Convegni
A Gravina, rilevate tracce evidenti della Via appia
Elementi probanti emersi in un convegno svoltosi a Roma sulla Regina Viarum
Gravina - mercoledì 11 dicembre 2024
9.07 Comunicato Stampa
Pubblichiamo di seguito una nota stampa di Michele Laddaga, relativa ad un convegno tenutosi presso il Ministero della Cultura a Roma dove sarebbero state comunicate le evidenze del passaggio della via Appia dalla città di Gravina.
"APPIA REGINA VIARUM, grande patrimonio italiano, un esempio di bene complesso", è stato l'argomento trattato in un convegno, organizzato presso il Ministero della Cultura, al quale ho avuto l'onore di partecipare, anche, in conformità alla rassegna "Cultura e Identità territoriale", manifestazione patrocinata dall'amministrazione comunale, in corso di svolgimento.
Nelle due giornate di studio, relatori del calibro di Fausto Zevi, Paolo Rumiz, Simone Quilici, Luigi La Rocca, Angela Maria Ferroni e numerosi altri hanno argomentato su elementi già noti, arricchiti da sorprendenti novità che riguardano la nostra città. Dopo la giornata dedicata agli aspetti generali, nella seconda, sono stati esaminati alcuni aspetti relativi ai singoli tratti di strada, finora, certificati, archeologicamente e topograficamente, che intersecano le QUATTRO REGIONI, attraversate dall'Appia.
Per la Puglia, regione che detiene il tratto più lungo dell'antica via, hanno relazionato: il prof. Luciano Piepoli dell'Università di Bari, le dott.sse Giovanna Cacudi e Caterina Annese, della soprintendenza di Bari e la prof.ssa Giovanna Cera, dell'Università del Salento. Sorpresa nella sorpresa, nella relazione: "Appia regina viarum, Nuove indagini archeologiche tra Gravina in Puglia e Altamura", il cui titolo faceva, già, presagire grosse novità, piacevolmente, soddisfatte dalle relatrici della soprintendenza di Bari.
La dott.ssa Caterina Annese ha annunciato che, per il territorio di Gravina, è stato accertato che, nel Parco di Bruno, presso Santo Staso, sono state rilevate tracce evidenti della via Appia: " vi è un'area del comparto sud-occidentale di Gravina non urbanizzata, sul tratturo n. 71 della Tolve-Gravina, quasi un diverticolo della Melfi- Castellaneta a cui si ricollega subito dopo; un'area rilevante a livello topografico, posta sotto la collina di Botromagno, ai margini del versante ovest della gravina, area sia interna che esterna al Parco dove, nelle indagini geofisiche, avviate nel 2022, sono state individuate una serie di solchi carrai che sembrano svilupparsi dall'area strettamente connessa al Tolve- Gravina e DIRIGERSI verso l'alto, in senso parallelo al percorso della gravina e in direzione Nordest o nordovest e, quindi, o verso Botromagno o verso la città attuale. Nell'area usata, nei secoli, come area di cava molti solchi carrai sono leggibili sui fronti estrattivi e quindi si è trattato di uno studio archeologico e topografico per certificare queste evidenze più o meno puntuali o lineari presenti all'interno del parco. I solchi presenti all'interno del parco di Bruno da un fronte appunto che si affaccia sulla gravina in un'area esterna, invece dall'altro lato della gravina con un risarcimento sul versante ovest che ci permette di ipotizzare come ipotesi di lavoro anche la presenza di un ponte. Utilizzata come cava in una fase precedente all'uso come necropoli fra il 6 e 3 secolo a. C".
I solchi carrai sono parte integrante della Via APPIA! Finalmente! La notizia che attendavamo! Sempre, secondo la dott.ssa Annese, dalla cava, in oggetto, sarebbero stati estratti i blocchi utilizzati per edificare le mura di cinta di Silbion, sulla collina Petramagna e, questa, sarebbe un'ulteriore perla che va ad incastonarsi nel nostro già ricco patrimonio archeologico, trattandosi di una cava ultra-millenaria.
La direttiva nordovest, prospettata dall'archeologa, va ad abbracciare l'intera collina, che, attraversando l'intera area archeologica sottostante alla collina, si ricollega al tratto Dolcecanto-Gravina per, poi, confluire sul tratturo tarantino Melfi-Castellaneta. La prof.ssa Marchi, a noi nota per essere stata incaricata, dall'amministrazione comunale, per il recupero di eventuali evidenze archeologiche dell'Appia, nel suo intervento, ha confermato, essenzialmente, le risultanze espresse dalle rappresentanti della Soprintendenza: "anche verso Gravina grazie ad un intervento voluto dall'amministrazione comunale di quella città stiamo ricostruendo il percorso della strada basandoci su tutte le ipotesi già proposte da Alastar Small. Abbiamo effettuato altre ricognizioni, non abbiamo ancora consegnato le relazioni alla Soprintendenza e al Comune di Gravina ma è molto probabile che questo sia il percorso della via Appia fino a Gravina. Abbiamo costruito un lungo nastro che va da Ponte Santa Venere a Gravina, al quale si collega quello costruito dal prof Piepoli fino a Taranto.
Tutto fatto? Dal punto di vista archeologico il responso sembra abbastanza certo, adesso si attenderà la valutazione UNESCO. Durante il convegno, è stato ribadito che l'annessione della via Appia al patrimonio UNESCO, impone alle comunità locali e regionali, il gravoso compito di adoperarsi per la tutela e la valorizzazione non soltanto della via Appia ma delle aree circostanti. Alcuni relatori hanno suggerito che i comuni e le regioni interessati inizino a dotarsi, quanto prima, di un piano paesaggistico, in vista di una plausibile e auspicata legge-quadro che il governo nazionale non dovrebbe tardare ad emanare per favorire una migliore tutela e valorizzazione dell'ennesimo gioiello UNESCO italiano.
