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La città

Incontro “la mafia uccide, il silenzio pure”

La formazione delle nuove generazioni può contribuire a contrastare le mafie


Nell'auditorium della Chiesa San Sebastiano, si è tenuto un interessantissimo incontro organizzato dall'Associazione Agesci Gravina 3 e da Libera Presidio di Gravina, dal titolo "La Mafia uccide, il silenzio pure".

A relazionare dinnanzi ad una platea attenta e partecipativa sono stati: Nicola Magrone, ex magistrato (e attualmente sindaco di Modugno), Arturo Casieri di Libera-Gravina (in sostituzione di Alessandra Ricupero impossibilitata a partecipare per motivi di salute) e Filippo Loizzo (educatore scout Gravina 3).

Ad aprire i lavori è stato proprio il rappresentante di Libera che ha esposto gli obiettivi dell'incontro, ovvero stressare il problema e presentare le finalità dell'associazione Libera.

Libera - ha aggiunto Casieri - agisce su tre direttrici: formazione, memoria e beni confiscati. La formazione, che si effettua con incontri e appuntamenti,si pone l'obiettivo di instillare la cultura della legalità, ad iniziare dai più giovani. La memoria è un richiamo, per tutti, a non dimenticare le vittime di mafia e infine la terza direttrice è rappresentata dalla gestione dei beni che lo Stato confisca alla criminalità.

A dare un contributo importante all'incontro, è stato il rappresentante scout dell'Agesci Gravina 3 Filippo Loizzo che ha presentato i risultati di un questionario svolto nel 2015, da giovani scout tra i 16 ed i 21 anni, nell'ambito di un lavoro svolto sul tema della legalità.

In sostanza, i ragazzi hanno sottoposto ad un campione rappresentativo di 500 gravinesi (suddivisi per età, sesso e stato occupazionale), un questionario composto da 14 domande a risposta multipla, per capire la percezione all'interno della città in merito al tema della mafia.

Dalla elaborazione dei dati, effettuata in collaborazione con il presidio gravinese di Libera, è emersa una fotografia dai toni chiaroscuri.

In città vi è la percezione che la Mafia sia più forte dello Stato, e che molto difficilmente si potrà arrivare a sconfiggerla definitivamente.

Vi segnaliamo un dato emblematico, che secondo noi è abbastanza allarmante. Alla domanda: Pensi che a Gravina ci sia la mafia? Ben il 51,42% del campione ha risposto affermativamente, mentre appena il 18,87% ha risposto negativamente e non so il 29,72%.

Ma non tutto è perso, dai dati, emerge che la mafia la si può combattere, educando le nuove generazioni, e qui entra in gioco il ruolo che ha lo scoutismo nel fondamentale ruolo di formazione delle giovani leve.

In conclusione, Loizzo ha ricordato la missione che Papa Francesco ha affidato agli scout, in occasione dell'udienza riservata all'Agesci a giugno dello scorso anno: "imparate a fare ponti, in questa società dove c'è l'abitudine di creare muri".

Ed è proprio quello che l'Agesci sta cercando di fare e continuerà a fare, educando i giovani all'insegnamento di Baden-Powell: "Cercate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato".

L'intervento di chiusura è stato affidato a Nicola Magrone, il quale ha esordito dicendo che il termine Mafia, nella sua accezione di sistema di potere esercitato attraverso l'uso della violenza e dell'intimidazione per il controllo del territorio, non possa essere esteso a tutti gli atteggiamenti criminosi, non per attenuarne il rigore nei confronti dei fatti mafiosi ma per non alleggerirne il significato.

Conosciamo la mafia - ha detto Magrone - adesso bisogna fare qualcosa per togliere il terreno sotto il quale la mafia cammina e si sviluppa.

Tra i principali problemi riscontrati da Magrone vi è la lentezza del sistema giudiziario. Una giustizia lenta e pachidermica che affievolisce il significato della pena, e poi la denuncia.

La gente ha paura di denunciare, citando i casi emblematici di Palmina Martinelli morta a 14 anni, arsa viva, perché voleva sfuggire ad un giro di prostituzione gestito dai fratellastri, dipinta come una bugiarda dalla Cassazione, perché, in punto di morte avrebbe calunniato i suoi aguzzini. Oppure di Lea Garofalo, testimone di giustizia e vittima di 'Ndrangheta, uccisa e data alle fiamme dagli stessi uomini che lei, aveva "inguaiato" con le proprie dichiarazioni. Storie - ammonisce Magrone - che non possono essere rimosse dal groppone dello Stato.

Chi tace su fatti criminosi - ha esclamato Magrone - è peggio di un delinquente che uccide.

Anche Magrone vede il bicchiere mezzo pieno, mostrandosi fiducioso sui ragazzi di oggi, definendoli come più responsabili e armati di pazienza, "sforziamoci noi più grandicelli" di assisterli e guidarli, ha concluso Magrone.

In definitiva, quella contro le mafie è anche una battaglia culturale, e lo Stato non la potrà vincere se all'azione delle forze dell'ordine e della magistratura non si accompagnerà alla formazione delle giovani generazioni.
Impegno che associazioni come Agesci e Libera stanno portando avanti nelle rispettive attività.
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