In Puglia troppe cave e canoni di concessione irrisori
Presentato il ‘Rapporto Cave 2014’ di Legambiente
lunedì 5 maggio 2014
8.59
La Puglia si piazza al secondo posto tra le regioni italiane con il maggior numero di cave e di materiale estratto, superata solo dalla Lombardia. Sono poco più di 400 le cave attive e ben 2579 quelle dismesse o abbandonate. Numeri elevati a cui non corrispondono però guadagni altrettanto alti per Regione e Comuni. E' quanto emerge dal "Rapporto Cave 2014" di Legambiente che denuncia l'impatto economico e ambientale dell'attività astrattiva su tutto il territorio nazionale.
La crisi del settore edilizio ha certo contribuito a ridurre la quantità dei materiali lapidei estratti, ma i numeri restano impressionanti. Per quanto riguarda l'estrazione di pietre ornamentali e di materiali di pregio - come le pietre di Trani e di Apricena - a fronte di un peso ridotto delle quantità estratte si registrano enormi guadagni ed impatti ambientali. "La vocazione della Puglia nel settore estrattivo è legata alla natura geologica del territorio che ben si presta alla coltivazione di pietra da taglio per uso ornamentale", spiega Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, "un primato che si riflette negativamente sulle criticità ambientali amplificate per decenni dalla mancanza del PRAE, del catasto cave e dall'estrazione a titolo gratuito".
Quando l'estrazione non è gratuita i canoni di concessione pagati da chi cava sono davvero irrisori se confrontati ai guadagni del settore, soprattutto in Puglia dove la Regione e i Comuni incassano solo lo 0,7% rispetto ai profitti delle aziende. Nel 2012 su 129 milioni di euro di introiti fruttati ai cavatori, la Regione ha percepito solo 827 mila euro. "Se si introducesse il canone di concessione del 20% del prezzo di vendita, così come accade per esempio in Gran Bretagna - continua Tarantini - la Regione Puglia potrebbe ottenere un'entrata pari circa a 31 milioni di euro ogni anno a fronte dei 10,3 milioni di metri cubi di materiale estratto".
In Puglia inoltre non è stato ancora redatto un Piano di recupero ambientale per le cave dismesse, per le quali sarebbero necessari un censimento ed una conseguente riqualificazione ambientale. "Queste cave, specie in questo periodo, rischiano di diventare luoghi privilegiati per lo smaltimento illecito di rifiuti", denuncia ancora Tarantini che conclude chiedendo alla Regione "di adottare un piano di recupero ambientale, di aumentare i canoni di concessione per l'attività estrattiva e contestualmente di promuovere il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia da utilizzare al posto di quelli provenienti da cava per infrastrutture e costruzioni".
La crisi del settore edilizio ha certo contribuito a ridurre la quantità dei materiali lapidei estratti, ma i numeri restano impressionanti. Per quanto riguarda l'estrazione di pietre ornamentali e di materiali di pregio - come le pietre di Trani e di Apricena - a fronte di un peso ridotto delle quantità estratte si registrano enormi guadagni ed impatti ambientali. "La vocazione della Puglia nel settore estrattivo è legata alla natura geologica del territorio che ben si presta alla coltivazione di pietra da taglio per uso ornamentale", spiega Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, "un primato che si riflette negativamente sulle criticità ambientali amplificate per decenni dalla mancanza del PRAE, del catasto cave e dall'estrazione a titolo gratuito".
Quando l'estrazione non è gratuita i canoni di concessione pagati da chi cava sono davvero irrisori se confrontati ai guadagni del settore, soprattutto in Puglia dove la Regione e i Comuni incassano solo lo 0,7% rispetto ai profitti delle aziende. Nel 2012 su 129 milioni di euro di introiti fruttati ai cavatori, la Regione ha percepito solo 827 mila euro. "Se si introducesse il canone di concessione del 20% del prezzo di vendita, così come accade per esempio in Gran Bretagna - continua Tarantini - la Regione Puglia potrebbe ottenere un'entrata pari circa a 31 milioni di euro ogni anno a fronte dei 10,3 milioni di metri cubi di materiale estratto".
In Puglia inoltre non è stato ancora redatto un Piano di recupero ambientale per le cave dismesse, per le quali sarebbero necessari un censimento ed una conseguente riqualificazione ambientale. "Queste cave, specie in questo periodo, rischiano di diventare luoghi privilegiati per lo smaltimento illecito di rifiuti", denuncia ancora Tarantini che conclude chiedendo alla Regione "di adottare un piano di recupero ambientale, di aumentare i canoni di concessione per l'attività estrattiva e contestualmente di promuovere il recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia da utilizzare al posto di quelli provenienti da cava per infrastrutture e costruzioni".