Il Commendatore Salvatore Divella nel novero della toponomastica cittadina
Intitolazione di uno spazio pubblico al noto imprenditore
venerdì 19 luglio 2024
La Delibera di Giunta comunale del 16 luglio scorso, dando atto che la Commissione Consultiva per la Toponomastica ha espresso parere positivo in ordine all'intitolazione di uno spazio pubblico alla memoria di Salvatore Divella, ha sancito che lo stesso potesse essere annoverato nella toponomastica cittadina. Il tratto di strada, in sostanza, il viale che fiancheggia i capannoni della zona fiera, avrà la sua denominazione. Un atto di giustizia nei confronti di un uomo che ha lottato e ha sofferto. Nei confronti di un imprenditore puro, che ha saputo portare alto il cognome e l'operosità del padre, andando incontro alla penuria di lavoro e colmare i disagi occupazionali che ne derivavano, soprattutto alle famiglie numerose e meno abbienti.
Salvatore Divella, secondogenito di Agostino e Rosa Stimola, nacque a Gravina in Puglia il 23 settembre 1904. In età scolare frequentò le scuole elementari a Noicattaro e la Scuola tecnica a Rutigliano. Nel 1920 la famiglia si trasferì definitivamente a Gravina. All'età di 15 anni fu, per un biennio seminarista presso il Seminario del Beato Giacomo di Bitetto. Prestò il servizio militare di leva, prima a Civitavecchia e poi a Roma, come addetto al Servizio Radio – Telegrafico. Lui e il fratello Francesco, impazienti di aspettare l'avvio del mulino che il padre stava allestendo a Gravina, presero in fitto, per qualche anno, un piccolo mulino a Polignano a Mare.
Nel dicembre del 1930 sposa la giovane signorina Irene Stella Reale di Fasano, dalla quale ebbe sette figli: Rosamaria, Eloisa (morta per tifo all'età di 7 anni), Agostino detto Nino, a cui va la sincera gratitudine per avermi fornito la documentazione famigliare ed imprenditoriale del padre, Franco, Eloisa II, Walter e William. Buttatosi a capofitto alla guida degli opifici molitori e dell'arte bianca, si dedicò con passione, dando un concreto, sostanziale e proficuo impulso ai processi di lavorazione e commercializzazione dei prodotti, integrandosi a pieno regime nelle attività delle aziende alimentari.
Fu pioniere ed antesignano, precorrendo i tempi, assumendo all'interno della azienda anche la manodopera femminile. Seppe vedere lontano, con grande acume e lungimiranza. Seppe trasformare non solo i prodotti cerealicoli, ma anche le persone, soprattutto i suoi dipendenti, trasformandoli, invogliandoli, incoraggiandoli a diventare operai specializzati. Anche in questo ebbe ragione, se è vero, come è vero, che i suoi manovali, diventate maestranze qualificate furono apprezzate in Puglia e all'estero. L'azienda cresceva nelle commesse, negli ordini, nella espansione della sua rete commerciale, nonostante i disagi che la politica aveva potuto creargli, soprattutto durante il fascismo, quando fu condannato ad un anno di confino politico, che non scontò mai. Il percorso commerciale dei suo opifici non conosceva soste.
Si era agli inizi di quello che la storia avrebbe designato e definito boom economico. Il lavoro, i prodotti galoppavano a tal punto da toccare i mercati esteri ed internazionali. La città di Gravina, il nome Divella, con la ragione sociale Salve Diva, associato a pasta, grano, latticini locali, travalicarono i confini oltre oceano, fino a raggiungere la Grande Mela, Chicago, per poi arrivare, anche a Liverpool, Londra, Tripoli e la Grecia. La merce viaggiava stivata nelle navi. Intanto e nel frattempo, per i meriti conseguiti sul campo fu beneficiario di molte onorificenze.
Nel 1944 fu insignito del titolo di Commendatore della Corona d'Italia; il 15 maggio del 1946, il re, Vittorio Emanuele III, con motu proprio gli conferì il titolo di Grand'Ufficiale della Corona d'Italia; il 2 giugno dello stesso anno conseguì il titolo di Grande Ufficiale del Sovrano Militare Ordine Equestre dei Santissimi Vittore e Giorgio di Lituania.
Don Salvatore, come lo chiamava gran parte della gente; il commendatore, come era conosciuto negli ambienti dell'alta finanza e della imprenditoria nazionale, fu un grande genio anche nel campo della comunicazione. I suoi prodotti venivano pubblicizzati attraverso ogni tipo e forma di marketing. Alla Fiera del Levante faceva degustare "Pasta Diva" in piatti di ceramica, con il logo "Salve Diva", che regalava ai degustatori. La realizzazione di gadget di qualità: calendari illustrati, orologi da muro; il finanziamento della squadra di calcio, "Salve Diva"; la sponsorizzazione, attraverso la stesura di una canzone-samba, composta dal duo Elia-Giovanniello, come spot cantato da Nilla Pizzi e dal Duo Fasano, accompagnati dall'orchestra diretta dal Maestro Cinico Angelini e registrato su un disco a 78 giri.
