Politica
Sedici consiglieri dal notaio? Il sindaco batte la viltà sul tempo stavolta
Lettera del Sindaco Divella alla città
Gravina - lunedì 10 ottobre 2011
20.49
Le vicende di questi ultimi giorni hanno finito per confermare le doti di sopravvivenza di questa maggioranza, con prospettive tutte da decifrare, non avendo raggiunto l'obiettivo di fare vera chiarezza, cominciando dalla necessità di evitare, nell'esprimere il proprio pensiero (con un retro evidentissimo anche ai meno scafati), di far ricorso ad un nauseante, e quindi emetizzante, frasario in fatiscente politichese.
Le precedenti frizioni con la DC e con alcuni suoi altalenanti consociati e le ennesime allucinanti recenti fibrillazioni non possono, questa volta, non essere destinate a cambiare il corso di questa amministrazione.
Siamo evidentemente dinanzi ad una resa di conti ( … quali conti?) di una maggioranza ormai neppure più solo numerica, composta sempre più spesso da rampanti politici forzuti più che da forze politiche, e la cui consistenza non poteva alla fine non rivelarsi fragile e friabile. E' pur vero, e ne va dato onore al merito, che qualche mente illuminata l'aveva prevista tale già nelle fasi iniziali della sua costituzione: devo le mie scuse per non averne tenuto debito conto!
Era, doveva essere, l'ennesima data di svolta, all'ennesimo capolinea di un percorso spesso costellato di trappole, agguati e ricatti. Ne è fulgido esempio l'ultimo, quello con cui si è tentato proditoriamente di nobilitare una richiesta dettata da spirito di vendetta o, peggio, da interessi inconfessabili, con la elaborazione disgustosa di acrobazie da furbastri doppiogiochisti.
A cosa è servito, a chi e perché il sacrificio dell'arch. Paolucci, con l'ulteriore sfascio provocato dalla tempistica adottata a seguito di assurde imposizioni? Ciascuno risponda per se stesso ed a se stesso, tralasciando, per carità, l'enfasi della retorica politichese del "bene comune"! A proposito del quale, a buona ragione e lapalissianamente, Mencken ha affermato che 'Ogniqualvolta senti un uomo parlare del suo amore per il suo paese, è un segnale che si aspetta di essere pagato per questo'
Come non prendere coscienza del basso ed umiliante tasso di gradimento morale, prima ancora che politico, che questa maggioranza riscuote nell'opinione pubblica? Nessuna voglia di perbenismo, da parte mia, ma esigenza di apposizione nelle giuste caselle, in chiara evidenza, di principi che dovrebbero essere non contrattabili poiché irrinunciabili.
Naturalmente non intendo minimizzare il livello delle mie responsabilità, scaturenti prima di tutto, e considerato il contesto, da un notevole grado di inadeguatezza, come dire, tecnica e caratteriale; ne ero consapevole sin dall'inizio, ma avevo ritenuto sarebbe stata compensata, detta inadeguatezza, dalla collaborazione trasparante e disinteressata di tutti i compagni di viaggio. Quelli che, da parte mia, sono apparsi continui cedimenti sono stati in effetti vane, come appare ormai evidente, e disperate attese di spontanee resipiscenze, magari stimolate dalla riscoperta, foss'anche fortuita, di un'etica esistenziale. Forse ho sbagliato nel ritenere che l'autorevolezza possa, anzi debba, non essere autoritarismo e che si possa governare con moderazione ed umiltà, senza volgare autorità.
