Ciccio e Tore: la Procura chiede l’archiviazione

Ma la madre e la sorella dei due fratellini si oppongono. Il Gip si riserva la decisione

venerdì 18 maggio 2012 08.00
A cura di Gianpaolo Iacobini
Il caso di Ciccio e Tore va archiviato.

Lo ha chiesto in sede di udienza davanti al Giudice per le indagini preliminari la Procura dei minori, che pure nei mesi scorsi aveva riaperto le indagini. Una richiesta rispetto alla quale s'è però registrata l'opposizione della madre e della sorella dei due fanciulli, che con gli avvocati Gianluca Mongelli e Armando Amendolito hanno insistito per ulteriori approfondimenti investigativi. Il Gip si è riservato ogni decisione.

Al centro della scena, e dell'inchiesta, l'orrenda fine di Salvatore e Francesco Pappalardi, i due fratelli di 11 e 13 anni morti il 5 giugno del 2006, dopo essere caduti nel pozzo di un palazzo abbandonato che li custodì nel suo ventre per venti mesi, fino al 25 febbraio del 2008, quando le operazioni di soccorso attivate per riportare in superficie un altro ragazzino scivolato nella stessa cisterna portarono al loro ritrovamento dei corpi. Nel frattempo cercati dappertutto con la convinzione che a farli sparire per sempre fosse stato il padre, Filippo, per quasi due anni erroneamente ritenuto l'esecutore materiale di un delitto, ipotizzarono a lungo gli inquirenti, maturato tra le mura domestiche.

Invece così non era. Tutto falso. E falsa sarebbe pure la circostanza secondo la quale Ciccio e Tore, quel giorno di giugno del 2006, fossero soli nella casa delle cento stanze, un maestoso edificio diruto e disabitato, nel cuore di Gravina. Di questo, almeno, si dicono sicure la madre dei due fratellini, Rosa Carlucci, e sua figlia Filomena, che col loro esposto erano riuscite a convincere la Procura ordinaria e quella dei minorenni, che avevano decretato così la riapertura delle indagini.

In particolare, secondo la donna, i suoi figli caddero nella cisterna mentre partecipavano, assieme ad altri cinque adolescenti di qualche anno più grandi, ad un gioco, ad una sorta di prova di coraggio. Il quintetto, per Rosa Carlucci, avrebbe assistito alla caduta di Ciccio e Tore, ma anzichè correre a dare l'allarme, avrebbe preferito la fuga, tacendo sull'accaduto ed impedendo, col proprio silenzio, che i soccorritori potessero intervenire tempestivamente e, forse, salvare Ciccio e Tore. I due, infatti, non morirono subito: i loro cadaveri vennero ritrovati lontani dall'imboccatura del pozzo, in posizione fetale, distanti l'uno dall'altro circa sei metri. Ed uno dei due non aveva ai piedi le scarpe, deposte ordinatamente poco più in là, presumibilmente a seguito del vano tentativo di risalire la parete umida.

Insomma, quanto basta per indurre a credere ad una morte giunta lentamente, tra disperate grida d'aiuto rimaste senza ascolto. Le indagini espletate negli ultimi mesi, tuttavia, secondo la Procura non avrebbero consentito di individuare nuove fonti di prova utili a comprovare l'esistenza di eventuali responsabilità penali in capo al quintetto. Di diverso avviso Rosa Carlucci e la figlia, pronte a ribadire la necessità di ulteriori accertamenti all'interno della casa delle centostanze.

Al Gip, adesso, l'ultima parola.