Il 9 gennaio 1977, si abbattè su un uomo allo stremo delle sue forze, già debilitato fisicamente da un ictus che lo aveva colpito l'anno prima, il destino della fine. La sua morte tra il rimpianto di molti, di tanti, di tutti coloro che lo avevano affiancato nelle fatiche quotidiane,
Salvatore Divella, secondogenito di Agostino e Rosa Stimola, nacque a Gravina in Puglia il 23 settembre 1904. In età scolare frequentò le scuole elementari a Noicattaro e la Scuola tecnica a Rutigliano. Nel 1920 la famiglia si trasferì definitivamente a Gravina. All'età di 15 anni fu, per un biennio seminarista presso il Seminario del Beato Giacomo di Bitetto. Prestò il servizio militare di leva, prima a Civitavecchia e poi a Roma, come addetto al Servizio Radio – Telegrafico. Lui e il fratello Francesco, impazienti di aspettare l'avvio del mulino che il padre stava allestendo a Gravina, presero in fitto, per qualche anno, un piccolo mulino a Polignano a Mare.
Nel dicembre del 1930 sposa la giovane signorina Irene Stella Reale di Fasano, dalla quale ebbe sette figli: Rosamaria, Eloisa (morta per tifo all'età di 7 anni), Agostino detto Nino, a cui va la sincera gratitudine per avermi fornito la documentazione famigliare ed imprenditoriale del padre, Franco, Eloisa II, Walter e William. Buttatosi a capofitto alla guida degli opifici molitori e dell'arte bianca, si dedicò con passione, dando un concreto, sostanziale e proficuo impulso ai processi di lavorazione e commercializzazione dei prodotti, integrandosi a pieno regime nelle attività delle aziende alimentari.
Fu pioniere ed antesignano, precorrendo i tempi, assumendo all'interno della azienda anche la manodopera femminile. Seppe vedere lontano, con grande acume e lungimiranza. Seppe trasformare non solo i prodotti cerealicoli, ma anche le persone, soprattutto i suoi dipendenti, trasformandoli, invogliandoli, incoraggiandoli a diventare operai specializzati. Anche in questo ebbe ragione, se è vero, come è vero, che i suoi manovali, diventate maestranze qualificate furono apprezzate in Puglia e all'estero. L'azienda cresceva nelle commesse, negli ordini, nella espansione della sua rete commerciale, nonostante i disagi che la politica aveva potuto creargli, soprattutto durante il fascismo, quando fu condannato ad un anno di confino politico, che non scontò mai. Il percorso commerciale dei suo opifici non conosceva soste.
Si era agli inizi di quello che la storia avrebbe designato e definito boom economico. Il lavoro, i prodotti galoppavano a tal punto da toccare i mercati esteri ed internazionali. La città di Gravina, il nome Divella, con la ragione sociale Salve Diva, associato a pasta, grano, latticini locali, travalicarono i confini oltre oceano, fino a raggiungere la Grande Mela, Chicago, per poi arrivare, anche a Liverpool, Londra, Tripoli e la Grecia. La merce viaggiava stivata nelle navi. Intanto e nel frattempo, per i meriti conseguiti sul campo fu beneficiario di molte onorificenze.
Nel 1944 fu insignito del titolo di Commendatore della Corona d'Italia; il 15 maggio del 1946, il re, Vittorio Emanuele III, con motu proprio gli conferì il titolo di Grand'Ufficiale della Corona d'Italia; il 2 giugno dello stesso anno conseguì il titolo di Grande Ufficiale del Sovrano Militare Ordine Equestre dei Santissimi Vittore e Giorgio di Lituania.
Don Salvatore, come lo chiamava gran parte della gente; il commendatore, come era conosciuto negli ambienti dell'alta finanza e della imprenditoria nazionale, fu un grande genio anche nel campo della comunicazione. I suoi prodotti venivano pubblicizzati attraverso ogni tipo e forma di marketing. Alla Fiera del Levante faceva degustare "Pasta Diva" in piatti di ceramica, con il logo "Salve Diva", che regalava ai degustatori. La realizzazione di gadget di qualità: calendari illustrati, orologi da muro; il finanziamento della squadra di calcio, "Salve Diva"; la sponsorizzazione, attraverso la stesura di una canzone-samba, composta dal duo Elia-Giovanniello, come spot cantato da Nilla Pizzi e dal Duo Fasano, accompagnati dall'orchestra diretta dal Maestro Cinico Angelini e registrato su un disco a 78 giri.
Il 9 gennaio 1977, si abbattè su un uomo allo stremo delle sue forze, già debilitato fisicamente da un ictus che lo aveva colpito l'anno prima, il destino della fine. La sua morte tra il rimpianto di molti, di tanti, di tutti coloro che lo avevano affiancato nelle fatiche quotidiane,