Bartolo Longo sarà proclamato santo
Fu penitente e amico del sacerdote gravinese don Eustachio Montemurro
mercoledì 26 febbraio 2025
Il fondatore del santuario mariano di Pompei, diffusore della recita del Santo Rosario, nonché autore della Supplica alla Vergine di Pompei, che si recita in tutte le chiese l'8 maggio e ogni prima domenica di ottobre, consacrato alla Fraternità Laica di San Domenico sarà proclamato santo. E' questa la notizia delle ultime ore, che è stata diffusa dopo che il papa, pur essendo degente presso il Policlinico Gemelli di Roma "ha approvato i voti favorevoli della Sessione Ordinaria dei Padri Cardinali e Vescovi per la canonizzazione del Beato Bartolo Longo", nato a Latiano , in provincia di Brindisi il 10 febbraio 1841 e morto a Pompei il 5 ottobre 1926.
Ricordiamo che lo stesso avvocato, morto in concetto di santità, fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980. Se da un lato tutta la comunità e i fedeli devoti legati al Santuario Pompei hanno gioito, non di meno può essere il giubilo per la nostra città, visto il rapporto che ci fu tra l'avvocato fondatore e il medico, sacerdote e fondatore delle Suore Missionarie del Sacro Costato e dei Piccoli Frattelli del Santissimo Sacramento, don Eustachio Montemurro, nato a Gravina il 1° gennaio 1857 e morto il 2 febbraio 1923 a Pompei, tanto che gli studiosi non hanno avuto difficoltà a coniare questa espressione: "l'avvocato Bartolo Longo ed il medico Eustachio Montemurro, fratelli nella carità". Diciamo che nella santità di Longo c'è una parte molto importante della storia della nostra città.
Le vicende storiche che riguardarono il Montemurro le conosciamo, sin da quando egli pensò di fondare due ordini religiosi: uno femminile e l'altro maschile. Fu avversato, combattuto, denigrato, minacciato di lasciare le sue creature, dallo stesso clero locale e anche da alcuni vescovi, pronti ad ascoltare una sola campana. Quando al prete gli fu intimato di lasciare Gravina, egli si "rifugiò" a Pompei, dove divenne solerte ed infaticabile apostolo della fede. Fu in questo contesto che don Eustacchio conobbe Bartolo Longo.
Il 7 gennaio 1914 lasciò Gravina. Partì da solo, senza don Saverio rimasto a Gravina per tenere aperta la casa di Sant'Emidio e, come aveva suggerito monsignor Zimarino, per tacitare il popolo, il quale aveva lasciato partire il medico-sacerdote a condizione che mensilmente si fosse alternato col suo confratello nella città natale per ascoltare le confessioni. Al Santuario della Vergine del Rosario c'erano ad attenderlo il delegato pontificio monsignor Augusto Silj, che si era fatta di lui un'ottima opinione, e l'avvocato Bartolo Longo, suo amico e ora beato, che intendeva offrirgli tutto il suo appoggio. Don Eustachio e Bartolo Longo erano legati sia dalla comune origine pugliese (il secondo era nativo di Latiano, in provincia di Brindisi), sia dal fatto che entrambi avevano studiato presso l'Università di Napoli, sebbene si fossero specializzati in campi diversi.
Don Eustachio riprese subito e con inalterabile serenità il lavoro pastorale nelle tre parrocchie della forania di Scafati coadiuvando il parroco don Gennaro Federico nella parrocchia del Santissimo Salvatore e andando incontro anche al parroco di Scafati, specialmente nell'insegnamento del catechismo e nell'assistenza ai moribondi. Passava molto tempo nel confessionale del Santuario, anche nelle ore più fredde o torride. A tal proposito, aprendo una parentesi importantissima, ci piace ricordare che l'avvocato Bartolo fu penitente del sacerdote gravinese, don Eustachio era diventato il suo confessore, se non addirittura il suo padre spirituale.
Per questa ragione accade tanto spesso che i santi si incontrino e vedano intrecciarsi le loro strade. È accaduto anche nella vita terrena del nostro Servo di Dio. Penso al Venerabile Servo di Dio Antonio M. Losito, sacerdote redentorista originario di Canosa, con il quale don Eustachio s'incontrò nel luglio 1906 per un corso di esercizi spirituali. Da allora il P. Losito divenne il suo padre spirituale e lo accompagnò fino alla morte. Fu lo stesso venerabile Losito a presentare don Eustachio al Beato Bartolo Longo, che ne divenne amico e custode a Pompei, dove Montemurro esercitò per lungo tempo il ministero della confessione.
Per capire meglio i rapporti solidi che si instaurarono tra i due e l'importante notizia della prossima canonizzazione dell'avvocato di Pompei, che, in un certo qual modo sfiora Gravina, e in attesa, che anche la nostra città, comunque, possa un giorno vedere salire agli onori degli altari, non solo don Eustachio Montemurro, ma Papa Benedetto XIII e la Principessa Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi, Fondatrice della Suore Ospedaliere della Misericordia, per i quali sono in corso i Processi di Canonizzazione e Beatificazione, riprendo dal testo: Eustachio Montemurro medico e sacerdote di Cristo di Suor Guglielmina Sorrentino.
"Tutte le sere don Bartolo e la contessa Marianna De Fusco, sua consorte, andavano in carrozza fino a Croce di Pasella per unirsi a don Eustachio nella recita del rosario. L'ultimo tratto di strada lo facevano a piedi, quasi a immedesimarsi con le faticose marce apostoliche dei due sacerdoti che essi ammiravano ma non potevano imitare.( I due sacerdoti, il riferimento è anche alla presenza di don Saverio Valerio che, nel frattempo, aveva anche lui raggiunto Pompei) A benedizione eucaristica terminata si trattenevano in familiare conversazione con don Eustachio e, se giovano quando questi parlava confidenzialmente del lavoro intrapreso tra la povera gente, si sentivano anche stringere il cuore al pensiero dei disagi che egli affrontava con disinvoltura, capace di sdrammatizzarli a tal punto da far apparire la sua , una vita normale" .
