ulivo secolare patriarca
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Il “Patriarca” pone nuove radici in Puglia: ora Gravina è la sua casa

Piantumato negli spazi del futuro museo degli oli, il “Raguso Lab Experience”, l’ulivo millenario ha iniziato un nuovo capitolo della sua storia, simbolo di rinascita in una terra martoriata dalla xylella

Un ulivo monumentale di oltre 3000 anni, chiamato il "Patriarca", è tornato nel Sud Italia, trovando una nuova dimora a Gravina in Puglia.
Originario dell'Aspromonte calabrese, valutato come "scarsamente produttivo", nel 2005 fu trasferito in un vivaio in Emilia Romagna, dove il clima più freddo ne ha messo a repentaglio la sopravvivenza. Dal recinto di quel vivaio a Casalgrande, la storia del "Patriarca" poteva finire per sempre. Oggi, grazie all'iniziativa dell'imprenditore Antonio Raguso, il maestoso ulivo ha trovato la via di casa, per porre nuove radici in Puglia: dopo l'attracco nel porto di Bari, è stato messo a dimora negli spazi del futuro Museo degli Oli "Raguso Lab Experience".

«Abbiamo preso in custodia un albero speciale: un ulivo millenario, che abbiamo chiamato il "Patriarca". Sarà il protagonista del futuro Museo degli Oli, che sta sorgendo qui accanto al nostro frantoio, al centro di un progetto pensato per raccontare la biodiversità, per valorizzare il nostro patrimonio naturale e per trasmettere un messaggio di rispetto e tutela dell'ambiente». Ha spiegato così la genesi dell'iniziativa l'imprenditore Antonio Raguso, promotore del progetto, che ha raccontato la storia del "Patriarca" durante la conferenza aperta ai giornalisti, con la partecipazione dell'assessore all'ambiente del Comune di Gravina Vincenzo Varrese, del Prof. Francesco Schittulli, presidente della LILT, del direttore generale di ARPA Puglia Vito Bruno, del segretario generale di Unioncamere Puglia Luigi Triggiani, del direttore generale di UNAPROL Nicola Di Noia, del presidente del Parco Nazionale dell'Alta Murgia Francesco Tarantini e della dirigente dell'IISS di Gravina Antonella Sarpi, con gli studenti dell'indirizzo Agrario.

«L'ulivo che abbiamo salvato – ha spiegato Raguso - non viveva più nel clima adatto alla sua sopravvivenza: era in sofferenza, non vedeva il sole. La sua terra d'origine è il Mezzogiorno, e qui è giusto che continui a vivere. Il rischio era quello di vederlo trasformato in una scultura, o peggio ancora in legna da ardere, ponendo fine a una storia millenaria. Così abbiamo deciso di riportarlo al Sud, nella nostra Puglia, una terra simbolo, riconosciuta come l'uliveto d'Italia. Qui sarà custodito e monitorato, ma soprattutto reso fruibile a tutti. Non resterà in una campagna isolata e difficilmente raggiungibile, o nascosto in qualche lussuosa villa come un ornamento da giardino, ma è da oggi collocato in uno spazio dove può essere ammirato e apprezzato».

Il tempo lo ha scolpito, rendendolo un'opera d'arte naturale: adesso il "Patriarca" si erge solenne nella città pugliese, come simbolo di resilienza e di pura bellezza naturale. «Ulivi come questo hanno attraversato la storia e la loro memoria vive nei solchi della loro corteccia, nel loro DNA. La sua maestosità è capace di lasciare chiunque senza parole».
Alla presenza dei giornalisti e delle autorità, è stata illustrata l'articolata procedura che ha consentito con successo il trapianto del "Patriarca" a Gravina. «Per realizzare questa operazione complessa, è stata effettuata una perizia approfondita per garantire che tutto avvenisse nel modo più delicato e nel periodo più adatto dell'anno. È stato emozionante vedere questo gigante sollevarsi dal suolo, seguito con cura da esperti che lo hanno accompagnato nel viaggio dall'Emilia Romagna fino a Gravina».

L'inserimento di questo ulivo nel progetto del Museo degli Oli non è casuale. «Abbiamo voluto collocarlo - ha aggiunto Antonio Raguso - in un contesto che celebrerà la biodiversità e la racconterà attraverso gli scenari esperienziali del "Raguso Lab Experience", che è attualmente in fase di realizzazione».
Il museo, improntato all'interattività e alla divulgazione della cultura dell'olio, ospiterà tutte le 539 varietà di olive italiane e offrirà percorsi immersivi e coinvolgenti per adulti e bambini. «Non parliamo mai di "olio" al singolare, ma di "oli", per sottolineare la ricchezza e la varietà di questo straordinario prodotto».

È una iniziativa che si inserisce in una più ampia riflessione sulla tutela del patrimonio olivicolo della Puglia, minacciato da fenomeni come la xylella, guardando anche alle future generazioni. «Ci tengo particolarmente a coinvolgere i giovani in questo percorso, sensibilizzandoli con azioni concrete. Da diversi anni è attiva una collaborazione tra la nostra azienda e l'Istituto Agrario di Gravina, dove i ragazzi hanno l'opportunità di produrre piccole quantità di oli pregiati, lavorando nel frantoio della loro scuola. È così che vogliamo trasmettere l'importanza della tradizione, della ricerca e della salvaguardia del nostro territorio».

Gli studenti sono stati protagonisti, durante la cerimonia, di un momento molto emozionante: l'interramento vicino alle radici del "Patriarca" di una "capsula del tempo", che per 50 anni custodirà il loro messaggio di speranza e promesse per il futuro dell'ambiente. Tra mezzo secolo la capsula verrà recuperata, il 15 marzo 2075, e si scoprirà quanto sarà cambiato il mondo, quali aspettative si saranno avverate e come si sarà evoluto il nostro legame con la terra in cui viviamo. «Immaginiamo che il "Patriarca" sarà ancora lì, vivo nella sua maestosità, custode di memoria e di eredità che non devono morire mai».
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