Giornata della Memoria, tra presente e passato
La Shoah monito per il presente. Al "Vida" una serata di riflessioni e teatro
martedì 29 gennaio 2019
"Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario" (Primo Levi). Non si può non partire dall'aforisma di Primo Levi per comprendere l'importanza della Giornata della Memoria.
Non si può non considerare l'attualità che il tema del razzismo e della tolleranza assumono in questo particolare momento storico, qui in Italia, e la portata dell'incontro svoltosi al teatro Vida di Gravina. Filo conduttore della serata: il costante parallelismo tra gli episodi di razzismo che hanno dato origine alla Shoah e le vicende che vedono coinvolti gli emigrati che non vengono accettati sul territorio italiano.
Sarebbe di certo ingenuo pensare ad una correlazione diretta, ma in più di un intervento del dibattito e dello stesso spettacolo teatrale andato in scena al Vida, è emerso questa commistione tra le due vicende. Ad interloquire sulla tragedia dei campi di concentramento e di sterminio c'erano, oltre al sindaco Valente, il segretario regionale Cgil Pino Gismundo e due esimi studiosi gravinesi, Renzo Paternoster e Massimiliano Desiante.
Una iniziativa - ha spiegato il sindaco Alesio Valente - che non intende cercare di capire ciò che è accaduto, ma portarlo a conoscenza, soprattutto delle nuove generazioni: "per questo si lavora in sinergia con le scuole, per eliminare il seme dell'intolleranza e del razzismo".
Un odio non solo di natura razziale, ma diffuso nei confronti di qualsiasi genere di diversità. Infatti, i deportati nei campi di concentramento e nei campi di sterminio non erano solo gli ebrei, che pure hanno pagato il prezzo più caro, ma c'erano dissidenti politici, zingari, omossessuali.
Per ragionare sull'attualità della memoria, c'è bisogno che l'indignazione diventi protesta - ha spiegato Pino Gismundo - perché il rischio è che adesso come allora ci si trovi dinanzi ad un fenomeno di responsabilità collettiva. Anche perché "l'attuale legge dello stato non consente un'accoglienza dignitosa e crea i prodromi per una deriva razzista", ha dichiarato il sindacalista.
Una analisi che porta inevitabilmente al pericolo revisionista che -spiega lo storico Paternoster- minimizza la portata della tragedia, negando addirittura le brutalità commesse. "Invece si dovrebbe prendere in considerazione la deumanizzazione che ha accompagnato lo sterminio di massa, legittimato proprio dall'idea che quelli che morivano non erano uomini, sollevando, così, gli aguzzini da ogni responsabilità morale".
Certo l'idea che questo episodi possano essere lontani nel tempo e nello spazio e che non ci riguardino da vicino è il rischio che si corre nell'esaminare gli eventi storici. La domanda ricorrente è se Gravina ha dato il suo tributo di sangue nei campi allestiti dai nazi-fascisti.
Domanda alla quale ha risposto Massimiliano Desiante tracciando la figura di Filippo D'Agostino, concittadino deportato nel campo di Mauthausen e lì brutalmente assassinato a causa delle sue idee di opposizione al regime. Desiante ha anche elencato altri piccoli "eroi" gravinesi che hanno subito la deportazione e di cui si è trovata traccia.
Una conversazione che ha visto tutti unanimemente concordi nel considerare il periodo storico in cui attualmente viviamo, come fortemente messo a rischio dai venti di ostilità e focolai di odio razziale che rievocano inevitabilmente tragedie passate.
Bisogna, quindi, educare alla solidarietà e alla tolleranza all'interculturalità che diventa ricchezza e non depauperamento della nazione perché -come ha ricordato qualcuno sul palco del Vida-, così come oggi si dice "prima gli italiani", anche Hitler gridava "prima i tedeschi", quando parlava di supremazia della razza: e la storia ci ha mostrato dove questa idea ha portato il mondo.
E anche la trasposizione teatrale dell'opera "il tatuatore di Auschwitz", magistralmente realizzata dalla "Compagnia Colpi di Scena", ha voluto rimarcare attraverso continui rimandi tra passato e presente, la necessità di una politica dell'accoglienza che crei le condizioni per una società multietnica e aperta all'accettazione delle diversità.
La trovata scenica delle apparizioni di reali protagonisti e dei loro appassionati raccolti, hanno commosso la platea del teatro, gremito in ogni ordine di posti, portando ad una riflessione collettiva i presenti che hanno apprezzato l'opera ripagando la compagnia con scroscianti applausi.
