Eventi
Al Vida, la Compagnia "Volti dal Kaos" porta in scena la "follia"
Una trama brillante che lascia al pubblico un'amara riflessione
Gravina - lunedì 10 ottobre 2016
12.00
Apre i battenti con successo l'8^ edizione della rassegna teatrale "Amattori...insieme" del Teatro Vida, con la Compagnia "Volti dal Kaos" che porta in scena "La 25^ ora. Il palcoscenico della follia". Il tema centrale dello spettacolo è la condizione del pazzo, imprigionato nel manicomio, "un insaziabile cimitero di vivi", da una meschina società che ignora i pensieri, i sentimenti, i diritti di chi vede solamente come un "malato mentale".
Una trama brillante che fonde la tragedia greca "Aiace" di Sofocle – in cui l'eroe acheo, in preda alla follia per non aver ricevuto le armi del defunto Achille, donate invece all'astuto Odisseo, prima massacra i buoi e i montoni degli Achei e successivamente si suicida con la spada del troiano Ettore per riscattare il proprio onore – e il "Re Lear" di Shakespeare – tradito dalle due figlie alle quali aveva lasciato i suoi averi e diventato pazzo per essersi reso conto di aver cacciato l'unica figlia che davvero lo amava, alla quale aveva negato il patrimonio per non aver speso parole d'amore nei suoi confronti – contestualizzando il tema della follia in un manicomio a ventiquattrore prima della sua chiusura, dovuta alla legge Basaglia del 1978. Allora in Italia, infatti, il disturbo mentale non era ancora oggetto di studio nella sua complessità e la mentalità comune disprezzava ed emarginava chi non dimostrava segni di lucidità. Fu uno psichiatra veneto, Franco Basaglia, ad aprire le porte del manicomio liberando i "prigionieri" e portando all'attenzione della massa una nuova concezione di pazzia, secondo cui il malato non ha bisogno di un letto di ospedale, di camicie di forza, di sedativi, bensì di amore.
Finzione e realtà così si intrecciano sul palcoscenico nei quattro matti protagonisti, che offrono esperienze di vita differenti legate da un unico destino infelice, che nel finale lasciano allo spettatore un'amara riflessione: la chiusura dei manicomi non ha comportato un miglioramento della qualità della vita del malato mentale; al contrario il pazzo continua ad essere invisibile agli occhi di una società cieca, che soffoca il grido di dolore di chi chiede soltanto un po' di affetto e comprensione.
Oggi, è cambiato qualcosa o sono ancora invisibili?
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Una trama brillante che fonde la tragedia greca "Aiace" di Sofocle – in cui l'eroe acheo, in preda alla follia per non aver ricevuto le armi del defunto Achille, donate invece all'astuto Odisseo, prima massacra i buoi e i montoni degli Achei e successivamente si suicida con la spada del troiano Ettore per riscattare il proprio onore – e il "Re Lear" di Shakespeare – tradito dalle due figlie alle quali aveva lasciato i suoi averi e diventato pazzo per essersi reso conto di aver cacciato l'unica figlia che davvero lo amava, alla quale aveva negato il patrimonio per non aver speso parole d'amore nei suoi confronti – contestualizzando il tema della follia in un manicomio a ventiquattrore prima della sua chiusura, dovuta alla legge Basaglia del 1978. Allora in Italia, infatti, il disturbo mentale non era ancora oggetto di studio nella sua complessità e la mentalità comune disprezzava ed emarginava chi non dimostrava segni di lucidità. Fu uno psichiatra veneto, Franco Basaglia, ad aprire le porte del manicomio liberando i "prigionieri" e portando all'attenzione della massa una nuova concezione di pazzia, secondo cui il malato non ha bisogno di un letto di ospedale, di camicie di forza, di sedativi, bensì di amore.
Finzione e realtà così si intrecciano sul palcoscenico nei quattro matti protagonisti, che offrono esperienze di vita differenti legate da un unico destino infelice, che nel finale lasciano allo spettatore un'amara riflessione: la chiusura dei manicomi non ha comportato un miglioramento della qualità della vita del malato mentale; al contrario il pazzo continua ad essere invisibile agli occhi di una società cieca, che soffoca il grido di dolore di chi chiede soltanto un po' di affetto e comprensione.
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