Gettoni di presenza: Valente sposa il garantismo
E sposta il tiro: "La questione è minima rispetto ai problemi della città". Silenzio sulle dimissioni dell'assessore Varvara.
venerdì 3 maggio 2013
13.55
"Sono garantista per natura. C'è solo un'indagine in corso, non c'è neppure un rinvio a giudizio, e per questo non vedo la necessità di puntare il dito contro gli indagati".
La voce scollina la calma di sempre. È sereno Alesio Valente. Il torbido thriller sui gettoni di presenza, secondo la Procura di Bari (che le indagini in realtà le ha già chiuse) percepiti illecitamente tra il 2009 ed il 2012 da un funzionario comunale e da 18 ex consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora oggi in carica, non riesce a scalfire il monolite delle convinzioni del primo cittadino. "Non credo che tutti gli indagati - dice - abbiano delle responsabilità. Non posso essere neppure certo che tutti siano stati ligi al dovere. Ma non possiamo, in ogni caso, sostituirci ai giudici. Nessuno può farlo", continua il primo cittadino, slegando il groviglio delle ipotesi sull'ultimo terremoto giudiziario con epicentro via Vittorio Veneto.
Il tono è netto anche sulla sua posizione personale. Perché sulla buccia di banana delle Commissioni consiliari sarebbe scivolato anche il sindaco, che stando agli atti dell'inchiesta risulterebbe, seppur non indagato, tra coloro (e sarebbero tanti) che avrebbero tratto ingiusto profitto ai danni delle casse comunali: "Le commissioni di cui facevo parte io si sono svolte regolarmente. Quindi la questione non mi tocca. Non ho percepito nessun profitto ingiusto. I verbali che non sono stati trovati a suo tempo sono stati regolarmente redatti. Lo posso assicurare. Per cui io ho preso i gettoni di presenza quando partecipavo, solo quando mi spettavano", aggiunge il sindaco. E in che modo alcuni verbali sarebbero poi diventati uccel di bosco, Valente non lo immagina. Ma rincara: "Non si può fare di tutta un erba un fascio. Non si può per questo episodio screditare l'intera classe politica. Perché la politica non è fatta di persone tutte uguali. Mi fa rabbia la strumentalizzazione sulla vicenda. Anche perché per il momento la questione è minima rispetto ai problemi della città", punge Valente.
È sull'assessore Sergio Varvara che il silenzio per il sindaco diventa però una riserva assoluta. Sul delegato al turismo, accusato oltre che di falso anche di truffa, Valente preferisce chiudersi nel fortino, senza neppure accennare all'ipotesi dimissioni. "Ho una mia posizione, sicuramente, ma prima di renderla pubblica attendo di confrontarmi con la maggioranza. E stasera avrò una riunione proprio con i partiti". Argomentando la risposta, Valente aggiunge una coda sibillina, ma non troppo. Quasi a voler difendere la postazione dell'assessore. Quasi a sottolineare che per il momento sarebbe inappropriato definire il caso una questione morale. "Intanto, ripeto, ci sono solo delle indagini in corso. Se alla fine della vicenda giudiziaria qualcuno risulterà responsabile, sarà allora che dovrà lasciare il Comune. Al momento non ci sono le condizioni per espellere nessuno", si congeda il sindaco. Basterà a placare la richiesta di dimissioni e trasparenza che sale dall'opinione pubblica?
La voce scollina la calma di sempre. È sereno Alesio Valente. Il torbido thriller sui gettoni di presenza, secondo la Procura di Bari (che le indagini in realtà le ha già chiuse) percepiti illecitamente tra il 2009 ed il 2012 da un funzionario comunale e da 18 ex consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora oggi in carica, non riesce a scalfire il monolite delle convinzioni del primo cittadino. "Non credo che tutti gli indagati - dice - abbiano delle responsabilità. Non posso essere neppure certo che tutti siano stati ligi al dovere. Ma non possiamo, in ogni caso, sostituirci ai giudici. Nessuno può farlo", continua il primo cittadino, slegando il groviglio delle ipotesi sull'ultimo terremoto giudiziario con epicentro via Vittorio Veneto.
Il tono è netto anche sulla sua posizione personale. Perché sulla buccia di banana delle Commissioni consiliari sarebbe scivolato anche il sindaco, che stando agli atti dell'inchiesta risulterebbe, seppur non indagato, tra coloro (e sarebbero tanti) che avrebbero tratto ingiusto profitto ai danni delle casse comunali: "Le commissioni di cui facevo parte io si sono svolte regolarmente. Quindi la questione non mi tocca. Non ho percepito nessun profitto ingiusto. I verbali che non sono stati trovati a suo tempo sono stati regolarmente redatti. Lo posso assicurare. Per cui io ho preso i gettoni di presenza quando partecipavo, solo quando mi spettavano", aggiunge il sindaco. E in che modo alcuni verbali sarebbero poi diventati uccel di bosco, Valente non lo immagina. Ma rincara: "Non si può fare di tutta un erba un fascio. Non si può per questo episodio screditare l'intera classe politica. Perché la politica non è fatta di persone tutte uguali. Mi fa rabbia la strumentalizzazione sulla vicenda. Anche perché per il momento la questione è minima rispetto ai problemi della città", punge Valente.
È sull'assessore Sergio Varvara che il silenzio per il sindaco diventa però una riserva assoluta. Sul delegato al turismo, accusato oltre che di falso anche di truffa, Valente preferisce chiudersi nel fortino, senza neppure accennare all'ipotesi dimissioni. "Ho una mia posizione, sicuramente, ma prima di renderla pubblica attendo di confrontarmi con la maggioranza. E stasera avrò una riunione proprio con i partiti". Argomentando la risposta, Valente aggiunge una coda sibillina, ma non troppo. Quasi a voler difendere la postazione dell'assessore. Quasi a sottolineare che per il momento sarebbe inappropriato definire il caso una questione morale. "Intanto, ripeto, ci sono solo delle indagini in corso. Se alla fine della vicenda giudiziaria qualcuno risulterà responsabile, sarà allora che dovrà lasciare il Comune. Al momento non ci sono le condizioni per espellere nessuno", si congeda il sindaco. Basterà a placare la richiesta di dimissioni e trasparenza che sale dall'opinione pubblica?