Voto di scambio
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Politica

Amministrative 2012: no alla compravendita dei voti

Giovani politici si mobilitano in difesa del voto libero. E Facebook diventa cassa di risonanza

Ancora 15 giorni. O forse, se si andrà al ballottaggio, ci toccherà aspettare ancora un mese prima di archiviare le Amministrative di maggio e sapere quale sindaco e quale coalizione guideranno le sorti di questa città. Poche settimane e ci ritroveremo a commentare il risultato elettorale e a cercare di capire quali saranno le conseguenze di questa o quella vittoria. Ciò che però sfugge puntualmente ad ogni tornata elettorale anche al più attento osservatore è l'analisi dei voti su cui si costruiscono le vittorie.
L'utilizzo distorto che la maggioranza degli elettori italiani è ormai abituata a fare del proprio diritto di voto è infatti uno dei motivi principali che rende la democrazia italiana una democrazia incompiuta con governi che ufficialmente nessuno vota. E anche sulle elezioni amministrative non di rado aleggiano ombre poco rassicuranti. Nessuno ha la presunzione di scrivere uno scoop, affermando che le elezioni in Italia, e soprattutto al Sud, sono storico ostaggio del voto di scambio.

La compravendita dei voti non è soltanto un reato disciplinato dall'articolo 416 del codice penale ma esiste un altro tipo di voto di scambio, molto più comune e diffuso del primo: quello legale. Un fenomeno molto più sfumato, dilaniante e pericoloso perché è difficilmente identificabile e quasi impossibile da perseguire. È l'attimo in cui il cittadino medio rinuncia alla suo unico momento di amministrazione di potere, mette da parte idee e ideologie e svende il suo diritto di cittadinanza innescando un meccanismo perverso che inquina costantemente l'esito delle consultazioni elettorali. Il lavoro precario è così diventato la "moneta" migliore per comprare voti e vincere elezioni: un ciclo che dura da anni, e non sembra, non può, conoscere crisi. Stipendi precari, a tempo, con contratti che spesso scadono poco prima delle elezioni, giusto in tempo per battere un'altra volta cassa in cambio di un nuovo contratto. Sempre a tempo, sempre precario: altro giro, altra corsa. Chi si ribella è fuori. Un'opzione difficile da scegliere quando si hanno più di trent'anni e una carriera decennale da precario. O quando si hanno dei figli da mandare a scuola, un mutuo da onorare e l'anziano genitore da curare.

Una piaga a cui i politici o aspiranti tali, è giusto sottolinearlo, non restano indifferenti da qualsiasi punto di vista si voglia vedere la vicenda. Così mentre si consumano le battute finali di questa campagna elettorale sulla rete si moltiplicano le iniziative contro la compravendita di voti. "Non vendere il tuo voto per non svendere la tua dignità" è uno degli slogan che tanti giovani politici stanno condividendo su facebook nella speranza di sensibilizzare gli elettori ad esprimere un voto consapevole e soprattutto libero.
"Non vendere il tuo voto perché i soldi che accetti non cambiano la tua vita; non vendere il tuo voto per non vendere un pezzo della tua città. Non vendere il tuo voto perché questa città non ha bisogno affaristi e speculatori".

Parole forti e accuse pesanti che dovrebbero far riflettere gli elettori soprattutto se è vero che dopo 65 anni di "libere" elezioni, chi cerca voti capisce dall' inizio qual è il prezzo potenziale dell'elettore che ha di fronte. E si muove di conseguenza. Purtroppo.
Non ci resta che aspettare e sperare che una volta nell'urna l'elettore sappia ben scegliere tra dignità e rassegnazione : "Non vendere il tuo voto perché ho la convinzione e la certezza che, se noi cittadini - concludono gli ideatori della campagna contro il voto di scambio- incominciassimo ad esercitare con coscienza e dignità il nostro Diritto di voto, molti dei nostri problemi riusciranno a trovare una soluzione"
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