Ritorno alle origini

Storie di gravinesi che hanno scelto Gravina. Segno di un'emigrazione al contrario.

mercoledì 19 giugno 2013 11.20
A cura di Annalisa Colavito
Realizzarsi professionalmente è un obbligo, andare a vivere fuori dal proprio paese d'origine no.

Ci sono i gravinesi che emigrano per cercare lavoro o fortuna, o semplicemente perchè fuori si sta meglio. Ma c'è pure chi decide di ritornare nella città natìa dopo aver vissuto per un qualche tempo lontano da essa. Una sorta di emigrazione al contrario, che affonda le sue radici nei perchè più disparati. Nelle metropoli l'offerta lavorativa è variegata, la mentalità più aperta, talvolta più interessante; ma la componente affettiva è ciò che spesso viene meno. Il modo di essere provinciale è affettuosamente bizzarro, ed è quello che emerge anche dalle dichiarazioni di alcuni gravinesi tornati a casa.

Egidio Graziadei, 39 anni, titolare di un negozio di alimentari; Alessandro Mascellaro, 35 anni, titolare di una pasticceria; Marina Ventola, 33 anni (nella foto, ndr), studentessa e Antonio Cucco, 31 anni, international business development, sono i compagni di un viaggio tra gli emigranti tornati, pure volentieri, nella loro Gravina. I primi due dopo un entusiasmante soggiorno americano, nel Connecticut, hanno deciso di tornare, per ragioni burocratiche nel primo caso; per ragioni affettive, nel secondo. Marina Ventola ha vissuto a Pordenone, Matera e Milano e nell'intervista dice: "Qui a Gravina la qualità della vita è migliore. A Milano mi chiamavano di sera per farmi sapere se avrei lavorato all'indomani. La metropolitana è il posto più triste in assoluto, facevo tutto per rispettare il senso del dovere, ma ho deciso di anteporre gli affetti, la vita sociale". E' similare la risposta di Alessandro Mascellaro, che dopo essersi sposato in America, ha venduto casa e lasciato perdere la carriera per sentirsi vicino alla famiglia e condividere con suo fratello l'apertura della pasticceria e l'esperienza col dolciario. "Vorremmo organizzare a Gravina una fiera dedicata unicamente a questo, Gravina è piena di talenti, ho trovato molta gente interessante. Aspettiamo di sapere se il comune ci appoggerà".

Si mostra un po' meno fiducioso verso le nuove generazioni Egidio Graziadei: "Troppa maleducazione a Gravina. Stamford è una città molto più grande, ma pulitissima. Mi interessa la mentalità americana, ma qui ho famiglia, una bimba e un'altra in arrivo, rimane il sogno di ripartire, ma sarà difficile". In ultimo, Antonio Cucco dice di essere tornato alle origini per sfida e qualità della vita. "Da sempre credo che le radici siano importanti. La mia esperienza di vita mi ha portato a conoscere tanta gente. Ho sempre visto nella maggior parte di tutti loro ed attraverso i loro occhi senso di mancanza verso qualcosa. Attualmente il mio lavoro mi offre la possibilità di viaggiare, trascorro molto tempo fuori Gravina, ma vi faccio ritorno ogni weekend".

Il problema della socializzazione appare centrale, nello svolgimento della vita cittadina. Ventola sottolinea: "Quando eravamo piccoli uscivamo a San Domenico, ora di sera in giro non c'è nessuno". Graziadei aggiunge: "I ragazzi li vedo troppo concentrati coi tablet, usano molto il web, che è positivo per scopi lavorativi, non per altro". Mascellaro accusa la ristrettezza mentale della piccola cittadina: "La città è un pochettino migliorata, ma la qualità della gente no. Il nostro essere socievoli, nel conoscere gli altri, spesso ci rende pettegoli. Rimane il sogno di ripartire, con mia moglie, mio fratello invece è molto legato al territorio". Cucco precisa: "C'è molto da fare per cambiare la mentalità generale che ha grandi criticità. Ma credo con fermezza che tutto dipenda da noi".

Migliorare si può, basta crederci.
Gravinesi tornati in patria
Gravinesi tornati in patria
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