Orari ed aperture: la parola alla Confcommercio

Liberalizzazione si ma guardando all’Europa

giovedì 22 dicembre 2011 18.55
A cura di Emanuela Grassi
Dopo la riflessione della Confesercenti sul "no" assoluto alla liberalizzazione degli orari dei negozi e dei loro giorni di apertura, anche la Confcommercio prende posizione.

Per voce del presidente Michele Capone, essa rilancia a livello locale la mobilitazione contro la manovra del Governo Monti e suggerisce di guardare all'Europa dove non vi è nessun limite orario giornaliero, a salvaguardia del principio dell'apertura per deroga nelle giornate domenicali e festive. Come avviene, ad esempio, in Francia ed in Germania.

"Una scelta insostenibile per le piccole imprese – sottolinea Michele Capone - che saranno strette nella morsa tra la rinuncia al diritto al riposo e alla vita familiare, da una parte, e la dolorosa rinuncia all'attività, dall'altra, con il conseguente impoverimento della pluralità distributiva, che è una delle ricchezze del nostro paese."

Stando ai primi dati sull'andamento delle vendite in questo periodo natalizio, c'è crisi in molti settori. Molte imprese rischiano di chiudere, o comunque di non riuscire a fare fronte a scadenze e pagamenti nell'immediato. Con la totale deregolamentazione di aperture ed orari aumenteranno solo i costi come ad esempio l'energia elettrica, di certo non i guadagni perché causa della crisi non sono certo gli orari ma la povertà che attanaglia le famiglie di operai che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, operai che mandano avanti l'economia degli esercizi commerciali con i loro acquisti.

Se l'aumento dei consumi è tutto da verificare, sono invece facilmente prevedibili i maggiori costi, sia ordinari che maggiorati, che un'apertura prolungata e festiva comporta. Sarebbe infatti semplicistico prendere il ricavo ottenuto fino ad oggi nei festivi e moltiplicarlo per le più numerose aperture ammesse, perché poche domeniche sono appetibili e richiamano l'attenzione dei consumatori, mentre l'apertura di tutte le domeniche fa diventare la festa un giorno come un altro, anche se ha costi maggiori di gestione.

"Il "sempre aperti" è difficilmente sostenibile, inoltre, anche per le grandi imprese che dovranno fronteggiare, per assicurare una simile tipologia di servizio, costi crescenti, a partire dal costo del lavoro dipendente. Il tutto in uno scenario di consumi già in una condizione di recessione. E, di certo, i consumi non ripartiranno per la deregolamentazione degli orari dei negozi.

A chi conviene tutto questo? Chi pagherà le spese aggiuntive? Il governo Monti? Se la gente non ha soldi si può restare aperti 24 ore no stop ma la sostanza non cambia.