Scuola Epitaffio: il comune propone appello
“Riforma della sentenza per un risarcimento del danno che appare esorbitante”. Ricorso al secondo grado di giudizio già preannunciato da Remo Barbi
mercoledì 18 luglio 2012
13.00
Pausa estiva. Chiusi i cancelli della scuola Epitaffio. Resta, invece, ancora aperto il contenzioso tra comune di Gravina e proprietari dei suoli su cui è stato edificato l'istituto scolastico.
Era prevedibile che le aule giudiziarie avrebbero ancora sentito parlare di quella scuola. E così sarà, non fosse altro per via del sistema giudiziario italiano estremamente garantista (tre gradi di giudizio, senza grossi "filtri" di accesso).
Il comune di Gravina ha proposto, infatti, appello avverso la sentenza dello scorso 25 maggio. In quella decisione, il Tribunale di Bari, oltre ad affermare che "l'indennizzo assicurato all'espropriato, se non deve restituire una integrale riparazione per la perdita subita, non può essere fissata in misura irrisoria, ma deve rappresentare un serio ristoro, rapportato al valore bene", condannava il comune di Gravina al pagamento di circa 3 milioni di euro come risarcimento danni ai proprietari dei suoli.
Del resto un secondo grado di giudizio lo aveva preannunciato lo stesso Remo Barbi, in una nota inviata alla redazione all'indomani della pronuncia del giudice di prime cure: "Oggi siamo alla sentenza di primo grado e come l'esperienza insegna e, soprattutto sulla base delle argomentazioni del legale del Comune, occorre senz'altro aspettare l'appello e se necessario la Cassazione prima di suonare le trombe."
L'appello verterà sulla richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, "sussistendone gravi e fondati motivi" e sulla richiesta di riforma della sentenza "in relazione alla quantificazione del risarcimento del danno che appare assolutamente esorbitante".
Ancora una volta verranno riesaminate le "scartoffie" relative ad un processo senza fine, cominciato nel 1992 quando l'amministrazione individuava un'area di 7978 metri quadri appartenenti per la maggior parte alle famiglie Preite e Capone e approvava il progetto per la costruzione di una scuola elementare, disponendo l'avvio del procedimento per l'espropriazione dei suoli.
Da quel momento in poi la richiesta dei proprietari, che portavano il palazzo di città tutto gravinese, nelle aule dei tribunali: dichiarare inefficace il decreto di esproprio, lamentando che lo stesso fosse stato emesso oltre il termine fissato per il compimento della procedura espropriativa (iniziata il 03 luglio 1992 e scaduto il 03 luglio 1997).
Era prevedibile che le aule giudiziarie avrebbero ancora sentito parlare di quella scuola. E così sarà, non fosse altro per via del sistema giudiziario italiano estremamente garantista (tre gradi di giudizio, senza grossi "filtri" di accesso).
Il comune di Gravina ha proposto, infatti, appello avverso la sentenza dello scorso 25 maggio. In quella decisione, il Tribunale di Bari, oltre ad affermare che "l'indennizzo assicurato all'espropriato, se non deve restituire una integrale riparazione per la perdita subita, non può essere fissata in misura irrisoria, ma deve rappresentare un serio ristoro, rapportato al valore bene", condannava il comune di Gravina al pagamento di circa 3 milioni di euro come risarcimento danni ai proprietari dei suoli.
Del resto un secondo grado di giudizio lo aveva preannunciato lo stesso Remo Barbi, in una nota inviata alla redazione all'indomani della pronuncia del giudice di prime cure: "Oggi siamo alla sentenza di primo grado e come l'esperienza insegna e, soprattutto sulla base delle argomentazioni del legale del Comune, occorre senz'altro aspettare l'appello e se necessario la Cassazione prima di suonare le trombe."
L'appello verterà sulla richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, "sussistendone gravi e fondati motivi" e sulla richiesta di riforma della sentenza "in relazione alla quantificazione del risarcimento del danno che appare assolutamente esorbitante".
Ancora una volta verranno riesaminate le "scartoffie" relative ad un processo senza fine, cominciato nel 1992 quando l'amministrazione individuava un'area di 7978 metri quadri appartenenti per la maggior parte alle famiglie Preite e Capone e approvava il progetto per la costruzione di una scuola elementare, disponendo l'avvio del procedimento per l'espropriazione dei suoli.
Da quel momento in poi la richiesta dei proprietari, che portavano il palazzo di città tutto gravinese, nelle aule dei tribunali: dichiarare inefficace il decreto di esproprio, lamentando che lo stesso fosse stato emesso oltre il termine fissato per il compimento della procedura espropriativa (iniziata il 03 luglio 1992 e scaduto il 03 luglio 1997).