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La città
Cani Randagi, Verna vuole vederci chiaro
Il consigliere di UnaBellaStoria richiama l’amministrazione alle proprie responsabilità
Gravina - domenica 6 aprile 2025
10.01
Dopo l'appello lanciato dalla Enpa di Gravina per avere supporto nella gestione dei cani randagi, il consigliere Verna ha deciso di inviare una interpellanza all'amministrazione comunale, richiamandola alle proprie responsabilità in materia. Ecco cosa scrive il consigliere comunale di UnaBellaStoria.
Qualche giorno fa, la Sezione Enpa di Gravina ha lanciato un appello, domandando cibo per i cani randagi, ospitati presso il canile: appello condiviso anche dall'Ente Comunale.
Lodevoli sono le intenzioni di coloro che – con sacrificio e generosità – si adoperano per il benessere degli animali.
Bisogna, però, ricordare come la responsabilità giuridica nei confronti dei cani randagi ricada esclusivamente in capo al Comune e come la stessa non possa essere delegata a soggetti privati. L'articolo 4 della Legge Regionale n. 2 del 7 febbraio 2020 recita testualmente:
"Ai comuni, singoli o associati, competono:
a) dotarsi dei canili sanitari e dei canili rifugio;
b) la gestione dei canili sanitari e dei rifugi;
c) la vigilanza sul rispetto delle leggi e dei regolamenti relativi alla tutela e al benessere degli animali presenti sul proprio territorio, anche se detenuti dai privati, predisponendo le necessarie azioni amministrative, attraverso l'ausilio della polizia locale o guardie zoofile riconosciute con decreto prefettizio, e ove necessario, promuovendo l'azione penale.".
Considerato tanto, bisogna domandarsi come sia stato possibile realizzare interventi di ristrutturazione presso il canile sanitario (struttura in cui – ai sensi dell'art. 5 della citata legge – trovano accoglienza i cani recuperati in quanto vaganti e nella quale i cani stazionano per un periodo massimo di sessanta giorni in attesa di restituzione al proprietario, di affidamento o di adozione) senza prima predisporre un tavolo tecnico con la ASL e con gli organi competenti, al fine di garantire un'assistenza continua agli amici a quattro zampe, vaganti all'interno della città.
Solo una visione distante dalla realtà, miope a tal punto da ignorare la completa saturazione del canile rifugio, poteva delegare a terzi l'assunzione di proprie esclusive responsabilità. Con la conseguenza di dover normalizzare una situazione, in virtù della quale i cani randagi sarebbero in qualche modo condannati a vivere per strada, sfamati grazie all'intervento e al buon cuore dei volontari, esposti costantemente ai rischi della mobilità.
Ed allora, nella mia qualità di Consigliere Comunale e Capogruppo del Movimento Politico denominato #unabellastoria, domando di conoscere come mai non solo questa amministrazione non abbia mai pensato di individuare ed utilizzare altre strutture, magari per periodi transitori, al fine di ospitare i cani vaganti sul territorio, ma soprattutto perché non abbia dato seguito all'impegno assunto in ordine all'ampliamento (e al miglioramento) dell'attuale canile sanitario e alla realizzazione di un canile rifugio. Resto in attesa di ricevere un riscontro e saluto cordialmente.
Qualche giorno fa, la Sezione Enpa di Gravina ha lanciato un appello, domandando cibo per i cani randagi, ospitati presso il canile: appello condiviso anche dall'Ente Comunale.
Lodevoli sono le intenzioni di coloro che – con sacrificio e generosità – si adoperano per il benessere degli animali.
Bisogna, però, ricordare come la responsabilità giuridica nei confronti dei cani randagi ricada esclusivamente in capo al Comune e come la stessa non possa essere delegata a soggetti privati. L'articolo 4 della Legge Regionale n. 2 del 7 febbraio 2020 recita testualmente:
"Ai comuni, singoli o associati, competono:
a) dotarsi dei canili sanitari e dei canili rifugio;
b) la gestione dei canili sanitari e dei rifugi;
c) la vigilanza sul rispetto delle leggi e dei regolamenti relativi alla tutela e al benessere degli animali presenti sul proprio territorio, anche se detenuti dai privati, predisponendo le necessarie azioni amministrative, attraverso l'ausilio della polizia locale o guardie zoofile riconosciute con decreto prefettizio, e ove necessario, promuovendo l'azione penale.".
Considerato tanto, bisogna domandarsi come sia stato possibile realizzare interventi di ristrutturazione presso il canile sanitario (struttura in cui – ai sensi dell'art. 5 della citata legge – trovano accoglienza i cani recuperati in quanto vaganti e nella quale i cani stazionano per un periodo massimo di sessanta giorni in attesa di restituzione al proprietario, di affidamento o di adozione) senza prima predisporre un tavolo tecnico con la ASL e con gli organi competenti, al fine di garantire un'assistenza continua agli amici a quattro zampe, vaganti all'interno della città.
Solo una visione distante dalla realtà, miope a tal punto da ignorare la completa saturazione del canile rifugio, poteva delegare a terzi l'assunzione di proprie esclusive responsabilità. Con la conseguenza di dover normalizzare una situazione, in virtù della quale i cani randagi sarebbero in qualche modo condannati a vivere per strada, sfamati grazie all'intervento e al buon cuore dei volontari, esposti costantemente ai rischi della mobilità.
Ed allora, nella mia qualità di Consigliere Comunale e Capogruppo del Movimento Politico denominato #unabellastoria, domando di conoscere come mai non solo questa amministrazione non abbia mai pensato di individuare ed utilizzare altre strutture, magari per periodi transitori, al fine di ospitare i cani vaganti sul territorio, ma soprattutto perché non abbia dato seguito all'impegno assunto in ordine all'ampliamento (e al miglioramento) dell'attuale canile sanitario e alla realizzazione di un canile rifugio. Resto in attesa di ricevere un riscontro e saluto cordialmente.