Ufficio collocamento
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La città

Chiude l'ufficio di collocamento

Già assegnati ad altre sedi i dipendenti. Cgil, Cisl e Uil chiedono un incontro urgente al sindaco.

"Il presidente Schittulli manterrà l'impegno: la sede gravinese del centro per l'impiego non sarà chiusa".

Era il 31 luglio. Così parlava il sindaco Alesio Valente. Tre settimane dopo, però, a dispetto dell'impegno e delle rassicurazioni dell'amministrazione comunale, sebbene forte di due consiglieri provinciali (e dello stesso presidente della Provincia, considerati i natali gravinesi di Francesco Schittulli), Gravina vede chiudere il suo Ufficio di collocamento. Soppresso dalla Provincia con delibera del 6 luglio scorso in ossequio alla necessità di contenimento dei costi e di razionalizzazione dei servizi, sembrava potesse essere salvato dalla mobilitazione postuma di sindacati, partiti e amministratori. Invece così non sarebbe, dal momento che nei giorni scorsi proprio dalla Provincia sarebbero arrivate precise disposizioni per il personale alle dipendenze dell'ufficio gravinese. Che dal primo settembre prossimo dovrebbero prendere servizio in altri centri dell'entroterra barese, peraltro per svolgere mansioni diverse da quelle fin assicurate.

Sarà un distacco temporaneo, in attesa di veder tornare operativa la sede gravinese, oppure si tratterà di una scelta irreversibile?

Sembrano non avere dubbi Cgil, Cisl e Uil, che in una lettera indirizzata proprio al primo cittadino sottolineano il rischio che la temporanea chiusura dello sportello gravinese, giustificata con esigenze riorganizzative, possa in realtà preludere a uno smistamento permamente delle risorse umane fuori dal territorio comunale, e ricordate le rassicurazioni sparse a piene mani dall'amministrazione comunale, chiedono a Valente di attivarsi "per la convocazione urgente di un tavolo tra le istituzioni interessate, con la presenza delle organizzazioni sindacali e sociali, al fine di assumere impegni formali mirati ad assicurare la continuità, in loco, dei servizi dell'Ufficio in questione. Tale decisione se definitiva, con gravi responsabilità politiche, morali e sociali, determina, a uomini e donne, oltretutto disoccupati ed inoccupati, ulteriori forti disagi ed aggravi di costi per poter usufruire di un servizio essenziale per le proprie prospettive di lavoro".
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