Chiudono i supermercati Divella
L’azienda promette di trasferirsi in altre città. Divella: "Siamo vittime di attacchi politici"
martedì 10 aprile 2012
12.16
Pausa pasquale prolungata per i supermercati del gruppo Divella. Questa mattina tutti i punti vendita alimentari del gruppo Dcs sono rimasti con le saracinesche abbassate. Le motivazioni di tale gesto sono state riassunte in un cartello esposto in tutti i punti vendita : "Non siamo noi quelli delle 100 tonnellate e degli abusi edilizi ma chiudiamo perché indignati". In pratica l'ultimo gesto di una protesta che la famiglia Divella ha avviato contro l'amministrazione comunale, l'ufficio tecnico e non solo. Le motivazioni di tale comportamento sono meglio esplicitate nella nota allegata: "Da un anno esatto, giorno dell'apertura al pubblico del Divella Store, la nostra azienda è vittima di una vera e propria persecuzione" cominciata con un volantino anonimo e protratta ad arte attraverso ripetute denunce, esposti e controlli da parte dell'autorità giudiziaria e di "una persona avvezza a tali pratiche e che non si fa specie neanche di scrivere ai Ministeri".
"Una delle accuse che ci viene mossa - continua la nota - è quella di illegittimo ampliamento della superficie di vendita del supermercato di 250 mq, già esistente in quell'area, mancando a Gravina il piano commerciale che regolamenti l'apertura delle medie e grandi strutture". Secondo i Divella a muovere la mano dei loro detrattori sarebbe un misto di invidia e cattiveria espresse con una "serie di accuse accessorie quali presunti abusi edilizi, violazione di vincoli ambientali e mancanza di agibilità dello stabile" sino ad arrivare alla strumentalizzazione dell'allora sindaco Divella, parente di primo ordine della proprietà, additato "come colui che permetteva l'abuso per consentire illeciti affari di famiglia". In realtà, sempre secondo gli estensori della nota, l'ampliamento del supermercato di via Dolcecanto è regolamentato da una norma regionale che contempla la possibilità, "in mancanza di un piano commerciale di ampliare fino ad un massimo di 1500 mq i punti vendita già esistenti mediante accorpamento di più esercizi esistenti sul mercato da almeno tre anni".
Insomma nulla di irregolare soprattutto se si considera che i lavori di ristrutturazione, secondo quanto dichiarato in diverse occasioni dagli stessi Divella, "proseguivano tra controlli quasi quotidiani e in un'atmosfera semi inquisitoria da parte dell'autorità giudiziaria, del personale dell'ufficio tecnico e della polizia municipale" che però non avrebbero mai riscontrato nulla di irregolare. "Almeno sino a quando la giunta Divella non è caduta. Esattamente il giorno dopo un'ennesima ispezione sanciva il contrario di quanto asserito in precedenza e cioè che con il dopo-Divella, erano spuntati dal nulla dei non meglio precisati abusi edilizi".
Il promemoria dato in pasto alla città e sottoscritto dall'intera proprietà del gruppo, dopo aver rispedito al mittente le accuse mosse contro l'azienda Divella prosegue con una serie di "rimproveri" rivolti in primis all'ufficio tecnico definito "congelato" per la mancanza del dirigente e quindi incapace di esprimere un parere definitivo sui lavori: "Siamo stati vittima dell'immobilismo, più o meno volontario, di un ufficio che avrebbe dovuto conoscere a menadito, non solo la norma ma anche le sue modalità di applicazione e che non ha voluto esprimersi nemmeno per quanto concerneva la sola parte necessaria alla pratica Suap". Un ufficio che nonostante la conclusione dei lavori, la consegna definitiva di tutta la documentazione e l'archiviazione delle indagini da parte della Procura continua a tenere ferma la pratica.
"Tutto questo - lamentano ancora i Divella - mentre un punto vendita progettato e realizzato in uno stabile che sta li dal 1983…era costretto ad essere menomato di una parte di se e a ridurre la propria superficie di vendita, per ottemperare ai dettami di un'ordinanza che prima ancora di essere notificata è finita sui giornali e tg creando incalcolabili danni d'immagine commerciale".
"Non è difficile comprendere come l'intera vicenda sia stata strumentalizzata sin dall'inizio per perseguire fini che ancora oggi ignoriamo ma che sono lo specchio di un attacco politico che annovera tra i destinatari 70 dipendenti molti con famiglie a carico e mutui da pagare". Gli stessi dipendenti che domani saliranno a palazzo di città per incontrare il commissario Trotta per far sentire le proprie ragioni e più probabilmente per chiarire che loro, semplici dipendenti, non sono e non possono essere il pegno politico di nessuno soprattutto se, stando a quanto riferito dai Divella, da circa 20 giorni l'intera famiglia è nuovamente sotto attacco con messaggi, velate minacce e nuove spedizioni della polizia municipale.
