Gioco d’azzardo: anche a Gravina il pericolo viaggia sul web

Sempre più minori preda del vizio online. E i genitori li coprono. L'opinione della psicologa Melillo.

lunedì 17 giugno 2013 09.00
A cura di Marina Dimattia
Nuovo capitolo su dipendenze e gioco d'azzardo. Per sparigliare le carte su convinzioni e luoghi comuni, quanto ad età e identikit del tipico giocatore patologico. «Il gambling o dipendenza da gioco è una patologia assolutamente trasversale. Sebbene ci sia un rischio maggiore di cadere nella trappola per gli uomini, soprattutto se disoccupati, si registrano casi anche frequenti di donne alle prese con il gioco, principalmente casalinghe, nella fase della menopausa», spiega Annarosa Melillo, dirigente psicologo del consultorio familiare di Gravina, inserita in una equipe di lavoro sulla dipendenza da internet, videogiochi e giochi d'azzardo.

Forse un insulto depressivo, forse la solitudine. Il rischio si allarga, somma insofferenze personali, smanie psicologiche al femminile, smarrimenti. E anche l'altra metà del cielo, le donne, cade in tentazione. Anche a Gravina. Così uomini e donne alle prese con il gioco sono accomunati da una pietra di inciampo: i gap mentali. «In molti pensano che la fortuna si possa influenzare, per esempio attraverso porta fortuna; altri pensano che esista anche davanti alle macchinette mangia soldi una giustizia divina. Altri ancora sono convinti che la fortuna abbia memoria», conclude la psicologa, indicando tre macigni da abbattere. «Anche il fatto che il giocatore tipico abbia una idea grandiosa di sé. Il fatto che il gambler sia convinto di farcela, è un pensiero che va ridimensionato», aggiunge la Melillo.

Rischiano grosso pure i nativi digitali. I peluche e le macchinine cedono il posto all'accanimento anche in tenera età. Perché l'obbligo, il bisogno di andare continuamente in internet è troppo spesso preludio di una dipendenza. «Nove volte su dieci la patologia si mutua in famiglia», continua la Melillo, mostrandosi preoccupati per la sorte dei bambini. Piccoli uomini che non entrano nei locali, ma che sullo schermo di un computer trovano tutto quello di cui hanno bisogno. Per queste ragioni partirà il prossimo anno un monitoraggio nelle scuole gravinesi, a cura delle psicologhe del consultorio. Perché soprattutto in età fanciullesca le dipendenze si possono debellare. Ma la collaborazione di docenti e genitori diventa indispensabile. «Quest'anno in un paio di scuole gravinesi abbiamo provato a sottoporre dei test ai genitori. Sono loro i primi reticenti. Sanno, immaginano, ma non vogliono essere scovati e per questo tacciono eventuali comportamenti anomali dei figli», congeda la Melillo, riferendosi al blocco di ore che i figli trascorrono davanti a pc e smartphone.