Crisi in Comune: Vendola chiede le dimissioni del sindaco
"Passo doveroso e necessario prima di ogni discorso". E sulla maggioranza: "E' implosa per il mercimonio messo in atto".
venerdì 8 febbraio 2013
11.45
Alla fine, si sono ritrovati di fronte. E chissà se avessero mai anche solo immaginato di trovarsi a vivere, prima o poi, una scena simile: da una parte, Alesio Valente il giovane, che in nome del rinnovamento non aveva esitato a liquidarlo ed a sospingerlo fuori dal partito, battendolo poi alle elezioni. Dall'altra proprio lui, Rino Vendola (nella foto), lo sconfitto nelle urne. Era soltanto maggio, ma sembrava già un'altra epoca, un altro secolo, forse pure un'altra vita, quando giovedì sera il sindaco è andato a bussare alla porta dell'ex sindaco, per chiedergli una mano ad uscire dalle secche in cui la sua navicella amministrativa era stata appena cacciata dall'ammutinamento dei marinai presi a bordo pur di navigare più speditamente del veliero di capitan Vendola.
Pareva impossibile. Invece è accaduto. E pochi minuti dopo il naufragio in consiglio, Valente era seduto di fronte a Vendola. Attorno a loro, i due consiglieri comunali del Pd Sante Giordano e Mimmo Cardascia e gli uomini dell'opposizione. Di cosa hanno parlamentato, le delegazioni un tempo di guerra, oggi in cerca di pace? "Si sono appellati al nostro senso di responsabilità, invocando aiuto", chiosa tagliente, il giorno dopo, Rino Vendola. E cosa hanno ottenuto in risposta? "Un invito: prima di ogni discorso o considerazione di altro tipo, occorre un atto chiarificatore: le dimissioni". Arriveranno? "Mi sembra che abbiano capito, ma sta a loro decidere. Noi aspettiamo. Sereni e consapevoli che quel gesto è il minimo che si possa e si debba fare, e ci si debba attendere, sotto il profilo della correttezza, politica ed istituzionale".
Indicato lo spartiacque di ogni scelta, presente e futura, Rino Vendola si lascia andare ad una riflessione più articolata, intinta di amarezza. "La città ha sbagliato a votare, e credo che ormai l'abbia capito, ma noi non tifiamo per il partito del commissariamento. Piuttosto, per il sindaco è arrivato il momento della verità", punge il capo dell'opposizione: "Per quattro mesi ha mentito ai gravinesi, negando la crisi e raccattando consiglieri anche tra le nostre fila per mere ragioni numeriche ma così compiendo un atto di slealtà ed assumendo su di sè una grande e grave responsabilità politica: ha favorito il mercimonio, macchiandosi di un peccato gravissimo anche nei confronti della comunità". Ma non basta: "Adesso parlano di dialogo, ma sono stati loro gli artefici di una situazione in cui c'è un Pd formale che governa ed un Pd sostanziale che invece fa opposizione. Si sono chiusi a riccio e vanno avanti ignorando ogni regola, anche sul piano istituzionale: conferiscono l'encomio a Dacia Maraini e non tengono la cerimonia in consiglio? A prescindere dal merito dell'iniziativa, sulla quale pure ci sarebbe qualcosa da dire, è l'ennesimo segno di una mancanza di rispetto nei riguardi del consiglio comunale e, per ciò che il consiglio rappresenta, della città intera". Eppure, il dialogo potrebbe ripartire. Dalle dimissioni, per poi seguire il corso della politica. "Perchè è chiaro - pianta i paletti Vendola - che a questo punto, eventualmente, se ci sarà da discutere, noi avremmo da discutere con i partiti del centrosinistra. E non solo a Gravina, ma anche a livello regionale".
Si resta a scrutare l'orizzonte, insomma, in attesa di capire se il cielo sopra i mari di Gravina possa ancora volgere al bello o sparire risucchiato tra tempeste ancora più spaventose di quelle che già si sono portate via, in sei mesi appena, e comunque vadano a finire le cose, il carico di speranze che i due bastimenti avevano ricevuto in consegna dai gravinesi sul molo elettorale con un mandato precisa: chi vince governa, chi perde controlla i governanti. Per completare il racconto, servirebbero i pensieri e le parole dell'altro capitano, Alesio Valente. Impossibile però averne: dal ponte di comando nessuno risponde. Ed il sindaco affida la sua voce solo a facebook: "Non ho più la mia maggioranza politica in consiglio. Quattro consiglieri hanno abbandonato l'aula ed è venuto meno il numero legale. A questo punto ho ritenuto importante fare un appello a tutti i consiglieri comunali presenti affinché, consapevoli della responsabilità che gli è stata affidata dai cittadini, operino solo per risollevarne le sorti in questo periodo drammatico. Tentando persino di superare le fratture che hanno diviso le due anime del centrosinistra. Non chiedo una fiducia nella mia persona ma un atto d'amore verso una città che non deve essere ostaggio di nessuno. Ed il mio non è stato un atto di debolezza, ma un atto di coraggio per evitare il baratro, per evitare il tirare a campare: è più facile fuggire ma io voglio bene ad una città che soffre e che vuole essere governata".
