Quando il bosco brucia...
Ad ogni incendio, il balletto delle competenze. Idv all'attacco: "Sottovalutata la portata del rogo"
giovedì 5 luglio 2012
15.00
Quasi 500 ettari di natura andati in fumo, forse più.
Mentre scriviamo, è ancora acre il fumo dell'incendio che ha divorato Difesa Grande, il bosco di Gravina, la più grande superficie verde naturale della provincia di Bari. Le fiamme non sono ancora un ricordo e c'è chi ipotizza addirittura che sia stato bruciato quasi un quarto, se non più, dell'intero patrimonio boschivo di Difesa Grande. Un record drammatico che da solo arriverebbe a eguagliare una superficie pari a quella andata perduta nell'arco
degli ultimi dieci anni (la palma di estate più nera, finora, era andata a quella del 2007). Il bilancio è drammatico.
All'indomani dell'incendio al bosco di Gravina, il bilancio è drammatico. "Sicuramente, si doveva e si poteva fare di più per evitare che ciò accadesse", dicono il coordinamento cittadino di Idv ed il segretario provinciale dei dipietristi, Giacinto Forte. "La negligenza maggiore - accusano - è da ricercare nel non aver saputo comprendere la gravità e le dimensioni del rogo e nel non aver convocato subito l'unità di crisi da subito. L'assessore Amati avrebbe dovuto comprendere subito la gravità dell'incendio e attivare immediatamente le necessarie sinergie. Purtroppo, questo territorio non è investito da nessuna tutela, non rientrando nè nel parco dell'alta Murgia e nè in quello delle Gravine. Si accertino ora le cause, si individuino i responsabili, si intensifichino i controlli, rendendo più efficaci i meccanismi di prevenzione: non possono bastare i 70.000 euro messi a disposizione, con un gesto encomiabile, dal presidente del parco dell'alta Murgia".
Ma cosa, sostanzialmente, dovrebbe e potrebbe essere fatto sotto il profilo della prevenzione? Cosa non funziona nella macchina che dovrebbe reprimere, e soprattutto prevenire gli incendi?
Il problema fondamentale, molto probabilmente, va individuato nel groviglio di responsabilità e competenze tra enti locali e forze di polizia, che, come spesso accade in Italia, anziché rendere più efficienti le operazioni rischia di complicare ulteriormente il tutto. A questo si aggiunge il fatto che prima di arrivare alle emergenze estive, occorrerebbe un lavoro di prevenzione che a Gravina, evidentemente, non viene svolto come si dovrebbe. Una legge regionale, per dirne una, impone la creazione di spazi spartifuoco, della lunghezza di 15 metri, tra i campi coltivati e il bosco, proprio per evitare il propagarsi delle fiamme a partire dalle stoppie bruciate dagli agricoltori. Questa norma viene rispettata o è solo un fastidioso cavillo da eludere appena si può?
Poi: mentre il locale Corpo Forestale dello Stato concentra le sue attenzioni al Parco dell'Alta Murgia, il bosco Difesa Grande, in quanto bene comunale, rientra sotto la tutela del Nucleo Ambientale della Polizia Municipale. Quest'ultima, com'è noto, è affetta da una cronica mancanza di uomini e mezzi, con un organico dimezzato rispetto alle necessità. Di qui le difficoltà, a cascata, dei volontari della Protezione Civile, destinati per legge anche alla lotta agli incendi e fruitori dell'apposito bando regionale destinato ad associazioni o gruppi comunali, stando però vincolati al Nucleo Ambientale, che effettua le operazioni di monitoraggio e interventi di primo spegnimento in una situazione di scarsità di strumenti indispensabili per svolgerlo al meglio. Tanto per fare un esempio, un volontario della Protezione Civile non può guidare una jeep facente parte del parco macchine della Polizia Municipale.
Ai volontari della Prociv si aggiungono gli operai comunali, una trentina circa, che però – anomalia tutta nostrana - sono adibiti unicamente alla sorveglianza del bosco dall'alto delle vedette, ogni anno protagonisti di un braccio di ferro con l'amministrazione, che l'anno scorso (sindaco Divella) optò per la contestata esternalizzazione del servizio; anche quest'anno, con bando apposito, la giunta Valente ha determinato di affidare il servizio di vigilanza antincendio per un importo complessivo di 78.000 euro. Ma una volta avvistate, le fiamme vanno affrontate. E questo compito spetta anche ai (pochi) operai della Regione, pure loro sprovvisti dei mezzi necessari, con molte voci che lamentano lo scippo della caserma dei Vigili del Fuoco, solo uno dei tanti subiti dai vicini-rivali altamurani. E mentre la burocrazia decide a chi dare la colpa dell'ennesimo immane rogo, in mancanza di presìdi fissi, telecamere di sorveglianza, opere di pulizia sistematica e un piano di lavori silvo-colturali il bosco Difesa Grande se ne va in fumo, insieme alle speranze di un miglior trattamento del polmone verde gravinese.
