La città
Caso Caporale: parla Stasi
Il dirigente dell'Utc difende le proprie decisioni. E precisa: "Nessuno mi aveva segnalato delle irregolarità".
Gravina - venerdì 19 luglio 2013
08.54
Michele Stasi rispedisce al mittente tutte le accuse.
Il tono di voce è di quelli duri, di chi non ha piacere a commentare una vicenda complicata dal punto di vista tecnico, politico e forse anche umano. Nel clamoroso silenzio della politica tutta, da destra a sinistra passando per il centro, senza distinzioni tra maggioranza e minoranza, il dirigente dell'ufficio tecnico comunale non si sottrae alle domande sulla vicenda che ha coinvolto la "Caporale srl" a cui, dopo un'ordinanza di sospensione dei lavori, nell'esercizio dei suoi doveri d'ufficio, ha ordinato di abbattere una parte della costruzione di corso Di Vittorio.
"Nel momento in cui uno appone una firma sotto un provvedimento", dice Stasi, "è chiaro che ci si assume tutte le responsabilità del caso. Pertanto è chiaro che bisogna essere convinti quando si prendono determinate decisioni". Il dirigente non si dilunga molto ma all'accusa mossa da Salvatore Debenedictis, legale rappresentante della "Caporale srl" e consigliere comunale, che lo accusava di non aver fatto fino in fondo il proprio dovere, Stasi prima risponde che "il 27 del mese non sono gli imprenditori che mi pagano lo stipendio, bensì l'amministrazione comunale presso cui lavoro ed è per questo che devo tutelarla". Quindi, entrando nei particolari del perché il cantiere in via Corato non sia stato bloccato prima spiega: "In un ufficio come questo è impensabile che il dirigente possa controllare tutte le pratiche. Per questo esistono degli impiegati istruttori, ossia coloro che devono verificare che tutte le opere realizzate in città siano fatte a norma di legge. Ora, se questi istruttori non hanno mai rilevato nulla e non hanno mai segnalato nulla, io come potevo sapere che c'erano dei problemi?"
Problemi di cui, a quanto pare, sarebbe stato informato dopo una denuncia alla magistratura. "E' stato in quel frangente - aggiunge - che ho avocato a me la pratica ed avviato tutti gli accertamenti del caso sino all'ultima ordinanza, che è stata regolarmente inviata in Procura".
Il tono di voce è di quelli duri, di chi non ha piacere a commentare una vicenda complicata dal punto di vista tecnico, politico e forse anche umano. Nel clamoroso silenzio della politica tutta, da destra a sinistra passando per il centro, senza distinzioni tra maggioranza e minoranza, il dirigente dell'ufficio tecnico comunale non si sottrae alle domande sulla vicenda che ha coinvolto la "Caporale srl" a cui, dopo un'ordinanza di sospensione dei lavori, nell'esercizio dei suoi doveri d'ufficio, ha ordinato di abbattere una parte della costruzione di corso Di Vittorio.
"Nel momento in cui uno appone una firma sotto un provvedimento", dice Stasi, "è chiaro che ci si assume tutte le responsabilità del caso. Pertanto è chiaro che bisogna essere convinti quando si prendono determinate decisioni". Il dirigente non si dilunga molto ma all'accusa mossa da Salvatore Debenedictis, legale rappresentante della "Caporale srl" e consigliere comunale, che lo accusava di non aver fatto fino in fondo il proprio dovere, Stasi prima risponde che "il 27 del mese non sono gli imprenditori che mi pagano lo stipendio, bensì l'amministrazione comunale presso cui lavoro ed è per questo che devo tutelarla". Quindi, entrando nei particolari del perché il cantiere in via Corato non sia stato bloccato prima spiega: "In un ufficio come questo è impensabile che il dirigente possa controllare tutte le pratiche. Per questo esistono degli impiegati istruttori, ossia coloro che devono verificare che tutte le opere realizzate in città siano fatte a norma di legge. Ora, se questi istruttori non hanno mai rilevato nulla e non hanno mai segnalato nulla, io come potevo sapere che c'erano dei problemi?"
Problemi di cui, a quanto pare, sarebbe stato informato dopo una denuncia alla magistratura. "E' stato in quel frangente - aggiunge - che ho avocato a me la pratica ed avviato tutti gli accertamenti del caso sino all'ultima ordinanza, che è stata regolarmente inviata in Procura".