I gravinesi d'America
Tappa a Stamford, la Gravina d'oltreoceano. Viaggio tra gli emigrati che non sognano il ritorno a casa.
martedì 22 gennaio 2013
08.45
Un cospicuo numero di famiglie gravinesi abita a Stamford, città degli Stati Uniti d'America appartenente allo stato federato del Connecticut. Ognuna è lì per ragioni diverse.
Ad oggi, la comunità gravinese di Stamford rappresenta una realtà sociale ben radicata nel contesto ed evolutasi attraverso codici culturali e simbolici tipici della nostra città: il pranzo domenicale coi parenti, a base di ragù o ricordarsi di festeggiare San Michele Arcangelo, a fine settembre. Stamford, negli anni '70, aveva un sindaco gravinese. Francesco Petrafesa, uno dei gravinesi d'America, precisa: "Vivo a 40 chilometri da New York City. Stamford è una bellissima città costituita da molti gravinesi, siamo più di cento famiglie: alcune arrivate durante i primi del '900, altre negli anni '60, gli ultimi arrivi risalgono agli anni '90. In questo periodo, fondarono la "Gravinese Mutual Aid Society": un'associazione intenta ad aiutare tutti coloro che arrivavano da Gravina e trovavano difficoltà ad inserirsi". Ma la storia ha radici più profonde, precisa Petrafesa: "Nel 1922 un gravinese arrivato a Stamford morì dopo il suo arrivo, un gruppo di concittadini raccolse delle offerte per pagargli il funerale e rimandare la salma a Gravina. Da allora in poi sulla nostra comunità si è addensata una sorta di nuvola fortunata: alcuni sono diventati titolari di ditte edili o ristoranti. Ottobre è il mese in cui si ricordano le radici italiane. Sono il vice presidente dell'associazione, futuro presidente, sono qua dal 1986 Partii subito dopo la fine del militare, all'età di 22 anni, per esplorare nuove opportunità di vita, avevo un appoggio certo, i cugini, ristoratori. Torno a Gravina per trovare mia madre due volte l'anno. Qui mi sento realizzato al massimo: ho una bella famiglia e l'indipendenza economica. Non credo di tornare a Gravina, mia moglie è americana i miei figli non penso possano adeguarsi ad una vita in un pesino del Sud". Non mancano le voci di donna. Elena Tarantino dice: "Vivo negli Usa dal 2000, sono arrivata con mio marito e due figli. Vedo abbastanza spesso gli amici gravinesi. Ci riuniamo durante le festività, per celebrare compleanni o per cena. Tra di noi parliamo quasi sempre in italiano. Di gravinese conservo solo il modo di cucinare domenicale, non può mancare il ragù! Per me e' stato facile il trasferimento, in qualità di cittadina potevo venirci in qualsiasi momento, visto che i miei genitori avevano vissuto qui ed io c'ero nata prima di tornare con loro in Italia. Gli elementi che hanno contribuito a che prendessi questa decisione, tra gli altri, sono anche la mancanza di lavoro in Italia e le poche possibilità di crescita professionale".
Anche Rosa Cilifrese vive a Stamford dal 2000, ma torna spesso a casa, quasi ogni anno. "Ho sposato un americano puro. Manco da Gravina da luglio 2012, la trovo sempre uguale: in tredici anni non è cambiato niente. La vorrei ricca di persone giovani, intraprendenti e non gente che pensa solo a vestiti firmati e macchine belle: troppa ignoranza! A Stamford mi sono realizzata: ho sposato un uomo meraviglioso, ho due figli adorabili, lavoro in una scuola materna, la vita e' bella. Non tornerei a vivere a Gravina".
Nonostante il fascino rurale dei nostri territori abbia stregato fior di registi, Gravina è riuscita a farsi sfuggire definitivamente una gran bella fetta della sua prole. Rincuora saperli felici e comunque legati alle origini.
Ad oggi, la comunità gravinese di Stamford rappresenta una realtà sociale ben radicata nel contesto ed evolutasi attraverso codici culturali e simbolici tipici della nostra città: il pranzo domenicale coi parenti, a base di ragù o ricordarsi di festeggiare San Michele Arcangelo, a fine settembre. Stamford, negli anni '70, aveva un sindaco gravinese. Francesco Petrafesa, uno dei gravinesi d'America, precisa: "Vivo a 40 chilometri da New York City. Stamford è una bellissima città costituita da molti gravinesi, siamo più di cento famiglie: alcune arrivate durante i primi del '900, altre negli anni '60, gli ultimi arrivi risalgono agli anni '90. In questo periodo, fondarono la "Gravinese Mutual Aid Society": un'associazione intenta ad aiutare tutti coloro che arrivavano da Gravina e trovavano difficoltà ad inserirsi". Ma la storia ha radici più profonde, precisa Petrafesa: "Nel 1922 un gravinese arrivato a Stamford morì dopo il suo arrivo, un gruppo di concittadini raccolse delle offerte per pagargli il funerale e rimandare la salma a Gravina. Da allora in poi sulla nostra comunità si è addensata una sorta di nuvola fortunata: alcuni sono diventati titolari di ditte edili o ristoranti. Ottobre è il mese in cui si ricordano le radici italiane. Sono il vice presidente dell'associazione, futuro presidente, sono qua dal 1986 Partii subito dopo la fine del militare, all'età di 22 anni, per esplorare nuove opportunità di vita, avevo un appoggio certo, i cugini, ristoratori. Torno a Gravina per trovare mia madre due volte l'anno. Qui mi sento realizzato al massimo: ho una bella famiglia e l'indipendenza economica. Non credo di tornare a Gravina, mia moglie è americana i miei figli non penso possano adeguarsi ad una vita in un pesino del Sud". Non mancano le voci di donna. Elena Tarantino dice: "Vivo negli Usa dal 2000, sono arrivata con mio marito e due figli. Vedo abbastanza spesso gli amici gravinesi. Ci riuniamo durante le festività, per celebrare compleanni o per cena. Tra di noi parliamo quasi sempre in italiano. Di gravinese conservo solo il modo di cucinare domenicale, non può mancare il ragù! Per me e' stato facile il trasferimento, in qualità di cittadina potevo venirci in qualsiasi momento, visto che i miei genitori avevano vissuto qui ed io c'ero nata prima di tornare con loro in Italia. Gli elementi che hanno contribuito a che prendessi questa decisione, tra gli altri, sono anche la mancanza di lavoro in Italia e le poche possibilità di crescita professionale".
Anche Rosa Cilifrese vive a Stamford dal 2000, ma torna spesso a casa, quasi ogni anno. "Ho sposato un americano puro. Manco da Gravina da luglio 2012, la trovo sempre uguale: in tredici anni non è cambiato niente. La vorrei ricca di persone giovani, intraprendenti e non gente che pensa solo a vestiti firmati e macchine belle: troppa ignoranza! A Stamford mi sono realizzata: ho sposato un uomo meraviglioso, ho due figli adorabili, lavoro in una scuola materna, la vita e' bella. Non tornerei a vivere a Gravina".
Nonostante il fascino rurale dei nostri territori abbia stregato fior di registi, Gravina è riuscita a farsi sfuggire definitivamente una gran bella fetta della sua prole. Rincuora saperli felici e comunque legati alle origini.