Giorno del ricordo, dal Prefetto una medaglia per Giuseppe Laddaga
Il Padre Angelo prigioniero in Montenegro
martedì 10 febbraio 2015
18.00
Solo ieri il Comitato 10 febbraio chiedeva al primo cittadino un encomio per le tre vittime gravinesi del massacro delle Foibe. Oggi, Giorno del Ricordo, Giuseppe laddaga, figlio di Angelo ha ricevuto una medaglia per ricordare suo padre. Giuseppe Laddaga, aveva appena sette anni quando salutò il padre Angelo, militare dell'Esercito Italiano, fatto prigioniero in Montenegro. Era il 1943, la seconda guerra mondiale infuriava e di quel fante catturato al fronte dalle truppe germaniche nessuno seppe più niente. Il suo nome è risuonato stamane, nei saloni della Prefettura di Bari, quando il Prefetto Antonio Nunziante ha appuntato sul petto del figlio, oggi pensionato, una medaglia.
"Ho provato un'emozione intensa e, al tempo stesso, un grande dolore", ha confessato Giuseppe Laddaga, stretto nell'abbraccio dei suoi familiari. "Quando papà partì per il fronte, dopo aver perso un fratello sui campi di battaglia, ero bambino. Mi restano tanti suoi ricordi, ma ogni volta che ne sento parlare, sebbene siano passati più di 70 anni dall'ultima volta che lo vidi, mi fa stringere il cuore", aggiunge, senza tralasciare particolari sulla maledetta guerra. Neppure sui bombardamenti che colpirono Gravina "e su quelle bombe che caddero sui palazzi vicini alla Chiesa del Purgatorio mentre con mia madre correvo al rifugio di Canale D'Alonzo". E poi, su tutto, un messaggio ai giovani: "Loro pensano che molte cose siano finzione, quasi come andare al cinema. Ma quel che noi abbiamo vissuto dimostra che così non è. E non mi stancherò di raccontarlo e testimoniarlo: la guerra non è un gioco".
Parole ribadite anche dal sindaco Alesio Valente, presente alla cerimonia in rappresentanza dell'intera comunità gravinese. "Un momento toccante – commenta il primo cittadino – che se da un lato consente di sottrarre all'oblio pagine di vita, dall'altro porta a guardare ad esse, a persone come il nostro concittadino Giuseppe Laddaga, al padre Angelo ed a tanti delle loro generazioni, come saldi punti di riferimento sui quali poggiare per costruire l'Italia del presente e soprattutto quella del domani attingendo alla fonte della memoria, quella di cui c'è tanto bisogno in un mondo sempre più smemorato ed in cui gli orrori del passato, e tra essi le Foibe, sono ancora aperte e, purtroppo, continuano a ripetersi sotto forme uguali o diverse, come se la storia non avesse insegnato nulla".
"Ho provato un'emozione intensa e, al tempo stesso, un grande dolore", ha confessato Giuseppe Laddaga, stretto nell'abbraccio dei suoi familiari. "Quando papà partì per il fronte, dopo aver perso un fratello sui campi di battaglia, ero bambino. Mi restano tanti suoi ricordi, ma ogni volta che ne sento parlare, sebbene siano passati più di 70 anni dall'ultima volta che lo vidi, mi fa stringere il cuore", aggiunge, senza tralasciare particolari sulla maledetta guerra. Neppure sui bombardamenti che colpirono Gravina "e su quelle bombe che caddero sui palazzi vicini alla Chiesa del Purgatorio mentre con mia madre correvo al rifugio di Canale D'Alonzo". E poi, su tutto, un messaggio ai giovani: "Loro pensano che molte cose siano finzione, quasi come andare al cinema. Ma quel che noi abbiamo vissuto dimostra che così non è. E non mi stancherò di raccontarlo e testimoniarlo: la guerra non è un gioco".
Parole ribadite anche dal sindaco Alesio Valente, presente alla cerimonia in rappresentanza dell'intera comunità gravinese. "Un momento toccante – commenta il primo cittadino – che se da un lato consente di sottrarre all'oblio pagine di vita, dall'altro porta a guardare ad esse, a persone come il nostro concittadino Giuseppe Laddaga, al padre Angelo ed a tanti delle loro generazioni, come saldi punti di riferimento sui quali poggiare per costruire l'Italia del presente e soprattutto quella del domani attingendo alla fonte della memoria, quella di cui c'è tanto bisogno in un mondo sempre più smemorato ed in cui gli orrori del passato, e tra essi le Foibe, sono ancora aperte e, purtroppo, continuano a ripetersi sotto forme uguali o diverse, come se la storia non avesse insegnato nulla".