni di S. Andrea furono assegnati all'Ospedale dei Poveri dell'Annunziata di Napoli, e due anni dopo la struttura monastica non esisteva più. Nel '700 la chiesa andò progressivamente in rovina, tanto che l'allora cardinale fra Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, constatane la riduzione a squallida stalla durante una visita apostolica, la sconsacrò ordinando che ne fosse costruita una nuova; ordine che restò lettera morta a causa della vacanza della diocesi.
In seguito l'ex luogo di culto venne trasformato in deposito da affittare per usi privati, anche se fortunatamente non è andato del tutto perduto ed è stato in parte recuperato. Una storia studiata dai docenti Marisa D'Agostino e Fedele Raguso dell'associazione "Amici della Fondazione E. Pomarici Santomasi", a cui la chiesa è stata concessa in comodato d'uso, e che documenta i legami tra Gravina e la congregazione di Montevergine, a cui Gravina ha dato molte anime consacrate. Una storia che nell'anno delle celebrazioni giubilari potrebbe far rientrare a pieno titolo e buon diritto la nostra città nel ricco programma degli eventi.