Case Bianche: il Tar respinge i ricorsi contro le modifiche di perimetrazione
Rigettata anche la richiesta di risarcimento dei ricorrenti, condannati alle spese
sabato 29 aprile 2017
C'è un altro punto fermo nella storia della Case Bianche, gli 84 alloggi edificati agli inizi degli anni Duemila in località Giulianello nell'ambito di un programma di edilizia residenziale privata. Lo ha messo il Tar Bari, respingendo il ricorso avanzato dai proprietari di alcuni dei terreni ricadenti nell'area interessata.
La vicenda era stata già oggetto di valutazione in sede giudiziaria: con sentenza del 2002 il Tar aveva annullato la concessione edilizia e la delibera con cui, nel 1999, il Comune aveva approvato il programma costruttivo presentato dall'impresa che avrebbe poi edificato gli alloggi. Motivi per i quali il Tribunale amministrativo, con pronuncia di ottemperanza del 2010 confermata in via definitiva dal Consiglio di Stato nel 2014, aveva ordinato al Municipio di procedere ad apposita variante al Prg per giungere alla perimetrazione del comparto urbanistico in questione. Al soddisfacimento di tale obbligo l'Ente provvedeva con delibera di consiglio adottata proprio nel 2010, seguita da altri più recenti atti deliberativi risalenti al 2013 ed al 2016, tutti impugnati dai ricorrenti, con contestuale richiesta di risarcimento del danno, quantificato in 3 milioni di euro che – a detta degli stessi – il Comune avrebbe dovuto incassare dall'impresa costruttrice per ripartirli poi tra essi. Tesi fondate su diverse argomentazioni giuridiche ora riconosciute prive di fondamento dal Tar.
Per i giudici della Sezione Terza (Francesco Gaudieri presidente; Francesco Cocomile estensore; Cesira Casalanguida referendario) dei ricorsi avanzati alcuni sono da dichiarare improcedibili, altri da rigettare. In particolare, tra l'altro, il Tribunale amministrativo ha dichiarato la legittimità degli atti adottati nel tempo dal Comune e dagli uffici comunali, definendo per contro infondate «tutte le censure invocanti il mancato espletamento di adempimenti di carattere procedimentale richiesti per le varianti ordinarie e che invece, nel caso di specie, sono espressamente esclusi dalla legge regionale». Esclusa altresì l'esistenza del danno paventato dai ricorrenti: «L'unica utilità loro riconosciuta – si legge in sentenza – è quella al rispetto di una terminata scansione procedimentale, che ha trovato attuazione nella deliberazione del 2010 e nei successivi atti, che suddividono la zona C3», in cui le Case Bianche ricadono, «in tre sub comparti. Le affermazioni di parte ricorrente sono quindi dirette a giustificare un'azione di risarcimento in assenza di pregiudizio». Giudicata altresì infondata la presunta partecipazione, all'adozione degli atti deliberativi del 2013 e del 2016, di consiglieri e assessori versanti in ipotetico conflitto di interessi poiché indicati quali proprietari (ovvero parenti entro il quarto grado di proprietari) di terreni o immobili ricadenti nel comparto oggetto di perimetrazione. «I ricorrenti – scrivono i giudici – non solo non hanno fornito prova documentale di detta affermazione, ma dalla trascrizione del verbale delle sedute non risultano né la presenza né interventi dei consiglieri segnalati come in conflitto interessi. In ogni caso, anche ove gli stessi fossero rimasti in aula durante il dibattito o parte di questo, e finanche ove avessero votato, ciò non avrebbe avuto alcuna conseguenza sulla legittimità della deliberazione: nella fattispecie in esame non sussisteva alcun obbligo di astensione, alla luce della normativa in vigore».
Al rigetto dei ricorsi è seguita la condanna dei ricorrenti alle spese legali. Il Comune è stato rappresentato in giudizio dall'avvocato Nino Matassa, in collaborazione con gli avvocati Lucia Lorusso e Vito Spano, del Servizio Avvocatura Comunale.
La vicenda era stata già oggetto di valutazione in sede giudiziaria: con sentenza del 2002 il Tar aveva annullato la concessione edilizia e la delibera con cui, nel 1999, il Comune aveva approvato il programma costruttivo presentato dall'impresa che avrebbe poi edificato gli alloggi. Motivi per i quali il Tribunale amministrativo, con pronuncia di ottemperanza del 2010 confermata in via definitiva dal Consiglio di Stato nel 2014, aveva ordinato al Municipio di procedere ad apposita variante al Prg per giungere alla perimetrazione del comparto urbanistico in questione. Al soddisfacimento di tale obbligo l'Ente provvedeva con delibera di consiglio adottata proprio nel 2010, seguita da altri più recenti atti deliberativi risalenti al 2013 ed al 2016, tutti impugnati dai ricorrenti, con contestuale richiesta di risarcimento del danno, quantificato in 3 milioni di euro che – a detta degli stessi – il Comune avrebbe dovuto incassare dall'impresa costruttrice per ripartirli poi tra essi. Tesi fondate su diverse argomentazioni giuridiche ora riconosciute prive di fondamento dal Tar.
Per i giudici della Sezione Terza (Francesco Gaudieri presidente; Francesco Cocomile estensore; Cesira Casalanguida referendario) dei ricorsi avanzati alcuni sono da dichiarare improcedibili, altri da rigettare. In particolare, tra l'altro, il Tribunale amministrativo ha dichiarato la legittimità degli atti adottati nel tempo dal Comune e dagli uffici comunali, definendo per contro infondate «tutte le censure invocanti il mancato espletamento di adempimenti di carattere procedimentale richiesti per le varianti ordinarie e che invece, nel caso di specie, sono espressamente esclusi dalla legge regionale». Esclusa altresì l'esistenza del danno paventato dai ricorrenti: «L'unica utilità loro riconosciuta – si legge in sentenza – è quella al rispetto di una terminata scansione procedimentale, che ha trovato attuazione nella deliberazione del 2010 e nei successivi atti, che suddividono la zona C3», in cui le Case Bianche ricadono, «in tre sub comparti. Le affermazioni di parte ricorrente sono quindi dirette a giustificare un'azione di risarcimento in assenza di pregiudizio». Giudicata altresì infondata la presunta partecipazione, all'adozione degli atti deliberativi del 2013 e del 2016, di consiglieri e assessori versanti in ipotetico conflitto di interessi poiché indicati quali proprietari (ovvero parenti entro il quarto grado di proprietari) di terreni o immobili ricadenti nel comparto oggetto di perimetrazione. «I ricorrenti – scrivono i giudici – non solo non hanno fornito prova documentale di detta affermazione, ma dalla trascrizione del verbale delle sedute non risultano né la presenza né interventi dei consiglieri segnalati come in conflitto interessi. In ogni caso, anche ove gli stessi fossero rimasti in aula durante il dibattito o parte di questo, e finanche ove avessero votato, ciò non avrebbe avuto alcuna conseguenza sulla legittimità della deliberazione: nella fattispecie in esame non sussisteva alcun obbligo di astensione, alla luce della normativa in vigore».
Al rigetto dei ricorsi è seguita la condanna dei ricorrenti alle spese legali. Il Comune è stato rappresentato in giudizio dall'avvocato Nino Matassa, in collaborazione con gli avvocati Lucia Lorusso e Vito Spano, del Servizio Avvocatura Comunale.