Ricordiamo che lo stesso avvocato, morto in concetto di santità, fu proclamato beato da Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1980. Se da un lato tutta la comunità e i fedeli devoti legati al Santuario Pompei hanno gioito, non di meno può essere il giubilo per la nostra città, visto il rapporto che ci fu tra l'avvocato fondatore e il medico, sacerdote e fondatore delle Suore Missionarie del Sacro Costato e dei Piccoli Frattelli del Santissimo Sacramento, don Eustachio Montemurro, nato a Gravina il 1° gennaio 1857 e morto il 2 febbraio 1923 a Pompei, tanto che gli studiosi non hanno avuto difficoltà a coniare questa espressione: "l'avvocato Bartolo Longo ed il medico Eustachio Montemurro, fratelli nella carità". Diciamo che nella santità di Longo c'è una parte molto importante della storia della nostra città.
Le vicende storiche che riguardarono il Montemurro le conosciamo, sin da quando egli pensò di fondare due ordini religiosi: uno femminile e l'altro maschile. Fu avversato, combattuto, denigrato, minacciato di lasciare le sue creature, dallo stesso clero locale e anche da alcuni vescovi, pronti ad ascoltare una sola campana. Quando al prete gli fu intimato di lasciare Gravina, egli si "rifugiò" a Pompei, dove divenne solerte ed infaticabile apostolo della fede. Fu in questo contesto che don Eustacchio conobbe Bartolo Longo.
Il 7 gennaio 1914 lasciò Gravina. Partì da solo, senza don Saverio rimasto a Gravina per tenere aperta la casa di Sant'Emidio e, come aveva suggerito monsignor Zimarino, per tacitare il popolo, il quale aveva lasciato partire il medico-sacerdote a condizione che mensilmente si fosse alternato col suo confratello nella città natale per ascoltare le confessioni. Al Santuario della Vergine del Rosario c'erano ad attenderlo il delegato pontificio monsignor Augusto Silj, che si era fatta di lui un'ottima opinione, e l'avvocato Bartolo Longo, suo amico e ora beato, che intendeva offrirgli tutto il suo appoggio. Don Eustachio e Bartolo Longo erano legati sia dalla comune origine pugliese (il secondo era nativo di Latiano, in provincia di Brindisi), sia dal fatto che entrambi avevano studiato presso l'Università di Napoli, sebbene si fossero specializzati in campi diversi.
Don Eustachio riprese subito e con inalterabile serenità il lavoro pastorale nelle tre parrocchie della forania di Scafati coadiuvando il parroco don Gennaro Federico nella parrocchia del Santissimo Salvatore e andando incontro anche al parroco di Scafati, specialmente nell'insegnamento del catechismo e nell'assistenza ai moribondi. Passava molto tempo nel confessionale del Santuario, anche nelle ore più fredde o torride. A tal proposito, aprendo una parentesi importantissima, ci piace ricordare che l'avvocato Bartolo fu penitente del sacerdote gravinese, don Eustachio era diventato il suo confessore, se non addirittura il suo padre spirituale.
Per questa ragione accade tanto spesso che i santi si incontrino e vedano intrecciarsi le loro strade. È accaduto anche nella vita terrena del nostro Servo di Dio. Penso al Venerabile Servo di Dio Antonio M. Losito, sacerdote redentorista originario di Canosa, con il quale don Eustachio s'incontrò nel luglio 1906 per un corso di esercizi spirituali. Da allora il P. Losito divenne il suo padre spirituale e lo accompagnò fino alla morte. Fu lo stesso venerabile Losito a presentare don Eustachio al Beato Bartolo Longo, che ne divenne amico e custode a Pompei, dove Montemurro esercitò per lungo tempo il ministero della confessione.
Per capire meglio i rapporti solidi che si instaurarono tra i due e l'importante notizia della prossima canonizzazione dell'avvocato di Pompei, che, in un certo qual modo sfiora Gravina, e in attesa, che anche la nostra città, comunque, possa un giorno vedere salire agli onori degli altari, non solo don Eustachio Montemurro, ma Papa Benedetto XIII e la Principessa Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi, Fondatrice della Suore Ospedaliere della Misericordia, per i quali sono in corso i Processi di Canonizzazione e Beatificazione, riprendo dal testo: Eustachio Montemurro medico e sacerdote di Cristo di Suor Guglielmina Sorrentino.
"Tutte le sere don Bartolo e la contessa Marianna De Fusco, sua consorte, andavano in carrozza fino a Croce di Pasella per unirsi a don Eustachio nella recita del rosario. L'ultimo tratto di strada lo facevano a piedi, quasi a immedesimarsi con le faticose marce apostoliche dei due sacerdoti che essi ammiravano ma non potevano imitare.( I due sacerdoti, il riferimento è anche alla presenza di don Saverio Valerio che, nel frattempo, aveva anche lui raggiunto Pompei) A benedizione eucaristica terminata si trattenevano in familiare conversazione con don Eustachio e, se giovano quando questi parlava confidenzialmente del lavoro intrapreso tra la povera gente, si sentivano anche stringere il cuore al pensiero dei disagi che egli affrontava con disinvoltura, capace di sdrammatizzarli a tal punto da far apparire la sua , una vita normale" .