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La città

A che punto è la “pratica” immigrati?

Quei giubbotti catarinfrangenti di cui ciascuno dispone, ma non utilizza…

In quella ondata nazionale di arrivi clandestini, 230 sono giunti a Gravina e tutt'ora permangono nel nostro territorio in attesa di un "permesso".
A Gravina gli immigrati dislocati tra le strutture Benedetto XIII, Villa del Sol, S. Sebastiano, Murgia Village e Nuovi Orizzonti, risultano in standby: tutti in attesa di asilo politico (permesso triennale) o di permesso di soggiorno umanitario (permesso annuale), a seconda delle richieste che ciascuno di loro ha mosso a suo tempo alle autorità.

Sulla scrivania della Commissione barese per il rilascio dei permessi, attraverso un esame della conoscenza della lingua e della provenienza geografica più o meno a "rischio", giacciono numerose richieste di immigrati ormai radicati in territorio gravinese. Altri ancora attendono invece di essere convocati.
La procedura non è semplice, precisa il Capitano Donatiello, "in ogni caso è stato prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 ottobre 2011, fino alla data 31 dicembre 2012 lo stato di emergenza umanitaria in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. Nulla vieta, ha continuato il capitano, che gli immigrati possano regolarmente lavorare anche in attesa del responso delle Commissioni competenti. In un caso questo infatti è accaduto: uno dei primi immigrati tunisini a giungere a Gravina è stato assunto proprio presso la cooperativa S. Sebastiano".

In attesa che il loro destino venga definito, non è nuovo il problema della non visibilità degli immigrati su strada, più volte denunciato dagli automobilisti. A quanto pare tutte le strutture ospiti hanno dotato gli immigrati di giubbotti catarifrangenti, ma troppo spesso sono gli stessi "stranieri" a mettere volontariamente a repentaglio la propria sicurezza non indossando i giubbotti luminosi, "probabilmente perché così facendo si sentirebbero diversi", ipotizza il capitano Donatiello.
Contattato il signor Dinicolamaria, gestore della struttura Benedetto XIII, ad una situazione colposa da addebitare ai soli immigrati, dotati addirittura di giubbotti tascabili, da poter insomma riporre comodamente in tasca una volta giunti in Paese, ha aggiunto dell'altro: "pochi mesi fa dinanzi all'allora amministrazione Divella abbiamo protocollato la richiesta di edificare un marciapiede sulla strada verso il seminario Benedetto XIII, una strada tra le più pericolose percorse a piedi dagli immigrati, diventata strada comunale. Ma la richiesta non ha avuto alcun seguito. Forse l'ultima spiaggia sarebbe convocare la polizia municipale per una lezione di sicurezza stradale, anche se abbiamo più volte provato noi a spiegare l'utilità dei giubbotti catarinfrangenti, senza alcun esito", ha concluso il signor Dinicolamaria.

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