La città
Case Bianche: l'asfalto deve essere rimosso
Il Comune conferma l'ordine ma non indica tempi. La Soprintendenza lo aveva detto: "Area sottoposta a vincolo".
Gravina - venerdì 5 luglio 2013
13.15
Nulla di fatto. La lingua d'asfalto stesa all'ingresso del complesso delle case bianche resta li, almeno per il momento.
Le decisioni attese per oggi da Palazzo di città tardano ad arrivare. Intanto, il responsabile del procedimento, il geometra Michele Vicino, che ha seguito i lavori per il rifacimento del manto stradale in via Giudici Falcone e Borsellino, si tira fuori: "Quello eseguito dall'impresa Cirilli è un lavoro extra, che nessuno le ha commissionato".
Vicino, firmatario della nota di servizio datata 17 giugno con cui si chiedeva all'impresa di "ripristinare lo stato dei luoghi", contattato telefonicamente conferma il contenuto della nota: "Quel pezzo di asfalto va rimosso". Ma se gli chiediamo quando questo avverrà, taglia corto: "Non spetta a me prendere queste decisioni". Dal canto suo, Antonio Cirilli nella giornata di ieri ha inviato una comunicazione a palazzo di città con cui comunicava di non aver portato a termine l'intervento per colpa della protesta inscenata dagli abitanti del quartiere.
Intanto, sull'altro fronte, Nicola D'Ecclesiis, il firmatario dell'esposto inviato a Palazzo di città, è deciso ad andare avanti chiedendo al Soprintendente per i Beni Ambientali di Bari di "voler adottare i dovuti atti previsti dalla legge perché siano ripristinati i luoghi e siano eliminati gli attraversamenti stradali realizzati illegittimamente dal Comune di Gravina in Puglia il 12 giugno 2013 sul bene vincolato "Tratturo Melfi-Castellaneta". Dalla sua parte D'Ecclesiis ha un parere della stessa Soprintendenza che nel 2001 annullava, "in quanto provvedimento illegittimo", le autorizzazioni rilasciare dal Comune nel 2000 proprio per la realizzazione degli accessi al complesso abitativo. Nel parere del soprintendente, infatti, si rileva che "la località interessata dall'intervento, autorizzato con il provvedimento comunale, ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico" e che "gli attraversamenti stradali autorizzati rientrano, altresì, nelle cosiddette zone archeologiche ed in particolare, nell'area di pertinenza del Tratturo Melfi-Castellaneta, nella quale oltre alle direttive di tutela che vietano ogni destinazione d'uso non compatibile con le finalità di salvaguardia, si applicano precise prescrizioni di base che vietano, tra l'altro, ogni trasformazione del sito eccettuate le attività inerenti lo studio, la valorizzazione e la protezione dei reperti archeologici". Parere che ha in seguito portatoil Tribunale di Bari a disporre nel 2002 il sequestro preventivo, "acclarando la sussistenza del vincolo paesaggistico sull'intero tratturo".
Storie quasi antiche, di cui nessuno (o quasi) sembra più avere memoria. Intanto, però, resta la protesta dei cittadini del quartiere. "Se paghiamo le tasse - dicono - dobbiamo avere anche i servizi", dicono. Ed è un'altra verità con la quale, negli ultimi anni, la politica non ha mai voluto far di conto.
Le decisioni attese per oggi da Palazzo di città tardano ad arrivare. Intanto, il responsabile del procedimento, il geometra Michele Vicino, che ha seguito i lavori per il rifacimento del manto stradale in via Giudici Falcone e Borsellino, si tira fuori: "Quello eseguito dall'impresa Cirilli è un lavoro extra, che nessuno le ha commissionato".
Vicino, firmatario della nota di servizio datata 17 giugno con cui si chiedeva all'impresa di "ripristinare lo stato dei luoghi", contattato telefonicamente conferma il contenuto della nota: "Quel pezzo di asfalto va rimosso". Ma se gli chiediamo quando questo avverrà, taglia corto: "Non spetta a me prendere queste decisioni". Dal canto suo, Antonio Cirilli nella giornata di ieri ha inviato una comunicazione a palazzo di città con cui comunicava di non aver portato a termine l'intervento per colpa della protesta inscenata dagli abitanti del quartiere.
Intanto, sull'altro fronte, Nicola D'Ecclesiis, il firmatario dell'esposto inviato a Palazzo di città, è deciso ad andare avanti chiedendo al Soprintendente per i Beni Ambientali di Bari di "voler adottare i dovuti atti previsti dalla legge perché siano ripristinati i luoghi e siano eliminati gli attraversamenti stradali realizzati illegittimamente dal Comune di Gravina in Puglia il 12 giugno 2013 sul bene vincolato "Tratturo Melfi-Castellaneta". Dalla sua parte D'Ecclesiis ha un parere della stessa Soprintendenza che nel 2001 annullava, "in quanto provvedimento illegittimo", le autorizzazioni rilasciare dal Comune nel 2000 proprio per la realizzazione degli accessi al complesso abitativo. Nel parere del soprintendente, infatti, si rileva che "la località interessata dall'intervento, autorizzato con il provvedimento comunale, ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico" e che "gli attraversamenti stradali autorizzati rientrano, altresì, nelle cosiddette zone archeologiche ed in particolare, nell'area di pertinenza del Tratturo Melfi-Castellaneta, nella quale oltre alle direttive di tutela che vietano ogni destinazione d'uso non compatibile con le finalità di salvaguardia, si applicano precise prescrizioni di base che vietano, tra l'altro, ogni trasformazione del sito eccettuate le attività inerenti lo studio, la valorizzazione e la protezione dei reperti archeologici". Parere che ha in seguito portatoil Tribunale di Bari a disporre nel 2002 il sequestro preventivo, "acclarando la sussistenza del vincolo paesaggistico sull'intero tratturo".
Storie quasi antiche, di cui nessuno (o quasi) sembra più avere memoria. Intanto, però, resta la protesta dei cittadini del quartiere. "Se paghiamo le tasse - dicono - dobbiamo avere anche i servizi", dicono. Ed è un'altra verità con la quale, negli ultimi anni, la politica non ha mai voluto far di conto.