Quasi un messaggio in bottiglia, affidato alle onde ed alle correnti dell'opinione pubblica. Ma i porti della politica sono altra cosa, ed oggi appaiono lontani, maledettamente lontani.
Pareva impossibile. Invece è accaduto. E pochi minuti dopo il naufragio in consiglio, Valente era seduto di fronte a Vendola. Attorno a loro, i due consiglieri comunali del Pd Sante Giordano e Mimmo Cardascia e gli uomini dell'opposizione. Di cosa hanno parlamentato, le delegazioni un tempo di guerra, oggi in cerca di pace? "Si sono appellati al nostro senso di responsabilità, invocando aiuto", chiosa tagliente, il giorno dopo, Rino Vendola. E cosa hanno ottenuto in risposta? "Un invito: prima di ogni discorso o considerazione di altro tipo, occorre un atto chiarificatore: le dimissioni". Arriveranno? "Mi sembra che abbiano capito, ma sta a loro decidere. Noi aspettiamo. Sereni e consapevoli che quel gesto è il minimo che si possa e si debba fare, e ci si debba attendere, sotto il profilo della correttezza, politica ed istituzionale".
Indicato lo spartiacque di ogni scelta, presente e futura, Rino Vendola si lascia andare ad una riflessione più articolata, intinta di amarezza. "La città ha sbagliato a votare, e credo che ormai l'abbia capito, ma noi non tifiamo per il partito del commissariamento. Piuttosto, per il sindaco è arrivato il momento della verità", punge il capo dell'opposizione: "Per quattro mesi ha mentito ai gravinesi, negando la crisi e raccattando consiglieri anche tra le nostre fila per mere ragioni numeriche ma così compiendo un atto di slealtà ed assumendo su di sè una grande e grave responsabilità politica: ha favorito il mercimonio, macchiandosi di un peccato gravissimo anche nei confronti della comunità". Ma non basta: "Adesso parlano di dialogo, ma sono stati loro gli artefici di una situazione in cui c'è un Pd formale che governa ed un Pd sostanziale che invece fa opposizione. Si sono chiusi a riccio e vanno avanti ignorando ogni regola, anche sul piano istituzionale: conferiscono l'encomio a Dacia Maraini e non tengono la cerimonia in consiglio? A prescindere dal merito dell'iniziativa, sulla quale pure ci sarebbe qualcosa da dire, è l'ennesimo segno di una mancanza di rispetto nei riguardi del consiglio comunale e, per ciò che il consiglio rappresenta, della città intera". Eppure, il dialogo potrebbe ripartire. Dalle dimissioni, per poi seguire il corso della politica. "Perchè è chiaro - pianta i paletti Vendola - che a questo punto, eventualmente, se ci sarà da discutere, noi avremmo da discutere con i partiti del centrosinistra. E non solo a Gravina, ma anche a livello regionale".
Si resta a scrutare l'orizzonte, insomma, in attesa di capire se il cielo sopra i mari di Gravina possa ancora volgere al bello o sparire risucchiato tra tempeste ancora più spaventose di quelle che già si sono portate via, in sei mesi appena, e comunque vadano a finire le cose, il carico di speranze che i due bastimenti avevano ricevuto in consegna dai gravinesi sul molo elettorale con un mandato precisa: chi vince governa, chi perde controlla i governanti. Per completare il racconto, servirebbero i pensieri e le parole dell'altro capitano, Alesio Valente. Impossibile però averne: dal ponte di comando nessuno risponde. Ed il sindaco affida la sua voce solo a facebook: "Non ho più la mia maggioranza politica in consiglio. Quattro consiglieri hanno abbandonato l'aula ed è venuto meno il numero legale. A questo punto ho ritenuto importante fare un appello a tutti i consiglieri comunali presenti affinché, consapevoli della responsabilità che gli è stata affidata dai cittadini, operino solo per risollevarne le sorti in questo periodo drammatico. Tentando persino di superare le fratture che hanno diviso le due anime del centrosinistra. Non chiedo una fiducia nella mia persona ma un atto d'amore verso una città che non deve essere ostaggio di nessuno. Ed il mio non è stato un atto di debolezza, ma un atto di coraggio per evitare il baratro, per evitare il tirare a campare: è più facile fuggire ma io voglio bene ad una città che soffre e che vuole essere governata".
Quasi un messaggio in bottiglia, affidato alle onde ed alle correnti dell'opinione pubblica. Ma i porti della politica sono altra cosa, ed oggi appaiono lontani, maledettamente lontani.