Roberto Varvara
Non si può non considerare l'attualità che il tema del razzismo e della tolleranza assumono in questo particolare momento storico, qui in Italia, e la portata dell'incontro svoltosi al teatro Vida di Gravina. Filo conduttore della serata: il costante parallelismo tra gli episodi di razzismo che hanno dato origine alla Shoah e le vicende che vedono coinvolti gli emigrati che non vengono accettati sul territorio italiano.
Sarebbe di certo ingenuo pensare ad una correlazione diretta, ma in più di un intervento del dibattito e dello stesso spettacolo teatrale andato in scena al Vida, è emerso questa commistione tra le due vicende. Ad interloquire sulla tragedia dei campi di concentramento e di sterminio c'erano, oltre al sindaco Valente, il segretario regionale Cgil Pino Gismundo e due esimi studiosi gravinesi, Renzo Paternoster e Massimiliano Desiante.
Una iniziativa - ha spiegato il sindaco Alesio Valente - che non intende cercare di capire ciò che è accaduto, ma portarlo a conoscenza, soprattutto delle nuove generazioni: "per questo si lavora in sinergia con le scuole, per eliminare il seme dell'intolleranza e del razzismo".
Un odio non solo di natura razziale, ma diffuso nei confronti di qualsiasi genere di diversità. Infatti, i deportati nei campi di concentramento e nei campi di sterminio non erano solo gli ebrei, che pure hanno pagato il prezzo più caro, ma c'erano dissidenti politici, zingari, omossessuali.
Per ragionare sull'attualità della memoria, c'è bisogno che l'indignazione diventi protesta - ha spiegato Pino Gismundo - perché il rischio è che adesso come allora ci si trovi dinanzi ad un fenomeno di responsabilità collettiva. Anche perché "l'attuale legge dello stato non consente un'accoglienza dignitosa e crea i prodromi per una deriva razzista", ha dichiarato il sindacalista.
Una analisi che porta inevitabilmente al pericolo revisionista che -spiega lo storico Paternoster- minimizza la portata della tragedia, negando addirittura le brutalità commesse. "Invece si dovrebbe prendere in considerazione la deumanizzazione che ha accompagnato lo sterminio di massa, legittimato proprio dall'idea che quelli che morivano non erano uomini, sollevando, così, gli aguzzini da ogni responsabilità morale".
Certo l'idea che questo episodi possano essere lontani nel tempo e nello spazio e che non ci riguardino da vicino è il rischio che si corre nell'esaminare gli eventi storici. La domanda ricorrente è se Gravina ha dato il suo tributo di sangue nei campi allestiti dai nazi-fascisti.
Domanda alla quale ha risposto Massimiliano Desiante tracciando la figura di Filippo D'Agostino, concittadino deportato nel campo di Mauthausen e lì brutalmente assassinato a causa delle sue idee di opposizione al regime. Desiante ha anche elencato altri piccoli "eroi" gravinesi che hanno subito la deportazione e di cui si è trovata traccia.
Una conversazione che ha visto tutti unanimemente concordi nel considerare il periodo storico in cui attualmente viviamo, come fortemente messo a rischio dai venti di ostilità e focolai di odio razziale che rievocano inevitabilmente tragedie passate.
Bisogna, quindi, educare alla solidarietà e alla tolleranza all'interculturalità che diventa ricchezza e non depauperamento della nazione perché -come ha ricordato qualcuno sul palco del Vida-, così come oggi si dice "prima gli italiani", anche Hitler gridava "prima i tedeschi", quando parlava di supremazia della razza: e la storia ci ha mostrato dove questa idea ha portato il mondo.
E anche la trasposizione teatrale dell'opera "il tatuatore di Auschwitz", magistralmente realizzata dalla "Compagnia Colpi di Scena", ha voluto rimarcare attraverso continui rimandi tra passato e presente, la necessità di una politica dell'accoglienza che crei le condizioni per una società multietnica e aperta all'accettazione delle diversità.
La trovata scenica delle apparizioni di reali protagonisti e dei loro appassionati raccolti, hanno commosso la platea del teatro, gremito in ogni ordine di posti, portando ad una riflessione collettiva i presenti che hanno apprezzato l'opera ripagando la compagnia con scroscianti applausi.
Roberto Varvara