Una carovana per salvare il mobile imbottito

Aziende e sindacati chiedono l’accordo di programma. L'11 giugno tutti in piazza Prefettura

mercoledì 6 giugno 2012 9.41
L'appuntamento è per lunedì prossimo 11 giugno: una serpentone di macchine, in partenza da Ginosa, passando per la Murgia arrivarà dinanzi alla prefettura di Bari, dove sarà affidato al prefetto un appello rivolto al ministro Passera per l'avvio urgente dell'Accordo di programma per il mobile imbottito, ultima ancora di salvezza per molte imprese del settore che giace dal 2006 presso il Ministero dello sviluppo economico: le Regioni hanno dato il loro assenso e messo a disposizione i fondi ma a Roma sembrano essersene dimenticati.

È questa l'ennesima iniziativa che i tre sindacati Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil, d'intesa col Distretto del Mobile imbottito, Confindustria e Confapi hanno programmato al termine della conferenza stampa congiunta che si è tenuta a Bari e a cui erano invitati anche i sindaci degli 8 comuni che hanno sottoscritto la prima bozza dell'accordo di programma. "Il Governo deve decidere se l'Accordo, necessario per innovare e attrarre investimenti nel settore del mobile imbottito, va avviato o bisogna cambiare pagina" hanno sottolineato i rappresentanti sindacali. D'altronde non è più il tempo di aspettare vista la gravità della situazione e considerando che le difficoltà del settore stanno creando una vera e propria emergenza sociale. Una crisi devastante per uno dei settori trainanti dell'economia nazionale che solo nel 2003 contava il 55% del produzione italiana con un fatturato di 2,2miliardi di euro e che in pochi anni ha bruciato la gran parte delle proprie risorse con 5 mila addetti in cassa integrazione e tante piccole aziende che hanno esposto la bandiera bianca. La crisi interessa in tutto 12 comuni di cui 8 pugliesi e 4 lucani. Oggi sulla murgia barese si contano poco più di 100 aziende con 3500 dipendenti mentre sul fronte lucano le aziende sono 46 con 2000 dipendenti.

L'ultimo campanellino d'allarme di una situazione devastante è suonato poche settimane fa quando il gruppo Natuzzi ha reso noto il bilancio annuale: altri 20 milioni di euro di perdite e un bilancio che scende sotto i 500 milioni, per la prima volta in vent'anni, con il primo quadrimestre del 2012 che non lascia presagire nulla di buono. Pasquale Natuzzi, proprio lui il patron dell'imbottito, da anni chiede l'Accordo di programma così come da anni i suoi dipendenti gli chiedono un piano industriale di rilancio dell'azienda che coinvolga i vari settori, dalla progettazione alla vendita. "Dopo tanti anni di cassa integrazione- si legge in una nota FENEAL UIL - la Natuzzi deve affrontare scelte importanti, iniziando da quella strategica se rimanere un'azienda produttiva italiana rinunciando alla delocalizzazione delle produzioni, accelerando sul versante dell'innovazione, della qualità e dei servizi post vendita valorizzando il vero 'Made in Italy' oppure soccombere alle non regole del mercato globale".
Da ultimo nell'incontro di fine maggio il coordinamento della Feneal Uil del Gruppo Natuzzi, si è dichiarato disponibile a mettere in campo una serie di iniziative finalizzate a salvare le centinaia di posti di lavoro avviando innanzitutto un confronto con l'azienda e con le altre sigle sindacali e ipotizzando anche la possibilità di concordare e contrattare un diverso orario di lavoro che preveda una più ampia rotazione di tutti i lavoratori anche di quelli attualmente a zero ore.

Se la Natuzzi riuscirà a tirarsi fuori da questa crisi forse riusciremo a salvare uno dei fiori all'occhiello del Meda in Italy, altrimenti l'immediato futuro per gli attuali 5000 impiegati del comparto si chiama cassa integrazione. Tutte ipotesi possibili e prevedibili. Per le decisioni concrete a quanto pare c'è ancora tempo. O forse no?