Crisi imbottito: tutta colpa degli imprenditori
Parla Salvatore Buonamassa. La testimonianza di un produttore che ancora ci crede.
martedì 25 settembre 2012
15.40
"La crisi del mobile imbottito? Tutta colpa degli imprenditori".
Parola di Salvatore Buonamassa. Non fa sconti il leader di "Formdesign s.r.l." una delle poche aziende produttrici di mobile imbottito rimaste in questo territorio. "La crisi del mobile imbottito non è colpa delle istituzioni né tanto meno del mercato. È semplicemente colpa nostra". Buonamassa punta il dito dritto verso i suoi colleghi: "Il problema di questo territorio sono gli imprenditori o per meglio dire coloro che si sono improvvisati tali".
Secondo il produttore del marchio "Cubo Rosso", uno dei pochi a poter vantare la certificazione made in Italy, nel territorio murgiano è mancato il vero spirito imprenditoriale fatto di investimenti e reinvestimenti, basato sulla tutela del proprio lavoro e delle proprie maestranze: " La maggior parte dei miei colleghi ha solo saputo investire in macchine di lusso e case da favola, riducendo le aziende a dei catorci arrugginiti". E ora che la crisi si è concretizzata in tutta la sua gravità ovviamente mancano le risorse per risollevare il settore ora che a stento gli imprenditori riescono a pagare gli operai.
E allora cosa fare? Aspettare i fondi promessi dal governo e dalle Regioni con l'accordo di programma? "No signori, questi soldi serviranno forse solo a ripianare i debiti". L'unica strada percorribile è la riconversione dell'intero settore? Ma non ci sono fondi nemmeno per questo e soprattutto "tutti i settori sono in crisi. Che senso ha riconvertire il nostro che ancora oggi può vantare maestranze che fanno gola a tutta il mondo?" Buonamassa ha le idee chiare: "Il governo non deve elargire fondi alle aziende ma deve prestare servizi e soprattutto creare opportunità di sviluppo e di promozione del nostro lavoro, aiutandoci a tutelare il nostro vero made in Italy, la nostra unica ancora di salvezza".
Dunque basta con le aziende che producono all'estero e poi vendono i prodotti come italiani sfruttando mano d'opera cinese, albanese o bulgara. Basta con le grandi imprese che fanno il buono e il brutto tempo dettando prezzi da fame. "E' ora di organizzare la squadra, una vera squadra. Noi imprenditori dobbiamo imparare a fare rete e a portare dinanzi alle istituzioni un progetto serio e soprattutto frutto della condivisione. Basta con i personalismi e con i propri interessi".
Se la ricetta è questa, quando potremo sedere a tavola?
Parola di Salvatore Buonamassa. Non fa sconti il leader di "Formdesign s.r.l." una delle poche aziende produttrici di mobile imbottito rimaste in questo territorio. "La crisi del mobile imbottito non è colpa delle istituzioni né tanto meno del mercato. È semplicemente colpa nostra". Buonamassa punta il dito dritto verso i suoi colleghi: "Il problema di questo territorio sono gli imprenditori o per meglio dire coloro che si sono improvvisati tali".
Secondo il produttore del marchio "Cubo Rosso", uno dei pochi a poter vantare la certificazione made in Italy, nel territorio murgiano è mancato il vero spirito imprenditoriale fatto di investimenti e reinvestimenti, basato sulla tutela del proprio lavoro e delle proprie maestranze: " La maggior parte dei miei colleghi ha solo saputo investire in macchine di lusso e case da favola, riducendo le aziende a dei catorci arrugginiti". E ora che la crisi si è concretizzata in tutta la sua gravità ovviamente mancano le risorse per risollevare il settore ora che a stento gli imprenditori riescono a pagare gli operai.
E allora cosa fare? Aspettare i fondi promessi dal governo e dalle Regioni con l'accordo di programma? "No signori, questi soldi serviranno forse solo a ripianare i debiti". L'unica strada percorribile è la riconversione dell'intero settore? Ma non ci sono fondi nemmeno per questo e soprattutto "tutti i settori sono in crisi. Che senso ha riconvertire il nostro che ancora oggi può vantare maestranze che fanno gola a tutta il mondo?" Buonamassa ha le idee chiare: "Il governo non deve elargire fondi alle aziende ma deve prestare servizi e soprattutto creare opportunità di sviluppo e di promozione del nostro lavoro, aiutandoci a tutelare il nostro vero made in Italy, la nostra unica ancora di salvezza".
Dunque basta con le aziende che producono all'estero e poi vendono i prodotti come italiani sfruttando mano d'opera cinese, albanese o bulgara. Basta con le grandi imprese che fanno il buono e il brutto tempo dettando prezzi da fame. "E' ora di organizzare la squadra, una vera squadra. Noi imprenditori dobbiamo imparare a fare rete e a portare dinanzi alle istituzioni un progetto serio e soprattutto frutto della condivisione. Basta con i personalismi e con i propri interessi".
Se la ricetta è questa, quando potremo sedere a tavola?