Dunque la decisione finale dopo una dichiarata stanchezza: "Abbiamo deciso con sommo rammarico di chiudere tutti i punti vendita nella città di Gravina e spostare le nostre attività in altre città. Lo facciamo con le lacrime agli occhi e ringraziando chi come il Commissario prefettizio Ciro Trotta, ha tentato di insegnare a questa città come nella legalità, il rispetto del prossimo e della sua dignità rappresentino valori inalienabili ed indisponibili".
Se quelle sopra esposte siano avvertimenti, promesse o un modo per ripagare il prossimo della stessa moneta, lo scopriremo nelle prossime ore.
"Una delle accuse che ci viene mossa - continua la nota - è quella di illegittimo ampliamento della superficie di vendita del supermercato di 250 mq, già esistente in quell'area, mancando a Gravina il piano commerciale che regolamenti l'apertura delle medie e grandi strutture". Secondo i Divella a muovere la mano dei loro detrattori sarebbe un misto di invidia e cattiveria espresse con una "serie di accuse accessorie quali presunti abusi edilizi, violazione di vincoli ambientali e mancanza di agibilità dello stabile" sino ad arrivare alla strumentalizzazione dell'allora sindaco Divella, parente di primo ordine della proprietà, additato "come colui che permetteva l'abuso per consentire illeciti affari di famiglia". In realtà, sempre secondo gli estensori della nota, l'ampliamento del supermercato di via Dolcecanto è regolamentato da una norma regionale che contempla la possibilità, "in mancanza di un piano commerciale di ampliare fino ad un massimo di 1500 mq i punti vendita già esistenti mediante accorpamento di più esercizi esistenti sul mercato da almeno tre anni".
Insomma nulla di irregolare soprattutto se si considera che i lavori di ristrutturazione, secondo quanto dichiarato in diverse occasioni dagli stessi Divella, "proseguivano tra controlli quasi quotidiani e in un'atmosfera semi inquisitoria da parte dell'autorità giudiziaria, del personale dell'ufficio tecnico e della polizia municipale" che però non avrebbero mai riscontrato nulla di irregolare. "Almeno sino a quando la giunta Divella non è caduta. Esattamente il giorno dopo un'ennesima ispezione sanciva il contrario di quanto asserito in precedenza e cioè che con il dopo-Divella, erano spuntati dal nulla dei non meglio precisati abusi edilizi".
Il promemoria dato in pasto alla città e sottoscritto dall'intera proprietà del gruppo, dopo aver rispedito al mittente le accuse mosse contro l'azienda Divella prosegue con una serie di "rimproveri" rivolti in primis all'ufficio tecnico definito "congelato" per la mancanza del dirigente e quindi incapace di esprimere un parere definitivo sui lavori: "Siamo stati vittima dell'immobilismo, più o meno volontario, di un ufficio che avrebbe dovuto conoscere a menadito, non solo la norma ma anche le sue modalità di applicazione e che non ha voluto esprimersi nemmeno per quanto concerneva la sola parte necessaria alla pratica Suap". Un ufficio che nonostante la conclusione dei lavori, la consegna definitiva di tutta la documentazione e l'archiviazione delle indagini da parte della Procura continua a tenere ferma la pratica.
"Tutto questo - lamentano ancora i Divella - mentre un punto vendita progettato e realizzato in uno stabile che sta li dal 1983…era costretto ad essere menomato di una parte di se e a ridurre la propria superficie di vendita, per ottemperare ai dettami di un'ordinanza che prima ancora di essere notificata è finita sui giornali e tg creando incalcolabili danni d'immagine commerciale".
"Non è difficile comprendere come l'intera vicenda sia stata strumentalizzata sin dall'inizio per perseguire fini che ancora oggi ignoriamo ma che sono lo specchio di un attacco politico che annovera tra i destinatari 70 dipendenti molti con famiglie a carico e mutui da pagare". Gli stessi dipendenti che domani saliranno a palazzo di città per incontrare il commissario Trotta per far sentire le proprie ragioni e più probabilmente per chiarire che loro, semplici dipendenti, non sono e non possono essere il pegno politico di nessuno soprattutto se, stando a quanto riferito dai Divella, da circa 20 giorni l'intera famiglia è nuovamente sotto attacco con messaggi, velate minacce e nuove spedizioni della polizia municipale.
Dunque la decisione finale dopo una dichiarata stanchezza: "Abbiamo deciso con sommo rammarico di chiudere tutti i punti vendita nella città di Gravina e spostare le nostre attività in altre città. Lo facciamo con le lacrime agli occhi e ringraziando chi come il Commissario prefettizio Ciro Trotta, ha tentato di insegnare a questa città come nella legalità, il rispetto del prossimo e della sua dignità rappresentino valori inalienabili ed indisponibili".
Se quelle sopra esposte siano avvertimenti, promesse o un modo per ripagare il prossimo della stessa moneta, lo scopriremo nelle prossime ore.