Dovendo, a questo punto, ritenere inutile se non dannosa la mia moderazione, ne scaturirebbe l'esigenza di una doverosa appropriazione di competenze, sin'ora delegate, e di comportamenti, come dire, meno permissivi: forse riuscirei a dimostrare l'acquisita consapevolezza dell'impraticabilità della strada sin qui percorsa e della ineludibilità del cambiamento. Servirebbe ?!?!?! …… Non ci credo più! Se è vero (lo è!) che invece mi viene addebitata da alcuni degli stessi "compagni di viaggio" una appropriazione indebita di prerogative e competenze a loro spettanti, e la cui rivendicazione sarebbe pronta per essere posta, insieme a tanto altro, sul tavolo della "verifica": siamo alla neuro-psicopatologia pura, se non fosse farsa! E però, data l'autorevolezza dei detti compagni, si può non ritenere legittime (poiché finalizzate al raggiungimento del bene comune!) queste richieste, il cui soddisfacimento viene prospettato quale risultato inderogabile per poter approdare alla conclusione della verifica in corso? Naturalmente ancora più indispensabili ed improcrastinabili (ad horas!!) dovrebbero essere le risposte congruenti alle loro legittime attese!
Ho sacrificato, in questi due anni, la mia famiglia ed il mio tempo libero: l'avevo previsto ed accettato, in funzione di quello che mi era apparso un progetto esaltante. Costa davvero tanto a qualcuno dirmi finalmente ed esplicitamente che devo smettere di fare il visionario, che quel progetto non è mai esistito, che la sua enunciazione è servita soltanto ad affabulare con l'intento di esercitare la captatio benevolentiae funzionale al raggiungimento di ben altri obiettivi?
Che in definitiva io, politicamente, sia uno sprovveduto è ormai fuor di dubbio. Ma a qualcuno dovrebbe venire il dubbio di esserlo umanamente, se incapace di comprendere che anche in politica esistono limiti invalicabili.
Ho vissuto la mia vita come servizio, ho condiviso tante sofferenze adoperandomi per alleviarle, ho conquistato sul campo, giorno dopo giorno e momento per momento, la stima e la fiducia di tanti concittadini. E' stato giusto consentire passivamente il compimento di gesti che hanno finito per gettare ombre deturpanti su un'immagine fatta di correttezza, coerenza ed umiltà (travisata spesso, dai "compagni di viaggio", per debolezza o, peggio, dabbenaggine)? La risposta ritengo sia pleonastica!
Così come certa la scelta inevitabilmente scaturentene: se proprio devo continuare a farlo, preferisco a questo punto cedere al ricatto (?) dei miei figli, mai espresso con parole o gesti ma evidentissimo nel profondo dei loro sguardi.
Che peccato ……………………………………………………………!! Giovanni Divella (sindaco per finta?!)
Le precedenti frizioni con la DC e con alcuni suoi altalenanti consociati e le ennesime allucinanti recenti fibrillazioni non possono, questa volta, non essere destinate a cambiare il corso di questa amministrazione.
Siamo evidentemente dinanzi ad una resa di conti ( … quali conti?) di una maggioranza ormai neppure più solo numerica, composta sempre più spesso da rampanti politici forzuti più che da forze politiche, e la cui consistenza non poteva alla fine non rivelarsi fragile e friabile. E' pur vero, e ne va dato onore al merito, che qualche mente illuminata l'aveva prevista tale già nelle fasi iniziali della sua costituzione: devo le mie scuse per non averne tenuto debito conto!
Era, doveva essere, l'ennesima data di svolta, all'ennesimo capolinea di un percorso spesso costellato di trappole, agguati e ricatti. Ne è fulgido esempio l'ultimo, quello con cui si è tentato proditoriamente di nobilitare una richiesta dettata da spirito di vendetta o, peggio, da interessi inconfessabili, con la elaborazione disgustosa di acrobazie da furbastri doppiogiochisti.
A cosa è servito, a chi e perché il sacrificio dell'arch. Paolucci, con l'ulteriore sfascio provocato dalla tempistica adottata a seguito di assurde imposizioni? Ciascuno risponda per se stesso ed a se stesso, tralasciando, per carità, l'enfasi della retorica politichese del "bene comune"! A proposito del quale, a buona ragione e lapalissianamente, Mencken ha affermato che 'Ogniqualvolta senti un uomo parlare del suo amore per il suo paese, è un segnale che si aspetta di essere pagato per questo'
Come non prendere coscienza del basso ed umiliante tasso di gradimento morale, prima ancora che politico, che questa maggioranza riscuote nell'opinione pubblica? Nessuna voglia di perbenismo, da parte mia, ma esigenza di apposizione nelle giuste caselle, in chiara evidenza, di principi che dovrebbero essere non contrattabili poiché irrinunciabili.
