Il consiglio comunale potrebbe cambiar volto

C'è attesa per l'esito del ricorso presentato da Leanza. Ecco come ha deciso a Catanzaro, su un caso identico, il Tar Calabria.

domenica 21 ottobre 2012 09.05
A cura di Gianpaolo Iacobini
Per un punto martin perse la cappa. Per un decimale di punto l'Udc potrebbe perdere un seggio.

Ogni caso fa storia a sè, ogni sentenza non fa legge e può essere sempre disattesa da altro giudice. Specie quando non è verdetto che promani da Corte di Cassazione o Consiglio di Stato. Eppure, le notizie che arrivano dalla Calabria sembrano destinate a giocare un ruolo anche nelle vicende gravinesi.

In punta allo Stivale, infatti, nei giorni scorsi i giudici amministrativi sono stati chiamati ad occuparsi di una vicenda identica, almeno nella sostanza, a quella riguardante la città del grano e del vino.

La storia corre sull'asse Catanzaro-Gravina: ambedue i centri vanno alle elezioni a maggio. In tutte e due le realtà, al momento della ripartizione dei seggi, l'Ufficio elettorale suddivide gli scranni consiliari confidando sulla bontà di ciò che il ministero degli interni scrive nel suo dettagliato vademecum, aggiornato agli inizi del marzo 2012 ed informato ai più recenti orientamenti del Consiglio di Stato. Lo stesso che, qualche settimana prima che inizi la primavera, sentenziando in materia elettorale stabilisce che al momento dell'attribuzione del premio di maggioranza, qualora la percentuale del 60% dei consiglieri da assegnare non coincida con un numero intero, per garantire il principio di governabilità i seggi vanno assegnati con arrotondamento all'unità superiore. E poco importa se così si sfori algebricamente il rapporto con la quota del 40% ex lege garantita alle minoranze.

Sulla base di questi criteri avviene che al momento dell'ufficializzazione degli eletti scoppi il caos: a Catanzaro, dove il consiglio è composto da 32 componenti, al centrodestra che vince le elezioni dovrebbero andare 19,2 consiglieri, che in virtù del prescritto arrotondamento diventano 20. A discapito delle opposizioni. A Gravina, dove nell'assemblea consiliare trovano invece posto complessivamente 24 unità, i 14,2 seggi che spetterebbero alla maggioranza lievitano a 15. Ma in Calabria come in Puglia c'è chi non ci sta. L'appiglio, pure bello forte, è proprio nel Consiglio di Stato. Che il 21 maggio, proprio nel giorno in cui in tutta Italia si vota per i ballottaggi, ci ripensa fissando un nuovo principio: i decimali non contano più. In ogni caso, alle minoranze va assegnato non meno del 40% dei seggi. Se così fosse, a Gravina, in base al gioco dei quozienti, l'Udc dovrebbe cedere un consigliere a Sel. Ed il primo dei non eletti tra i vendoliani, Mimmo Leanza, si gioca la carta del ricorso al Tar. Come lui, per le medesime ragioni, a Catanzaro, fa un esponente di Idv.

Il Tar Puglia si riunirà a fine mese per decidere sul ricorso targato Leanza. Quello calabrese ha già deliberato. Giovedì scorso. Come? Adeguandosi alla sentenza ultima del Consiglio di Stato e dando ragione al ricorrente. Perchè "il limite del 60% è il punto individuato dal legislatore tra i contrapposti valori della governabilità dell'Ente locale e della tutela delle minoranze e non può essere stravolto in alcun modo".

Ogni caso fa storia a sè, ogni sentenza non fa legge e può essere sempre disattesa da altro giudice. E' vero. Ma se anche il Tar Puglia dovesse seguire le tracce del Tar Calabria ed accodarsi al Consiglio di Stato ultima versione, a Gravina Sel potrebbe guadagnare un seggio in consiglio a danno dell'Udc e cambiare così i rapporti di forza in consiglio, con inevitabili ricadute anche sugli equilibri sui quali fin qui si è retto il cammino di Palazzo di città.

Come finirà?