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Politica

Campagna elettorale: un affare da pochi spiccioli?

Per un posto in consiglio bastano meno di 200 euro. Solo una manciata di consiglieri ha presentato il rendiconto.

Quanto costa una campagna elettorale? Poco. Pochissimo. Praticamente niente. Almeno a Gravina.

Nella città del grano e del vino la politica sembra non avere costi: per conquistare un posto in consiglio comunale bastano un pugno di euro. Per la poltrona più ambita, quella di primo cittadino, basta qualcosa in più. E le vele pubblicitarie, i grafici, i volantini, i concerti, gli strilloni, i manifesti, gli opuscoli, qualche cena qua e là, chi li paga? Probabilmente gli amici, i sostenitori, i volontari. Di certo, non i candidati.

Questo quel che si evince dalle dichiarazioni depositate, da fine maggio ad oggi, presso gli uffici della presidenza del consiglio comunale. In base al regolamento municipale, "nel rispetto del principio della trasparenza amministrativa e in attuazione del diritto degli elettori di controllare l'operato degli eletti, i componenti del consiglio sono tenuti a rendere pubbliche le spese sostenute per la campagna elettorale e le eventuali obbligazione assunte, ovvero l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi messi a disposizione dalla formazione politica di cui hanno fatto parte". Il rendiconto va presentato "entro 30 giorni dall'insediamento del consiglio comunale", ma la previsione, sebbene definita come preciso obbligo, viene tranquillamente ignorata, anche perchè sprovvista di sanzioni: al massimo, in caso di inadempimento, può scattare una diffida da parte della presidenza del consiglio. Nulla più.

Così, in quasi sei mesi di consiliatura, albo pretorio alla mano, si contano sulle dita di una mano quelli che hanno rispettato, sia pur tardivamente, il regolamento dell'assemblea consiliare. E tutti hanno presentato riepiloghi francescani. Si prendano ad esempio, perchè più recenti quanto alla data di deposito, quelli di Giovanni Depascale, dei Democratici riformisti, e di Giuseppe Cataldi e Paolo Calculli, entrambi del Pd: nessuno attesta d'essersi avvalso di materiali e mezzi messi a disposizione dalla formazione politica di appartenenza. Se ne deduce che ciascuno abbia provveduto da sè alle spese elettorali. S'apprende così che per la sua campagna elettorale Calculli ha impegnato 416 euro, Depascale 312 euro, Cataldi appena 156 euro. Più consistenti ma comunque contenute le somme messe a bilancio dal sindaco Alesio Valente, che con circa 14.000 euro ha guadagnato lo scranno più alto.

Vi sarebbe poi, ricorda ancora il regolamento comunale, l'obbligo, per consiglieri ed assessori, di rendere pubblica "la propria situazione patrimoniale al momento dell'elezione e durante lo svolgimento del mandato, mediante il deposito presso la segreteria di dichiarazioni periodiche circa diritti reali su beni immobili, su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società e le quote di partecipazione in società". E ciò "entro 30 giorni dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti Irpef". Ma anche in questo caso, l'albo pretorio del Municipio non restituisce che una sola dichiarazione, relativa ad un consigliere dell'Udc. E guai a chiedere lumi agli uffici municipali per saperne di più su ciò che manca: Tizio risponde, ma gira la chiamata a Caio che però fa sapere essere la risposta di competenza di Sempronio, o forse di Mevio: lo deciderà Filano dopo essersi consultata con Calpurnio. Insomma, peggio che andar di notte.

Resta lo scoop: a Gravina, per entrare in consiglio comunale, basta una campagna elettorale da 500 euro ed anche meno.
  • Alesio Valente
  • Giovanni Depascale
  • Paolo Calculli
  • Giuseppe Cataldi
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