Ospedale e Sanità
I laboratori di analisi in ginocchio.
Le nuove tariffe di rimborso improponibili, a rischio i posti di lavoro di migliaia di biologi e la salute dei cittadini
Gravina - lunedì 18 dicembre 2023
Comunicato Stampa
Il 4 agosto 2023 è stato Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero della Salute sulle tariffe dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), in attuazione del DPCM 12 gennaio 2017.
Un documento molto atteso perché mira a razionalizzare le tipologie di prestazioni e eliminare quelle obsolete. Ma nella realtà quello approvato, elaborato nel lontano 2017, presenta macroscopiche distorsioni nelle tariffe fissate tenendo conto di costi di gestione, assolutamente anacronistici rispetto a inflazione, aumento delle spese energetiche e dei prezzi delle materie prime.
Il COVID inoltre, ha cambiato drasticamente il concetto di assistenza sanitaria, mirando a una tipologia territoriale vicina al paziente perché più efficiente e efficace. Un sistema che con le nuove tariffe, che vengono ulteriormente abbassate nel nuovo Nomenclatore, non è più sostenibile. Parliamo di un taglio medio del 20 per cento delle tariffe.
Il Decreto ha sicuramente la finalità di aggiornare le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale (analisi del sangue, visite mediche, esami radiologici, ecc.) affinché siano erogate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, ma nella realtà trascinerà i cittadini che hanno bisogno di assistenza sanitaria verso una disuguaglianza di servizi ancora più marcata. Il motivo è semplice. Le tariffe proposte non coprono i costi fissi e mettono a rischio la rete dei servizi sanitari territoriali come quella dei laboratori di analisi accreditati e convenzionati e migliaia di posti di lavoro tra medici, biologi, infermieri tecnici di laboratorio e personale amministrativo.
I laboratori di analisi sono da sempre, nel centro-sud Italia, strutture che non erogano solo le prestazioni di un laboratorio, non si comportano da centri prelievi ma, al loro interno, ci sono professionisti e specialisti che da anni sono parte integrante di una rete di assistenza al fianco del paziente e del medico. La scure che sta per abbattersi con l'applicazione del nuovo tariffario, e oltre a penalizzare gravemente il privato accreditato, avrà forti ripercussioni sulle strutture pubbliche, perché se quelle private non saranno messe in condizione di lavorare, la prestazione dovrà essere erogata dal pubblico. Il che andrebbe a incidere sulle casse regionali, e il sistema pubblico non reggerebbe alle richieste dei cittadini. Saranno loro a pagarne le conseguenze.
L'Italia è ancora divisa in due. Ogni Regione può decidere con proprie risorse di aumentare le tariffe. Le regioni del nord, da sempre, introducono fondi a sostegno del settore sanitario, mentre nel centro-sud, le Regioni meno virtuose, colpite da commissariamenti e deficit, non riescono, causa vincoli di bilancio, a integrare lo stesso tariffario, così come previsto dal decreto.
Alla luce di quanto esposto si fa appello al Ministro della Salute e al Ministro delle Finanze per prorogare l'entrata in vigore del tariffario e sostenere il tavolo ministeriale in corso, per una revisione che porti a un tariffario equo, sostenibile e che permetta alle strutture sanitarie di poter garantire il servizio così come previsto dal PNRR. In caso contrario, saranno i cittadini a dover fare i conti con il sistema sanitario più privato che pubblico, le imprese dovranno attivare la cassa integrazione o, addirittura, licenziare il personale sanitario e i laboratori di analisi, che da sempre sono la spina dorsale del sistema sanitario territoriale, potrebbero rischiare l'estinzione, a tutto beneficio di gruppi di investimento che hanno mirato, da anni, a monopolizzare il settore, dilapidando un capillare servizio di supporto al SSN.
Un documento molto atteso perché mira a razionalizzare le tipologie di prestazioni e eliminare quelle obsolete. Ma nella realtà quello approvato, elaborato nel lontano 2017, presenta macroscopiche distorsioni nelle tariffe fissate tenendo conto di costi di gestione, assolutamente anacronistici rispetto a inflazione, aumento delle spese energetiche e dei prezzi delle materie prime.
Il COVID inoltre, ha cambiato drasticamente il concetto di assistenza sanitaria, mirando a una tipologia territoriale vicina al paziente perché più efficiente e efficace. Un sistema che con le nuove tariffe, che vengono ulteriormente abbassate nel nuovo Nomenclatore, non è più sostenibile. Parliamo di un taglio medio del 20 per cento delle tariffe.
Il Decreto ha sicuramente la finalità di aggiornare le tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale (analisi del sangue, visite mediche, esami radiologici, ecc.) affinché siano erogate in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, ma nella realtà trascinerà i cittadini che hanno bisogno di assistenza sanitaria verso una disuguaglianza di servizi ancora più marcata. Il motivo è semplice. Le tariffe proposte non coprono i costi fissi e mettono a rischio la rete dei servizi sanitari territoriali come quella dei laboratori di analisi accreditati e convenzionati e migliaia di posti di lavoro tra medici, biologi, infermieri tecnici di laboratorio e personale amministrativo.
I laboratori di analisi sono da sempre, nel centro-sud Italia, strutture che non erogano solo le prestazioni di un laboratorio, non si comportano da centri prelievi ma, al loro interno, ci sono professionisti e specialisti che da anni sono parte integrante di una rete di assistenza al fianco del paziente e del medico. La scure che sta per abbattersi con l'applicazione del nuovo tariffario, e oltre a penalizzare gravemente il privato accreditato, avrà forti ripercussioni sulle strutture pubbliche, perché se quelle private non saranno messe in condizione di lavorare, la prestazione dovrà essere erogata dal pubblico. Il che andrebbe a incidere sulle casse regionali, e il sistema pubblico non reggerebbe alle richieste dei cittadini. Saranno loro a pagarne le conseguenze.
L'Italia è ancora divisa in due. Ogni Regione può decidere con proprie risorse di aumentare le tariffe. Le regioni del nord, da sempre, introducono fondi a sostegno del settore sanitario, mentre nel centro-sud, le Regioni meno virtuose, colpite da commissariamenti e deficit, non riescono, causa vincoli di bilancio, a integrare lo stesso tariffario, così come previsto dal decreto.
Alla luce di quanto esposto si fa appello al Ministro della Salute e al Ministro delle Finanze per prorogare l'entrata in vigore del tariffario e sostenere il tavolo ministeriale in corso, per una revisione che porti a un tariffario equo, sostenibile e che permetta alle strutture sanitarie di poter garantire il servizio così come previsto dal PNRR. In caso contrario, saranno i cittadini a dover fare i conti con il sistema sanitario più privato che pubblico, le imprese dovranno attivare la cassa integrazione o, addirittura, licenziare il personale sanitario e i laboratori di analisi, che da sempre sono la spina dorsale del sistema sanitario territoriale, potrebbero rischiare l'estinzione, a tutto beneficio di gruppi di investimento che hanno mirato, da anni, a monopolizzare il settore, dilapidando un capillare servizio di supporto al SSN.