Mentre scriviamo, è ancora acre il fumo dell'incendio che ha divorato Difesa Grande, il bosco di Gravina, la più grande superficie verde naturale della provincia di Bari. Le fiamme non sono ancora un ricordo e c'è chi ipotizza addirittura che sia stato bruciato quasi un quarto, se non più, dell'intero patrimonio boschivo di Difesa Grande. Un record drammatico che da solo arriverebbe a eguagliare una superficie pari a quella andata perduta nell'arco
degli ultimi dieci anni (la palma di estate più nera, finora, era andata a quella del 2007). Il bilancio è drammatico.
All'indomani dell'incendio al bosco di Gravina, il bilancio è drammatico. "Sicuramente, si doveva e si poteva fare di più per evitare che ciò accadesse", dicono il coordinamento cittadino di Idv ed il segretario provinciale dei dipietristi, Giacinto Forte. "La negligenza maggiore - accusano - è da ricercare nel non aver saputo comprendere la gravità e le dimensioni del rogo e nel non aver convocato subito l'unità di crisi da subito. L'assessore Amati avrebbe dovuto comprendere subito la gravità dell'incendio e attivare immediatamente le necessarie sinergie. Purtroppo, questo territorio non è investito da nessuna tutela, non rientrando nè nel parco dell'alta Murgia e nè in quello delle Gravine. Si accertino ora le cause, si individuino i responsabili, si intensifichino i controlli, rendendo più efficaci i meccanismi di prevenzione: non possono bastare i 70.000 euro messi a disposizione, con un gesto encomiabile, dal presidente del parco dell'alta Murgia".
Ma cosa, sostanzialmente, dovrebbe e potrebbe essere fatto sotto il profilo della prevenzione? Cosa non funziona nella macchina che dovrebbe reprimere, e soprattutto prevenire gli incendi?
Il problema fondamentale, molto probabilmente, va individuato nel groviglio di responsabilità e competenze tra enti locali e forze di polizia, che, come spesso accade in Italia, anziché rendere più efficienti le operazioni rischia di complicare ulteriormente il tutto. A questo si aggiunge il fatto che prima di arrivare alle emergenze estive, occorrerebbe un lavoro di prevenzione che a Gravina, evidentemente, non viene svolto come si dovrebbe. Una legge regionale, per dirne una, impone la creazione di spazi spartifuoco, della lunghezza di 15 metri, tra i campi coltivati e il bosco, proprio per evitare il propagarsi delle fiamme a partire dalle stoppie bruciate dagli agricoltori. Questa norma viene rispettata o è solo un fastidioso cavillo da eludere appena si può?
Poi: mentre il locale Corpo Forestale dello Stato concentra le sue attenzioni al Parco dell'Alta Murgia, il bosco Difesa Grande, in quanto bene comunale, rientra sotto la tutela del Nucleo Ambientale della Polizia Municipale. Quest'ultima, com'è noto, è affetta da una cronica mancanza di uomini e mezzi, con un organico dimezzato rispetto alle necessità. Di qui le difficoltà, a cascata, dei volontari della Protezione Civile, destinati per legge anche alla lotta agli incendi e fruitori dell'apposito bando regionale destinato ad associazioni o gruppi comunali, stando però vincolati al Nucleo Ambientale, che effettua le operazioni di monitoraggio e interventi di primo spegnimento in una situazione di scarsità di strumenti indispensabili per svolgerlo al meglio. Tanto per fare un esempio, un volontario della Protezione Civile non può guidare una jeep facente parte del parco macchine della Polizia Municipale.
Ai volontari della Prociv si aggiungono gli operai comunali, una trentina circa, che però – anomalia tutta nostrana - sono adibiti unicamente alla sorveglianza del bosco dall'alto delle vedette, ogni anno protagonisti di un braccio di ferro con l'amministrazione, che l'anno scorso (sindaco Divella) optò per la contestata esternalizzazione del servizio; anche quest'anno, con bando apposito, la giunta Valente ha determinato di affidare il servizio di vigilanza antincendio per un importo complessivo di 78.000 euro. Ma una volta avvistate, le fiamme vanno affrontate. E questo compito spetta anche ai (pochi) operai della Regione, pure loro sprovvisti dei mezzi necessari, con molte voci che lamentano lo scippo della caserma dei Vigili del Fuoco, solo uno dei tanti subiti dai vicini-rivali altamurani. E mentre la burocrazia decide a chi dare la colpa dell'ennesimo immane rogo, in mancanza di presìdi fissi, telecamere di sorveglianza, opere di pulizia sistematica e un piano di lavori silvo-colturali il bosco Difesa Grande se ne va in fumo, insieme alle speranze di un miglior trattamento del polmone verde gravinese.