Palazzo di città
Corso Di Vittorio: l'intervento edilizio non è conforme alla disciplina urbanistica
Annullati tutti i permessi alla Caporale srl
Gravina - giovedì 6 febbraio 2014
15.28
Altra tegola sulla Caporale srl.
Risolta l'incompatibilità di Salvatore Debenedictis dopo le sue dimissioni da amministratore unico della società, la Caporale srl deve fare i conti con un nuovo provvedimento licenziato dall'ufficio tecnico comunale riguardante ancora una volta il fabbricato di corso Giuseppe Di Vittorio.
Porta la data del 30 gennaio 2014 l'ordinanza firmata dal dirigente Michele Stasi con la quale si stabilisce di annullare "d'ufficio e in autotutela, il silenzio assenso formatosi sulla richiesta di permesso di costruire del 15 luglio 2011 inerente la realizzazione di un edificio residenziale previa demolizione di quello esistente e sito in corso Di Vittorio" contestualmente alla segnalazione di inizio attività del 4 marzo 2013.
Si arricchisce di un altro tassello una vicenda nata complicata e che ora rischia di mettere in crisi l'intera macchina comunale.
Secondo il provvedimento sottoscritto dal dirigente Stasi, alla base della sua disposizione ci sarebbero una serie di irregolarità nella realizzazione dell'edificio.
In particolare si contesta: il calcolo del volume del fabbricato esistente che non risulta rispettoso di quanto previsto dalla legge regionale n. 14 del 2009, più famosa come Piano casa, che consente l'incremento volumetrico del 35% della cubatura esistente per i manufatti ricostruiti. Inoltre, in forza delle rilevate larghezze stradali di corso Di Vittorio pari rispettivamente a 9, 18 mt e 9,43 mt non risulta rispettato l'indice di visuale libera, così come non risulta rispettato lo stesso indice in via Canale D'Alonzo dove la larghezza stradale rilevata è pari a 6, 16 mt.
E ancora, sussiste il mancato rispetto dell'altezza totale del fabbricato sul fronte di via Canale d'Alonzo mentre il sottotetto presenta condizioni di abitabilità, contravvenendo alle norme. In pratica "l'intervento di demolizione e successiva ricostruzione non è conforme alla disciplina urbanistica e edilizia vigente per le zone tipizzate B1".
Una verdetto che arriva dopo un anno di botta e risposta tra l'ufficio tecnico e l'impresa e che ha trovato la sua conclusione dopo l'intervento dell'avvocato Sergio Casareale, già autore della prima denuncia, che ha diffidato il dirigente a concludere il procedimento già avviato in danno della società edile "paventando, ove la segnalazione alla magistratura penale".
In realtà, era stato proprio l'avvocato Casareale a sollevare il caso inviando la prima segnalazione a palazzo di città. E infatti porta la data del 26 marzo la prima ordinanza di sospensione dei lavori in corso Di Vittorio a cui, un mese dopo, sono seguite le controdeduzione dell'impresa Caporale che infine, il 13 maggio, ha comunicato la ripresa dei lavori "poiché non sono stati adottati provvedimenti definitivi". Un modus operandi a cui lo stesso Stasi si è opposto sostenendo che "il servizio Urbanistica ed Edilizia Privata, in riscontro alla nota presentata dalla impresa, ha comunicato di non poter esaminare, solo sulla base di corrispondenza epistolare, le controdeduzioni prodotte in relazione alle difformità edilizie rilevate e riportate in ordinanza precisando, altresì, che ai fini delle verifiche nulla era stato prodotto e che l'invio di controdeduzioni, in risposta ad una ordinanza di sospensione, non è inquadrabile in alcun procedimento previsto dall'articolato del regolamento sulla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia".
Infine, e siamo a luglio 2013, il dirigente "valutato che tutti i rilievi, le osservazioni e le anomalie riscontrati nella fase istruttoria non sono stati superati poiché alcun apporto tecnico è stato fornito a chiarimento, rettifica e modifica della nota di trasmissione con allegati perizia giurata ed elaborato grafico", ordina la demolizione delle opere limitatamente all'ultimo piano del fabbricato.
Ordine a cui l'impresa Caporale si è appellata presso il Tribunale amministrativo di Bari dove il collegio giudicante, pur riconoscendo i vizii denunciati da Stasi, ha accolto l'appello dell'impresa poiché "ad un primo esame sommario proprio della fase cautelare, emergono profili che inducono a ritenere fondato il ricorso, tenuto conto in particolare che il Comune resistente avrebbe prima dovuto concludere il procedimento di annullamento in autotutela, avviato in data 9 luglio 2013, e poi adottare i conseguenti provvedimenti, mentre già in data 12 luglio 2013 ha provveduto ad adottare l'ordinanza di demolizione, oggetto di impugnazione".
