Gettoni di presenza: parola alla politica
Prudenza in maggioranza. Vicino (Pdl): "Troppi abusi". E Vendola: "E' un verminaio. Pronto a lasciare"
martedì 30 aprile 2013
08.50
L'inchiesta sulle commissioni consiliari, dopo aver squassato il week end della politica gravinese, provoca le prime reazioni, all'insegno della polemica, ma anche – data la trasversalità degli indagati – della riflessione autocritica.
Nella maggioranza le risposte sono all'insegna della prudenza: i telefoni squillano per lo più a vuoto, qualche assessore si nega, l'unico esponente istituzionale a rilasciare scarne dichiarazioni è il vicesindaco Gino Lorusso, esponente dell'Udc: "Sono stato fuori città nei giorni scorsi – dice - e non ho avuto modo di leggere le carte, le uniche notizie le ho apprese da Gravinalife. Non me la sento di dire di più. Per ora esprimo solidarietà all'assessore Varvara". "Sono un avvocato e quindi per deontologia professionale aspetto di conoscere gli atti, per il resto confido nel lavoro della magistratura", dichiara invece il consigliere democratico Mimmo Cardascia, finito nell'elenco dei tanti che, pur senza essere indagati (e dunque, lo si ribadisce, completamente estranei all'inchiesta penale), sono indicati negli atti dalla Procura di Bari come percettori di gettoni di presenza secondo gli inquirenti non dovuti. "Non mi risulta nulla di tutto ciò", precisa però al riguardo il vicecapogruppo consiliare del Pd.
Sul fronte delle opposizioni c'è più disponibilità a parlare, come fa Rino Vendola: "Ci riuniremo come gruppo per prendere una posizione ufficiale, ma per il momento mi sento di dire che la battaglia per la legalità è persa. La politica gravinese è un verminaio, c'è un andazzo che ormai mi induce al pessimismo, sto pensando anche di dimettermi, non prima di aver inviato un dossier alla Procura". Un'affermazione clamorosa che suona come una presa di distanza e insieme un'ammissione di sconfitta: "Una delle prime cose che chiesi quando ero sindaco fu l'abolizione delle commissioni, che ho sempre considerato inconcludenti, ma mi dissero che non era possibile. A questi affarismi da quattro soldi si aggiunge anche il risveglio della criminalità: Gravina mi sembra sempre più Secondigliano".
Seppur fuori dal consiglio comunale, c'è chi, come il pidiellino Leo Vicino (non indagato, ma lui pure, per una somma da meno di 100 euro, indicato tra i percettori di gettoni non spettanti) sente di rivendicare una diversità: "Sono stato sia presidente che segretario sotto le amministrazioni Vendola e Divella, e non sono stato sfiorato da accuse perché a suo tempo optai per l'indennità fissa. Al di là dei risvolti penalmente rilevanti, emergono aspetti politicamente ed eticamente deplorevoli. La classe politica ha fatto un uso indiscriminato delle commissioni, con una evidente sproporzione tra il numero di esse ed il lavoro effettivamente realizzato per il bene della comunità".
Il dibattito, appena agli inizi, sembra destinato a proseguire.
Nella maggioranza le risposte sono all'insegna della prudenza: i telefoni squillano per lo più a vuoto, qualche assessore si nega, l'unico esponente istituzionale a rilasciare scarne dichiarazioni è il vicesindaco Gino Lorusso, esponente dell'Udc: "Sono stato fuori città nei giorni scorsi – dice - e non ho avuto modo di leggere le carte, le uniche notizie le ho apprese da Gravinalife. Non me la sento di dire di più. Per ora esprimo solidarietà all'assessore Varvara". "Sono un avvocato e quindi per deontologia professionale aspetto di conoscere gli atti, per il resto confido nel lavoro della magistratura", dichiara invece il consigliere democratico Mimmo Cardascia, finito nell'elenco dei tanti che, pur senza essere indagati (e dunque, lo si ribadisce, completamente estranei all'inchiesta penale), sono indicati negli atti dalla Procura di Bari come percettori di gettoni di presenza secondo gli inquirenti non dovuti. "Non mi risulta nulla di tutto ciò", precisa però al riguardo il vicecapogruppo consiliare del Pd.
Sul fronte delle opposizioni c'è più disponibilità a parlare, come fa Rino Vendola: "Ci riuniremo come gruppo per prendere una posizione ufficiale, ma per il momento mi sento di dire che la battaglia per la legalità è persa. La politica gravinese è un verminaio, c'è un andazzo che ormai mi induce al pessimismo, sto pensando anche di dimettermi, non prima di aver inviato un dossier alla Procura". Un'affermazione clamorosa che suona come una presa di distanza e insieme un'ammissione di sconfitta: "Una delle prime cose che chiesi quando ero sindaco fu l'abolizione delle commissioni, che ho sempre considerato inconcludenti, ma mi dissero che non era possibile. A questi affarismi da quattro soldi si aggiunge anche il risveglio della criminalità: Gravina mi sembra sempre più Secondigliano".
Seppur fuori dal consiglio comunale, c'è chi, come il pidiellino Leo Vicino (non indagato, ma lui pure, per una somma da meno di 100 euro, indicato tra i percettori di gettoni non spettanti) sente di rivendicare una diversità: "Sono stato sia presidente che segretario sotto le amministrazioni Vendola e Divella, e non sono stato sfiorato da accuse perché a suo tempo optai per l'indennità fissa. Al di là dei risvolti penalmente rilevanti, emergono aspetti politicamente ed eticamente deplorevoli. La classe politica ha fatto un uso indiscriminato delle commissioni, con una evidente sproporzione tra il numero di esse ed il lavoro effettivamente realizzato per il bene della comunità".
Il dibattito, appena agli inizi, sembra destinato a proseguire.