Il carnevale gravinese
Le antiche tradizioni di carnevale gravinesi ormai dimenticate
sabato 10 febbraio 2024
9.09
Sfogliando le pagine della storia delle tradizioni di Gravina arriveremo a quando durante questo periodo, anni fa, nel nostro territorio meravigliose tradizioni venivano seguite con dedizione. Memorabili sono la corsa all'anello o la storia del pupazzo Giuann e la sua consorte.
La tradizione racconta che Giùann, un ex prete, ingannato dalla Quarandoin, avesse buttato il talare, abito caratteristico del clero secolare, e si fosse unito ad ella, la quale non era nota per la propria serietà.
La leggenda racconta che Giùann si sia fatto influenzare dalla moglie, diventando così anch'egli un fannullone ubriacone. Le famiglie gravinesi preparavano il fantoccio di Giuann raffigurato con pantaloni, gilet, giacca e fazzoletto, tutti di colore nero andando in contrasto con il bianco della camicia e colletto; si diceva che, se si fosse appeso il pupazzo sull'uscio o sospeso tra due balconi contigui, benessere e prosperità avrebbero colpito la famiglia.
Un'altra delle tradizioni più caratteristiche del carnevale gravinese è la "Corsa all'anello", una gara equestre che si svolgeva lungo le strade della città. Lo scopo dei cavalieri era quello di infilare in un anello di ferro un bastone durante il galoppo; la gara terminava quando uno dei cavalieri riusciva a strappare l'anello di ferro, prontamente sostituito da uno di oro.
Il vincitore, seguito dagli altri concorrenti e dalla folla, si dirigeva verso la vicina Basilica Cattedrale, dove l'anello d'oro veniva offerto al Santo Patrono San Michele.
Era in seguito possibile assistere al funerale di Giùann che veniva steso su un carretto "u bajard", a seguire la Quarandoin dava in escandescenza e infine "u mest" leggeva ad alta voce il testamento dell'ex prete Giùann.
Immancabile era anche il pasto a base di calzoni e braciole al sugo in abbondanza durante il martedì Grasso, a seguire era (ed è ancora) d'obbligo gustare le chiacchiere.
Queste sono le tradizioni ormai dimenticate i cui ricordi sono ormai sbiaditi dal tempo che hanno donato tanta felicità e spensieratezza a tutti i cittadini gravinesi.
La tradizione racconta che Giùann, un ex prete, ingannato dalla Quarandoin, avesse buttato il talare, abito caratteristico del clero secolare, e si fosse unito ad ella, la quale non era nota per la propria serietà.
La leggenda racconta che Giùann si sia fatto influenzare dalla moglie, diventando così anch'egli un fannullone ubriacone. Le famiglie gravinesi preparavano il fantoccio di Giuann raffigurato con pantaloni, gilet, giacca e fazzoletto, tutti di colore nero andando in contrasto con il bianco della camicia e colletto; si diceva che, se si fosse appeso il pupazzo sull'uscio o sospeso tra due balconi contigui, benessere e prosperità avrebbero colpito la famiglia.
Un'altra delle tradizioni più caratteristiche del carnevale gravinese è la "Corsa all'anello", una gara equestre che si svolgeva lungo le strade della città. Lo scopo dei cavalieri era quello di infilare in un anello di ferro un bastone durante il galoppo; la gara terminava quando uno dei cavalieri riusciva a strappare l'anello di ferro, prontamente sostituito da uno di oro.
Il vincitore, seguito dagli altri concorrenti e dalla folla, si dirigeva verso la vicina Basilica Cattedrale, dove l'anello d'oro veniva offerto al Santo Patrono San Michele.
Era in seguito possibile assistere al funerale di Giùann che veniva steso su un carretto "u bajard", a seguire la Quarandoin dava in escandescenza e infine "u mest" leggeva ad alta voce il testamento dell'ex prete Giùann.
Immancabile era anche il pasto a base di calzoni e braciole al sugo in abbondanza durante il martedì Grasso, a seguire era (ed è ancora) d'obbligo gustare le chiacchiere.
Queste sono le tradizioni ormai dimenticate i cui ricordi sono ormai sbiaditi dal tempo che hanno donato tanta felicità e spensieratezza a tutti i cittadini gravinesi.