Adesso però, con la conclusione del procedimento e l'annullamento di tutti i permessi, la vicenda amministrativa sembra giunta ad una conclusione. Salvo eventuali altri ricorsi da parte dell'impresa.
Risolta l'incompatibilità di Salvatore Debenedictis dopo le sue dimissioni da amministratore unico della società, la Caporale srl deve fare i conti con un nuovo provvedimento licenziato dall'ufficio tecnico comunale riguardante ancora una volta il fabbricato di corso Giuseppe Di Vittorio.
Porta la data del 30 gennaio 2014 l'ordinanza firmata dal dirigente Michele Stasi con la quale si stabilisce di annullare "d'ufficio e in autotutela, il silenzio assenso formatosi sulla richiesta di permesso di costruire del 15 luglio 2011 inerente la realizzazione di un edificio residenziale previa demolizione di quello esistente e sito in corso Di Vittorio" contestualmente alla segnalazione di inizio attività del 4 marzo 2013.
Si arricchisce di un altro tassello una vicenda nata complicata e che ora rischia di mettere in crisi l'intera macchina comunale.
Secondo il provvedimento sottoscritto dal dirigente Stasi, alla base della sua disposizione ci sarebbero una serie di irregolarità nella realizzazione dell'edificio.
In particolare si contesta: il calcolo del volume del fabbricato esistente che non risulta rispettoso di quanto previsto dalla legge regionale n. 14 del 2009, più famosa come Piano casa, che consente l'incremento volumetrico del 35% della cubatura esistente per i manufatti ricostruiti. Inoltre, in forza delle rilevate larghezze stradali di corso Di Vittorio pari rispettivamente a 9, 18 mt e 9,43 mt non risulta rispettato l'indice di visuale libera, così come non risulta rispettato lo stesso indice in via Canale D'Alonzo dove la larghezza stradale rilevata è pari a 6, 16 mt.
E ancora, sussiste il mancato rispetto dell'altezza totale del fabbricato sul fronte di via Canale d'Alonzo mentre il sottotetto presenta condizioni di abitabilità, contravvenendo alle norme. In pratica "l'intervento di demolizione e successiva ricostruzione non è conforme alla disciplina urbanistica e edilizia vigente per le zone tipizzate B1".
Una verdetto che arriva dopo un anno di botta e risposta tra l'ufficio tecnico e l'impresa e che ha trovato la sua conclusione dopo l'intervento dell'avvocato Sergio Casareale, già autore della prima denuncia, che ha diffidato il dirigente a concludere il procedimento già avviato in danno della società edile "paventando, ove la segnalazione alla magistratura penale".
In realtà, era stato proprio l'avvocato Casareale a sollevare il caso inviando la prima segnalazione a palazzo di città. E infatti porta la data del 26 marzo la prima ordinanza di sospensione dei lavori in corso Di Vittorio a cui, un mese dopo, sono seguite le controdeduzione dell'impresa Caporale che infine, il 13 maggio, ha comunicato la ripresa dei lavori "poiché non sono stati adottati provvedimenti definitivi". Un modus operandi a cui lo stesso Stasi si è opposto sostenendo che "il servizio Urbanistica ed Edilizia Privata, in riscontro alla nota presentata dalla impresa, ha comunicato di non poter esaminare, solo sulla base di corrispondenza epistolare, le controdeduzioni prodotte in relazione alle difformità edilizie rilevate e riportate in ordinanza precisando, altresì, che ai fini delle verifiche nulla era stato prodotto e che l'invio di controdeduzioni, in risposta ad una ordinanza di sospensione, non è inquadrabile in alcun procedimento previsto dall'articolato del regolamento sulla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia".
Infine, e siamo a luglio 2013, il dirigente "valutato che tutti i rilievi, le osservazioni e le anomalie riscontrati nella fase istruttoria non sono stati superati poiché alcun apporto tecnico è stato fornito a chiarimento, rettifica e modifica della nota di trasmissione con allegati perizia giurata ed elaborato grafico", ordina la demolizione delle opere limitatamente all'ultimo piano del fabbricato.
Ordine a cui l'impresa Caporale si è appellata presso il Tribunale amministrativo di Bari dove il collegio giudicante, pur riconoscendo i vizii denunciati da Stasi, ha accolto l'appello dell'impresa poiché "ad un primo esame sommario proprio della fase cautelare, emergono profili che inducono a ritenere fondato il ricorso, tenuto conto in particolare che il Comune resistente avrebbe prima dovuto concludere il procedimento di annullamento in autotutela, avviato in data 9 luglio 2013, e poi adottare i conseguenti provvedimenti, mentre già in data 12 luglio 2013 ha provveduto ad adottare l'ordinanza di demolizione, oggetto di impugnazione".
Adesso però, con la conclusione del procedimento e l'annullamento di tutti i permessi, la vicenda amministrativa sembra giunta ad una conclusione. Salvo eventuali altri ricorsi da parte dell'impresa.