Ospedale della Murgia

Si propone di intitolarlo a “Benedetto XIII”. Giuseppe Massari si interroga

venerdì 12 agosto 2011
Come mai questa nostra città, che pullula di fermenti, e non lieviti, culturali che si ispirano e si richiamano al papa gravinese: Circolo Culturale Benedetto XIII, Associazione, già Coperativa, Benedetto XIII, Centro Studi Benedetto XIII, Fondazione Benedetto XIII, Pro Loco Benedetto XIII, non ha condiviso la proposta del sottoscritto, avanzata dal 2009, di intitolare il nascente Ospedale della Murgia al pontefice costruttore di molti ospedali nelle sue sedi episcopali di Manfredonia e Benevento e a Roma da Papa?

Perché ha consentito e continua a consentire a chiunque e chicchessia di proporre la intitolazione di un polo sanitario nascente ad un uomo, ex politico, altamurano, purtroppo deceduto, per il solo merito di aver consentito la destinazione di alcuni fondi pubblici statali alla realizzazione di questa grande opera?
Perché i signori delle vicinanze più prossime, nel senso che distano da noi una sola lunghezza chilometrica pari a 12 mila metri, promuovono petizioni popolari in tal senso e le nostre scalcagnate istituzioni politiche, culturali e sedicenti tali hanno snobbato la mia proposta, senza essere in grado neanche di farla propria?

Perché la cultura non paga e non appaga. Perché costoro, calzolai della cultura, ambiziosi e ambivalenti, come i più noti e importanti personaggi mitologici del bi frontismo e del qualunquismo, del menefreghismo e del pressapochismo, dello struzzismo, pronti a piangere solo lacrime di coccodrillo, non sono in grado di pensare e volare fra le sfere più alte della nobiltà culturale, della grandezza culturale di una storia non avara nei confronti di una città sempre pronta ad essere solo acefala, amorfa, senza pathos e senza cuore, con un elettro encefalogramma piatto, con una povertà di orgoglio e senso civico.

La proposta non mirava a ringalluzzire queste mancate virtù, non andava nella direzione di ridestare un ancestrale conservatorismo o arrugginito, quanto inutile ed atavico campanilismo becero, infantile, tal quale dimostrato da altri, altrettanto più poveri ed acaccattoni, ma si proponeva mettere in risalto lo spessore di un uomo, nella sua veste universale di papa, in grado di sostituirsi agli enti pubblici preposti, costruendo, a proprie spese, nuovi ospedali, nuove strutture ospedaliere, soprattutto quando si trattava di dare più dignità, più rispetto e più decoro alla figura dell'ammalato, da trattare, come egli amava ripetere spesso, in Persona Christi , poiché egli considerava gli ospedali, e voleva che anche gli altri li considerassero, Presidium Christi.
 
La storia di Benedetto XIII, da Manfredonia, Monte Sant'Angelo, Benevento e Roma, cioè da arcivescovo e da papa, è costellata di ricchi frammenti che lo hanno visto impegnato ed essere soprattutto l'uomo della carità sincera e autentica verso il prossimo e i bisognosi, gli ammalati, trattati a volte, come reietti, come soggetti da rifiutare, perché affetti da malattie contagiose. Ecco perché nel corso dell'Anno Santo del 1725 volle che nascesse in Roma un ospedale per la cura delle malattie della pelle e veneree, il Santa Maria e il San Gallicano, tutt'ora operativo, anche se destinato ad altre patologie, e in cui prestano la loro opera di assistenza e carità religiosa, in una sorta di continuità familiare, le Suore Ospedaliere della Misericordia, fondate da Teresa Orsini, lontana discendente del papa gravinese. Sempre a Roma, consentì che i malati di mente potessero fruire di una struttura più degna, più accogliente e più confacente ai loro bisogni, costruendo un complesso nella zona della Lungara, trasferendoli dalla centralissima ma inadeguatissima struttura esistente in piazza Colonna, dirimpetto a Palazzo Chigi. Ha dovuto fronteggiare i terremoti di Benevento e in quelle evenienze difficili fu, innanzitutto costruttore di nuovi ospedali, per fornire ai feriti luoghi di prima assistenza. A Manfredonia e a Monte Sant'Angelo si prodigò per dotare queste città di nosocomi che fossero degni di tal nome.

Con questi presupposti e con queste credenziali, come non pensare di lanciare una proposta, purtroppo, caduta nel vuoto da parte dei destinatari? Il senso vero stava nel dare spessore e corpo alla struttura, ma al personaggio, non in chiave di un privilegio cittadino da vantare e né offensivo di altre persone, meritevoli, certamente, in altri settori, ma non in quello sanitario in cui il nostro è stato un campione indefettibile e impareggiabile.

Quando oggi, si legge, quasi che la struttura ospedaliera murgiana fosse stata intitolata ad un ex sindaco di Altamura, ex parlamentare, uomo, senz'altro, di cultura, non c'è che da restare esterefatti, se non altro per la solita arroganza, supponenza, invadenza da parte di chi non sa vedere e leggere la storia oltre certi confini geografici e territoriali. Il personaggio da altri designato potrebbe meritare una statua, una via, una piazza in quel di Altamura, ma tenerlo lontano da una struttura che necessità di riconoscersi in un santo uomo per il quale, tra l'altro, l'alone ufficiale della santità sta per essergli riconosciuto.
Quell'ospedale, sia pure in via di completamento con i fondi pubblici statali, è pur sempre un luogo destinato ad accogliere e curare le sofferenze altrui, quelle sofferenze che portano l'uomo, ogni uomo, ogni individuo a raccomandarsi alla protezione dei santi, della Vergine, di Gesù Cristo, al di là di ogni credo e appartenenza politica. Nel momento del bisogno, l'uomo sente la necessità di aggrapparsi a Qualcuno, checché ne dicano gli atei, gli agnostici e i miscredenti viventi e defunti. Per cui, se certa sinistra laica e laicista, fervente credente nella sola laicità dello stato, ha consentito che molte strutture ospedaliere, con la motivazione di risparmiare energie economiche, fossero private della presenza delle suore, che hanno garantito assistenza specialistica, sicurezza, pulizia, serietà, dignità e decoro, non continuasse a credere nella scristianizzazione di strutture pubbliche, ove la fede non manca, e ha bisogno di riferimenti certi di santi e non di uomini politici, peraltro atei, agnostici, anticlericali, feroci assertori della materialità della vita e della morte senza esiti escatologici.

Giuseppe Massari