La signorina Julie: in scena la compagnia CUT di Bari

Autore: August Strindberg. Note di regia

sabato 1 settembre 2012 18.44
Strindberg scrive "La Signorina Giulia" nel 1888 e ci porta al teatro naturalistico e alla realtà con un personaggio che ha forti legami con vicende di cui era a conoscenza. Per imbastire il canovaccio utilizza anche la fotografia come strumento di ricerca. Scrutando dietro gli occhi dei personaggi cerca di indagarne il cervello seguendo il filo sottile dei suoi impenetrabili pensieri, di più non riesce a fare. Ma si dà il caso che in quegli anni a Parigi Jean-Martin Charcot, il padre della moderna neurologia, tiene le sue lezioni sulle malattie del sistema nervoso, studi ai quali si affianca da altri versanti l'ipnosi – fra i suoi allievi entusiasta dell'ipnosi era il giovane Freud – che il francese ritiene roba da ciarlatani. Charcot studia l'epilessia, l'isterismo e tutti i disturbi che oggi hanno una precisa collocazione nella terminologia medica e nella diagnosi delle malattie della mente.

E' in questa atmosfera scientifica impastata di psicologia, di psichiatria e di ipnotismo, con i disturbi dell'ansia, della schizofrenia e dei problemi collegati alla sfera sessuale - disturbi che allora la gente comune definiva con un'unica parola, "pazzia", che Strindberg immerge la sua storia. Non è un caso che nel dramma gli altri due personaggi, Kristin, la poco brillante ma concreta cuoca e Jan, il maggiordomo scalatore sociale e calcolatore, chiamino entrambi "matta" la contessina Giulia. Non vi erano a fine '800 farmaci per curare quei sintomi o diagnosi in grado di dare una lettura adeguata e convincente di personaggi come Julie o di gente nella realtà affetta da quelle oscure patologie.

Chi è dunque Julie, questa donna fortemente disturbata? Strindberg penetra a fondo nell'io di Julie. Vuole comprenderne l'essenza attraverso il suo slegato e precario rapporto con la realtà, i suoi sogni, il suo assurdo desiderio di farsi uomo con le sue vesti di donna, la rivalsa nei confronti di una madre serva che l'ha resa contessina per via del matrimonio col conte dove era a servizio, il suo sesso considerato come primitiva ed elementare animalità e quel rapporto schizofrenico di padrona-serva o serva-padrona. Crea un personaggio che lavora con il cervello in piena libertà come nella vita (sul cervello Charcot cominciava a lavorare ) e ci conduce nei pressi delle dinamiche essenziali alla comprensione dell'individuo permettendoci di ispezionarne quello che è nascosto nella profondità del suo essere, per afferrarne meglio gli inganni dell'esistenza. Raccontata con un linguaggio disarticolato, contraddittorio, confuso, Julie ci permette di intrufolarci nei meandri più enigmatici e oscuri della sua (e della nostra) personalità, quelli appunto della camera oscura..