rifiuti abbandonati per strada
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Territorio

Caos Tari, cittadini chiedono lumi

Le associazioni dei Consumatori sul piede di guerra

Sono i giorni della Tari o meglio degli errori commessi da alcuni Comuni nel calcolo della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. L'errore scoperto grazie ad una interrogazione parlamentare presentata dal gruppo Cinque stelle sta creando non poco imbarazzo nelle pubbliche amministrazioni.

La Tari, introdotta nel 2014 (dalla L.147/13) serve a finanziare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. È tenuto a versarla chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte che possono produrre immondizia (dunque in caso d'immobili, anche l'inquilino, non solo il proprietario). Insieme all'Imu e alla Tasi costituisce la Iuc, l'Imposta unica comunale. La Tari ha preso il posto della Tares, in vigore nel solo 2013, che a sua volta sostituiva i vecchi prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani (Tarsu, Tia1 e Tia2). Le scadenze di pagamento della Tari sono fissate da ciascun Comune. Di norma è scaglionata in almeno due rate, ogni sei mesi.
L' errore è racchiuso nel computo della quota variabile del tributo che ha fatto lievitare a dismisura il prelievo, a spese di milioni di famiglie.
Nel dettaglio i contribuenti si sono così trovati una bolletta in cui, oltre alla quota fissa (legata ai metri quadri della casa), c'è una quota variabile (legata al numero degli abitanti della casa) moltiplicata tante volte quante sono le pertinenze. In realtà il numero degli abitanti andrebbe conteggiato solo per i calcoli relativi all'abitazione principale.

La norma infatti, divide la tassa in una quota fissa e una variabile. La parte fissa dipende da quanto è grande l'abitazione: è in proporzione ai metri quadrati dell'abitazione. Mentre quella variabile, che di fatto serve ad adeguare il prelievo ai rifiuti prodotti, cresce secondo il numero dei membri della famiglia. Ed ecco l'errore: la quota variabile andrebbe calcolata una sola volta sull'insieme di casa e pertinenze immobiliari (ovvero posti auto, cantine, soffitte, box), tenuto conto del numero dei familiari. L'esistenza di svariate pertinenze infatti, non accresce la quantità d'immondizia prodotta dal nucleo familiare. Mentre i Comuni accusati di averla maggiorata l'avrebbero applicata tante volte quante sono le pertinenze dell'abitazione, come se l'immondizia lievitasse in presenza di più pertinenze.

Scoperto l'errore e dopo l'ammissione del Ministero, le associazioni dei Consumatori si dicono pronte a rivedere tutti i conteggi oltre a chiedere ai Comuni di indennizzare i contribuenti per le somme illegittimamente versate.
Tanti i cittadini che in questi giorni si sono rivolti alle associazioni del Consumatori ma se qualcuno volesse presentare ricorso senza rivolgersi alle associazioni preposte, può presentare una richiesta al Comune di accesso agli atti amministrativi per consultare il proprio fascicolo e verificare i criteri adottati per il calcolo del tributo oppure impugnare l'avviso di accertamento del tributo, notificato dal Comune, presentando ricorso alla Commissione tributaria provinciale, in cui si denuncia "la cattiva applicazione della normativa".
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