MICHELE LADDAGA
"APPIA REGINA VIARUM, grande patrimonio italiano, un esempio di bene complesso", è stato l'argomento trattato in un convegno, organizzato presso il Ministero della Cultura, al quale ho avuto l'onore di partecipare, anche, in conformità alla rassegna "Cultura e Identità territoriale", manifestazione patrocinata dall'amministrazione comunale, in corso di svolgimento.
Nelle due giornate di studio, relatori del calibro di Fausto Zevi, Paolo Rumiz, Simone Quilici, Luigi La Rocca, Angela Maria Ferroni e numerosi altri hanno argomentato su elementi già noti, arricchiti da sorprendenti novità che riguardano la nostra città. Dopo la giornata dedicata agli aspetti generali, nella seconda, sono stati esaminati alcuni aspetti relativi ai singoli tratti di strada, finora, certificati, archeologicamente e topograficamente, che intersecano le QUATTRO REGIONI, attraversate dall'Appia.
Per la Puglia, regione che detiene il tratto più lungo dell'antica via, hanno relazionato: il prof. Luciano Piepoli dell'Università di Bari, le dott.sse Giovanna Cacudi e Caterina Annese, della soprintendenza di Bari e la prof.ssa Giovanna Cera, dell'Università del Salento. Sorpresa nella sorpresa, nella relazione: "Appia regina viarum, Nuove indagini archeologiche tra Gravina in Puglia e Altamura", il cui titolo faceva, già, presagire grosse novità, piacevolmente, soddisfatte dalle relatrici della soprintendenza di Bari.
La dott.ssa Caterina Annese ha annunciato che, per il territorio di Gravina, è stato accertato che, nel Parco di Bruno, presso Santo Staso, sono state rilevate tracce evidenti della via Appia: " vi è un'area del comparto sud-occidentale di Gravina non urbanizzata, sul tratturo n. 71 della Tolve-Gravina, quasi un diverticolo della Melfi- Castellaneta a cui si ricollega subito dopo; un'area rilevante a livello topografico, posta sotto la collina di Botromagno, ai margini del versante ovest della gravina, area sia interna che esterna al Parco dove, nelle indagini geofisiche, avviate nel 2022, sono state individuate una serie di solchi carrai che sembrano svilupparsi dall'area strettamente connessa al Tolve- Gravina e DIRIGERSI verso l'alto, in senso parallelo al percorso della gravina e in direzione Nordest o nordovest e, quindi, o verso Botromagno o verso la città attuale. Nell'area usata, nei secoli, come area di cava molti solchi carrai sono leggibili sui fronti estrattivi e quindi si è trattato di uno studio archeologico e topografico per certificare queste evidenze più o meno puntuali o lineari presenti all'interno del parco. I solchi presenti all'interno del parco di Bruno da un fronte appunto che si affaccia sulla gravina in un'area esterna, invece dall'altro lato della gravina con un risarcimento sul versante ovest che ci permette di ipotizzare come ipotesi di lavoro anche la presenza di un ponte. Utilizzata come cava in una fase precedente all'uso come necropoli fra il 6 e 3 secolo a. C".
I solchi carrai sono parte integrante della Via APPIA! Finalmente! La notizia che attendavamo! Sempre, secondo la dott.ssa Annese, dalla cava, in oggetto, sarebbero stati estratti i blocchi utilizzati per edificare le mura di cinta di Silbion, sulla collina Petramagna e, questa, sarebbe un'ulteriore perla che va ad incastonarsi nel nostro già ricco patrimonio archeologico, trattandosi di una cava ultra-millenaria.
La direttiva nordovest, prospettata dall'archeologa, va ad abbracciare l'intera collina, che, attraversando l'intera area archeologica sottostante alla collina, si ricollega al tratto Dolcecanto-Gravina per, poi, confluire sul tratturo tarantino Melfi-Castellaneta. La prof.ssa Marchi, a noi nota per essere stata incaricata, dall'amministrazione comunale, per il recupero di eventuali evidenze archeologiche dell'Appia, nel suo intervento, ha confermato, essenzialmente, le risultanze espresse dalle rappresentanti della Soprintendenza: "anche verso Gravina grazie ad un intervento voluto dall'amministrazione comunale di quella città stiamo ricostruendo il percorso della strada basandoci su tutte le ipotesi già proposte da Alastar Small. Abbiamo effettuato altre ricognizioni, non abbiamo ancora consegnato le relazioni alla Soprintendenza e al Comune di Gravina ma è molto probabile che questo sia il percorso della via Appia fino a Gravina. Abbiamo costruito un lungo nastro che va da Ponte Santa Venere a Gravina, al quale si collega quello costruito dal prof Piepoli fino a Taranto.
Tutto fatto? Dal punto di vista archeologico il responso sembra abbastanza certo, adesso si attenderà la valutazione UNESCO. Durante il convegno, è stato ribadito che l'annessione della via Appia al patrimonio UNESCO, impone alle comunità locali e regionali, il gravoso compito di adoperarsi per la tutela e la valorizzazione non soltanto della via Appia ma delle aree circostanti. Alcuni relatori hanno suggerito che i comuni e le regioni interessati inizino a dotarsi, quanto prima, di un piano paesaggistico, in vista di una plausibile e auspicata legge-quadro che il governo nazionale non dovrebbe tardare ad emanare per favorire una migliore tutela e valorizzazione dell'ennesimo gioiello UNESCO italiano.
MICHELE LADDAGA