Si può fare a meno della politica?
Una riflessione di Michele Gismundo dell’UPC. "La responsabilità è di tutti se le cose non funzionano"
giovedì 21 ottobre 2010
Riteniamo che ogni momento trascorso soffermandosi a ragionare sul ruolo e sulle funzioni della politica non sia tempo assolutamente sprecato. Calzante è a questo proposito la riflessione prodotta e divulgata dal prof. Michele Gismundo (responsabile organizzativo dell'Unione Popolare Cristiana di Gravina) sui compiti del politico e del mondo politico, soprattutto quando il ragionamento è rapportato a realtà più ristrette come quella locale. L'idea che il cittadino non debba solo lanciare "strali" ai politici, ma seguire più da vicino l'evolversi dei dibattiti e delle questioni cittadine è una considerazione che Gismundo affronta e che necessariamente andrebbe sviluppata. Qui di seguito diamo in forma integrale la riflessione prodotta dal responsabile dell'UPC.
"Quando cresce la sfiducia per la politica, si diffonde l'idea che sia possibile eliminare la politica, che sia possibile sostituire il conflitto con l'armonia, la lotta per il potere con la concordia. L'idea di abolire la politica è antica quanto il mondo. In tutte le epoche storiche in cui la politica è apparsa particolarmente litigiosa e inconcludente gli uomini hanno pensato di poterne fare a meno.
Si immaginava una società governata dai sapienti in cui non ci fosse più posto per le discussioni e gli scontri politici. E' una idea che è tornata più volte nella storia dell'umanità. Anche oggi in Italia e non lo, a tutti i livelli, l'idea di fare a meno della politica è entrata a far parte del senso comune di molti cittadini. Infatti molti pensano che sarebbe meglio affidare il governo degli uomini agli esperti: per esempio affidare ai medici le scelte politiche sulla sanità, agli ingegneri quella sui trasporti, agli economisti quelle sulla moneta. In questo modo scomparirebbero i conflitti perché gli esperti sono in grado di stabilire scientificamente qual è la soluzione migliore per ogni problema. Può sembrare una idea di buon senso quella di affidare il governo degli uomini ai tecnici, cioè alla "tecnocrazia". Purtroppo non funziona. Un ingegnere può decidere come fare una diga e un geologo può dire qual è il luogo più adatto per costruirla. Ma nessuno dei due può dire se la diga è veramente necessaria o se sarebbe meglio spendere quei soldi per costruire una casa per anziani o aumentare il sussidio per i disoccupati. Per far questo è necessario la politica: argomentare e discutere opinioni diverse, prendere decisioni collettive risolvendo i conflitti tra opinioni e interessi divergenti. I politici devono essere assistiti dai tecnici per individuare con competenza le possibili alternative, ma non possono essere completamente sostituiti da loro. E' vero che la politica si presenta spesso – e a tutti i livelli - in forma oscura, sgradevole e litigiosa. Ma non possiamo fare a meno. Possiamo cercare di correggerla e migliorarla, ma dobbiamo accettare di vivere in un mondo di conflitti: non abbiamo alternative. I conflitti possono essere distruttivi quando sono gestiti con prepotenza e mirano all'eliminazione dell'avversario. Ma sono sempre vitali per una società perché attivano le energie degli individui e li obbligano a confrontarsi con i punti di vista degli altri. Una società senza conflitti (e dunque senza politica) sarebbe una società spenta e immobile. Per fare politica o per entrare in politica non ci sono scuole specializzate. Si può cominciare a qualsiasi età, militando in un partito.
Si ha sempre bisogno di gente che si interessa di politica. Pensiamo alla nostra città di Gravina. La diffidenza per la politica si manifesta quando essa viene esclusivamente svolta dai politici di professione. E i cittadini finiscono per pensare che tutti i politici sono corrotti, ladri, assetati di potere. A volte non hanno tutti i torti. Ma non dovrebbero, questi cittadini, mai dimenticare che se le cose vanno così la responsabilità è un po' di tutti".
prof. Michele Gismundo
"Quando cresce la sfiducia per la politica, si diffonde l'idea che sia possibile eliminare la politica, che sia possibile sostituire il conflitto con l'armonia, la lotta per il potere con la concordia. L'idea di abolire la politica è antica quanto il mondo. In tutte le epoche storiche in cui la politica è apparsa particolarmente litigiosa e inconcludente gli uomini hanno pensato di poterne fare a meno.
Si immaginava una società governata dai sapienti in cui non ci fosse più posto per le discussioni e gli scontri politici. E' una idea che è tornata più volte nella storia dell'umanità. Anche oggi in Italia e non lo, a tutti i livelli, l'idea di fare a meno della politica è entrata a far parte del senso comune di molti cittadini. Infatti molti pensano che sarebbe meglio affidare il governo degli uomini agli esperti: per esempio affidare ai medici le scelte politiche sulla sanità, agli ingegneri quella sui trasporti, agli economisti quelle sulla moneta. In questo modo scomparirebbero i conflitti perché gli esperti sono in grado di stabilire scientificamente qual è la soluzione migliore per ogni problema. Può sembrare una idea di buon senso quella di affidare il governo degli uomini ai tecnici, cioè alla "tecnocrazia". Purtroppo non funziona. Un ingegnere può decidere come fare una diga e un geologo può dire qual è il luogo più adatto per costruirla. Ma nessuno dei due può dire se la diga è veramente necessaria o se sarebbe meglio spendere quei soldi per costruire una casa per anziani o aumentare il sussidio per i disoccupati. Per far questo è necessario la politica: argomentare e discutere opinioni diverse, prendere decisioni collettive risolvendo i conflitti tra opinioni e interessi divergenti. I politici devono essere assistiti dai tecnici per individuare con competenza le possibili alternative, ma non possono essere completamente sostituiti da loro. E' vero che la politica si presenta spesso – e a tutti i livelli - in forma oscura, sgradevole e litigiosa. Ma non possiamo fare a meno. Possiamo cercare di correggerla e migliorarla, ma dobbiamo accettare di vivere in un mondo di conflitti: non abbiamo alternative. I conflitti possono essere distruttivi quando sono gestiti con prepotenza e mirano all'eliminazione dell'avversario. Ma sono sempre vitali per una società perché attivano le energie degli individui e li obbligano a confrontarsi con i punti di vista degli altri. Una società senza conflitti (e dunque senza politica) sarebbe una società spenta e immobile. Per fare politica o per entrare in politica non ci sono scuole specializzate. Si può cominciare a qualsiasi età, militando in un partito.
Si ha sempre bisogno di gente che si interessa di politica. Pensiamo alla nostra città di Gravina. La diffidenza per la politica si manifesta quando essa viene esclusivamente svolta dai politici di professione. E i cittadini finiscono per pensare che tutti i politici sono corrotti, ladri, assetati di potere. A volte non hanno tutti i torti. Ma non dovrebbero, questi cittadini, mai dimenticare che se le cose vanno così la responsabilità è un po' di tutti".
prof. Michele Gismundo