Antica masseria: arrivano i manager?
L'Agenzia nazionale prepara la white list. Torna la speranza dopo i fallimenti del passato.
domenica 25 novembre 2012
10.15
Si riaccende la speranza per l'Antica masseria dell'Alta Murgia.
Su iniziativa dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia, è stata stilata una white list di 63 imprenditori antimafia pronta per amministrare le aziende confiscate alla malavita organizzata. Il progetto è stato avviato a fine 2011 dopo l'infausto risultato della gestione di questi ultimi anni proprio dei beni sottratti ai boss che hanno visto deperire i loro fatturati a causa di una cattiva gestione e dei tempi burocratici che hanno, in alcuni casi, sfiorato i tempi biblici.
Gli imprenditori, quasi tutti manager inoccupati, sono stati coinvolti in attività di formazione on the job e d'aula che ha prodotto, nell'arco di quattro mesi, 14 report dettagliati sullo stato di salute di altrettante aziende confiscate, prevalentemente nel Sud Italia, con l'indicazione delle opzioni strategiche che serviranno all'Agenzia per definire le soluzioni di destinazione delle imprese stesse.
In base ai dati dell'Agenzia nazionale, nel 2012 su 12.472 beni confiscati si contano 1.639 aziende. Di queste, solo 57 risultano attive sul mercato e solo 67 hanno dei dipendenti. Il problema principale per queste aziende restano i tempi burocratici: dal sequestro alla confisca, passano dagli otto ai dieci anni ossia un periodo inaccettabile per il mercato del lavoro. "Dal momento del sequestro - si legge in una relazione della società Istud, partner del progetto - l'azienda subisce un trauma. I vantaggi competitivi illegali sui quali si fonda il funzionamento delle imprese di proprietà mafiosa, dal lavoro nero all'evasione fiscale fino all'alterazione della concorrenza, vengono meno. Dall'altra parte, le istituzioni non sono pronte a farsi carico di queste zavorre, con un sistema normativo instabile e in fase di elaborazione e definizione". A questo si aggiungono i diritti rivendicati dai lavoratori e dai creditori oltre alle banche che sempre più spesso chiudono i rubinetti. "Il risultato finale nella maggior parte dei casi è la messa in liquidazione e la perdita del lavoro per i dipendenti. Tanto che non sono pochi gli operai licenziati che rimpiangono i vecchi padroni mafiosi".
Una triste realtà che nel nostro territorio conosciamo molto bene. "La gestione dei beni sia mobili sia immobili ha avuto da parte degli amministratori giudiziari un atteggiamento prettamente conservativo", ha detto il prefetto Giuseppe Caruso nel corso del Convegno finale del progetto di formazione dei manager. "In relazione alla complessità di queste aziende non è più sufficiente l'amministratore giudiziario che abbia una competenza di commercialista. Abbiamo bisogno di amministratori giudiziari che abbiano doti di commercialisti forensi e anche gestionali". "È evidente il differenziale che un contributo manageriale potrebbe produrre - si legge nella sintesi finale del progetto - sia per il profilo di competenze, sia per la estraneità e neutralità rispetto al fenomeno e alle connotazioni territoriali dello stesso. L'impiego di tali professionalità, al fianco di quelle dell'amministratore giudiziario in maniera strutturale, fin dall'inizio del procedimento cautelare, nelle fasi di valutazione, gestione e definizione delle opzioni di destinazione, potrebbe dare un decisivo contributo alla sopravvivenza e allo sviluppo delle imprese".
"È arrivato il momento di rivedere la legge sul riutilizzo dei beni, soprattutto per mantenere il livello occupazionale delle aziende", ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso nel corso della presentazione del primo festival dei beni confiscati di Milano. La legge stessa, ha ricordato Grasso, "non prevede il mantenimento in gestione dell'impresa e i blocchi burocratici previsti non permettono di poter operare a livelli manageriali".
Su iniziativa dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia, è stata stilata una white list di 63 imprenditori antimafia pronta per amministrare le aziende confiscate alla malavita organizzata. Il progetto è stato avviato a fine 2011 dopo l'infausto risultato della gestione di questi ultimi anni proprio dei beni sottratti ai boss che hanno visto deperire i loro fatturati a causa di una cattiva gestione e dei tempi burocratici che hanno, in alcuni casi, sfiorato i tempi biblici.
Gli imprenditori, quasi tutti manager inoccupati, sono stati coinvolti in attività di formazione on the job e d'aula che ha prodotto, nell'arco di quattro mesi, 14 report dettagliati sullo stato di salute di altrettante aziende confiscate, prevalentemente nel Sud Italia, con l'indicazione delle opzioni strategiche che serviranno all'Agenzia per definire le soluzioni di destinazione delle imprese stesse.
In base ai dati dell'Agenzia nazionale, nel 2012 su 12.472 beni confiscati si contano 1.639 aziende. Di queste, solo 57 risultano attive sul mercato e solo 67 hanno dei dipendenti. Il problema principale per queste aziende restano i tempi burocratici: dal sequestro alla confisca, passano dagli otto ai dieci anni ossia un periodo inaccettabile per il mercato del lavoro. "Dal momento del sequestro - si legge in una relazione della società Istud, partner del progetto - l'azienda subisce un trauma. I vantaggi competitivi illegali sui quali si fonda il funzionamento delle imprese di proprietà mafiosa, dal lavoro nero all'evasione fiscale fino all'alterazione della concorrenza, vengono meno. Dall'altra parte, le istituzioni non sono pronte a farsi carico di queste zavorre, con un sistema normativo instabile e in fase di elaborazione e definizione". A questo si aggiungono i diritti rivendicati dai lavoratori e dai creditori oltre alle banche che sempre più spesso chiudono i rubinetti. "Il risultato finale nella maggior parte dei casi è la messa in liquidazione e la perdita del lavoro per i dipendenti. Tanto che non sono pochi gli operai licenziati che rimpiangono i vecchi padroni mafiosi".
Una triste realtà che nel nostro territorio conosciamo molto bene. "La gestione dei beni sia mobili sia immobili ha avuto da parte degli amministratori giudiziari un atteggiamento prettamente conservativo", ha detto il prefetto Giuseppe Caruso nel corso del Convegno finale del progetto di formazione dei manager. "In relazione alla complessità di queste aziende non è più sufficiente l'amministratore giudiziario che abbia una competenza di commercialista. Abbiamo bisogno di amministratori giudiziari che abbiano doti di commercialisti forensi e anche gestionali". "È evidente il differenziale che un contributo manageriale potrebbe produrre - si legge nella sintesi finale del progetto - sia per il profilo di competenze, sia per la estraneità e neutralità rispetto al fenomeno e alle connotazioni territoriali dello stesso. L'impiego di tali professionalità, al fianco di quelle dell'amministratore giudiziario in maniera strutturale, fin dall'inizio del procedimento cautelare, nelle fasi di valutazione, gestione e definizione delle opzioni di destinazione, potrebbe dare un decisivo contributo alla sopravvivenza e allo sviluppo delle imprese".
"È arrivato il momento di rivedere la legge sul riutilizzo dei beni, soprattutto per mantenere il livello occupazionale delle aziende", ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso nel corso della presentazione del primo festival dei beni confiscati di Milano. La legge stessa, ha ricordato Grasso, "non prevede il mantenimento in gestione dell'impresa e i blocchi burocratici previsti non permettono di poter operare a livelli manageriali".