Scavi a Botromagno, Gravina torna a sognare: che sia la volta buona?

Una speranza che si riaccende ogni volta che si apre una campagna di scavo

giovedì 19 novembre 2020 9.19
A cura di Roberto Varvara
Ogni volta che si scava a Botromagno si riaccende la speranza di poter vedere finalmente fruibile il parco archeologico che si estende su di un'area -a detta dei ben informati- tra le più grandi d'Italia, con i sui 400 ettari.

Ogni volta che si inizia a scavare sulla collina di Botromagno una processione di studiosi, ma anche curiosi e appassionati, si reca sul posto per condividere questa emozionate esperienza. Ogni volta si riaccende l'entusiasmo e si spera, anche perché ci sono generazioni di gravinesi crescite con il mito del Parco Archeologico. Ogni volta che riparte una campagna di scavo, si riapre una ferita per la nostra città: una piaga che ci portiamo dietro da diversi anni ormai, il cruccio di non riuscire a far godere dei nostri immensi tesori, e la disillusione che anche questa volta si tratti di un fuoco di paglia.

Una ferita che il tempo non è riuscito a cancellare, per un dolore che chiede vendetta: la vendetta di chi, in quel parco, ci ha sempre creduto e che continua, nonostante tutto, a pensare che un giorno, non molto lontano, quel parco archeologico finalmente potrà riaffiorare alla luce del sole, mostrandosi in tutto il suo splendore. Sempre che in quel parco ci rimanga qualcosa, visto che i predatori di tesori archeologici sulla nostra collina non sono mai mancati, e neppure in questi ultimi anni hanno cessato la loro proficua attività.

Ecco allora che questa nuova campagna per rischio archeologico finanziata dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Puglia ed eseguita dall'Officina Artigiana Ausonia srl viene salutata con estrema benevolenza da parte di tutti, o quasi. Al netto delle polemiche innescati dai soliti fomentatori, che a ragione o a torto, cercano i responsabili della mancata fruizione dell'area, non si può non concordare che questa operazione di scavo archeologico ha il merito di strappare dalle mani dei cosiddetti "Tombaroli" e dal mercato dei reperti archeologici un patrimonio che appartiene a tutta la comunità.

Lavori alla ricerca di ricchezze artistica, ma soprattutto una operazione di grande valore scientifico da consegnare all'umanità. Ebbene la speranza è che questa sia la volta buona. L'augurio alla città di Gravina è che questa iniziativa possa fungere da apripista: l'auspicio è che questi scavi possano essere solo i primi di una serie di attività che portino finalmente il parco archeologico di Botromagno a vedere la luce ed a diventare quello che, negli anni addietro, alcuni sognatori ed utopisti avevano visto come una rivincita della storia sul tempo: rivalsa di una intera comunità spesso vilipesa, con la voglia di tornare agli antichi splendori di un epoca passata.

E per altri, invece, panacea di tutti i mali e salvifica soluzione per il sistema economico del territorio: il faro illuminante dell'economia locale, attrazione e al tempo stesso motore trainante delle attività turistiche della città. Un sogno ed una speranza che i gravinesi continuano a coltivare.