Naturalmente non intendo minimizzare il livello delle mie responsabilità, scaturenti prima di tutto, e considerato il contesto, da un notevole grado di inadeguatezza, come dire, tecnica e caratteriale; ne ero consapevole sin dall'inizio, ma avevo ritenuto sarebbe stata compensata, detta inadeguatezza, dalla collaborazione trasparante e disinteressata di tutti i compagni di viaggio. Quelli che, da parte mia, sono apparsi continui cedimenti sono stati in effetti vane, come appare ormai evidente, e disperate attese di spontanee resipiscenze, magari stimolate dalla riscoperta, foss'anche fortuita, di un'etica esistenziale. Forse ho sbagliato nel ritenere che l'autorevolezza possa, anzi debba, non essere autoritarismo e che si possa governare con moderazione ed umiltà, senza volgare autorità.
Dovendo, a questo punto, ritenere inutile se non dannosa la mia moderazione, ne scaturirebbe l'esigenza di una doverosa appropriazione di competenze, sin'ora delegate, e di comportamenti, come dire, meno permissivi: forse riuscirei a dimostrare l'acquisita consapevolezza dell'impraticabilità della strada sin qui percorsa e della ineludibilità del cambiamento. Servirebbe ?!?!?! …… Non ci credo più! Se è vero (lo è!) che invece mi viene addebitata da alcuni degli stessi "compagni di viaggio" una appropriazione indebita di prerogative e competenze a loro spettanti, e la cui rivendicazione sarebbe pronta per essere posta, insieme a tanto altro, sul tavolo della "verifica": siamo alla neuro-psicopatologia pura, se non fosse farsa! E però, data l'autorevolezza dei detti compagni, si può non ritenere legittime (poiché finalizzate al raggiungimento del bene comune!) queste richieste, il cui soddisfacimento viene prospettato quale risultato inderogabile per poter approdare alla conclusione della verifica in corso? Naturalmente ancora più indispensabili ed improcrastinabili (ad horas!!) dovrebbero essere le risposte congruenti alle loro legittime attese!
Ho sacrificato, in questi due anni, la mia famiglia ed il mio tempo libero: l'avevo previsto ed accettato, in funzione di quello che mi era apparso un progetto esaltante. Costa davvero tanto a qualcuno dirmi finalmente ed esplicitamente che devo smettere di fare il visionario, che quel progetto non è mai esistito, che la sua enunciazione è servita soltanto ad affabulare con l'intento di esercitare la captatio benevolentiae funzionale al raggiungimento di ben altri obiettivi?
Che in definitiva io, politicamente, sia uno sprovveduto è ormai fuor di dubbio. Ma a qualcuno dovrebbe venire il dubbio di esserlo umanamente, se incapace di comprendere che anche in politica esistono limiti invalicabili.
Ho vissuto la mia vita come servizio, ho condiviso tante sofferenze adoperandomi per alleviarle, ho conquistato sul campo, giorno dopo giorno e momento per momento, la stima e la fiducia di tanti concittadini. E' stato giusto consentire passivamente il compimento di gesti che hanno finito per gettare ombre deturpanti su un'immagine fatta di correttezza, coerenza ed umiltà (travisata spesso, dai "compagni di viaggio", per debolezza o, peggio, dabbenaggine)? La risposta ritengo sia pleonastica!
Così come certa la scelta inevitabilmente scaturentene: se proprio devo continuare a farlo, preferisco a questo punto cedere al ricatto (?) dei miei figli, mai espresso con parole o gesti ma evidentissimo nel profondo dei loro sguardi.
Che peccato ……………………………………………………………!! Giovanni Divella (sindaco per finta?!)