Territorio
La Diocesi dice no alla privatizzazione dell'acqua
...e sottoscrive un documento della Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita. "Non si può trarre profitto da un diritto"
Gravina - giovedì 28 aprile 2011
17.23
La Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti ha sottoscritto il documento per la campagna Acqua: dono di Dio e bene comune promossa dalla Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita in occasione della Pasqua appena trascorsa. Si tratta di «una proposta cristiana al di sopra di ogni schieramento politico e ideologico, una campagna che invita ad adottare stili di vita e comportamenti che tutelino questo prezioso bene comune, garantendone la disponibilità per tutti». Questa Rete si è costituita nel 2007 ad opera di alcuni organismi diocesani che volevano promuovere un movimento sui nuovi stili di vita nella Chiesa e nella Società.
«Noi stessi - si legge nel documento - come tanti altri esseri viventi, siamo fatti in gran parte d'acqua e dipendiamo dal suo continuo ciclo. L'acqua è quindi essenziale per la vita delle persone e l'accesso ad essa costituisce un diritto inalienabile». Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa viene sottolineato che il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all'acqua, ma, aggiunge la Rete Interdiocesana, «la fruizione di tale diritto è preclusa a un gran numero di esseri umani, ponendo un grave problema di giustizia. Un quarto della popolazione del pianeta, infatti, non ha accesso ad una quantità minima di acqua pulita, mentre oltre 2,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base, determinando anche la diffusione di gravi malattie endemiche». Sempre nel Compendio si sottolinea che l'acqua, per sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. «La distribuzione dell'acqua ha dei costi - aggiunge la Rete Interdiocesana - ma su di essa non si può fare profitto in quanto il diritto al suo uso si fonda sulla dignità della persona umana e non su logiche economiche. L'acqua è quindi un vero bene comune, che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto. Il diritto all'acqua deve dunque essere garantito anche sul piano normativo, mettendo in discussione quelle leggi che la riducono a bene economico. Sarà importante, quindi, partecipare attivamente al dibattito legato al referendum sulla gestione dell'acqua, che mira a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile, ma ripubblicizzandola mediante una forma di gestione pubblica e partecipata dei servizi idrici».
Nel documento vengono proposti stili di vita e pratiche per ridurre lo spreco di acqua: scegliere la doccia invece del bagno, non lasciare il rubinetto aperto quando ci si lava i denti, evitare le perdite, applicare ai rubinetti i riduttori di flusso che fanno risparmiare acqua miscelandola con l'aria.
La Rete Interdiocesana pone l'accento anche sulla scelta degli alimenti e degli indumenti, invitando a preferire quelli che « richiedono meno acqua per la produzione». Ci vogliono, infatti, 10.000 litri d'acqua per produrre un paio di jeans e 2 mila per una maglietta di cotone. L'invito è anche ad utilizzare l'acqua del rubinetto.
«Noi stessi - si legge nel documento - come tanti altri esseri viventi, siamo fatti in gran parte d'acqua e dipendiamo dal suo continuo ciclo. L'acqua è quindi essenziale per la vita delle persone e l'accesso ad essa costituisce un diritto inalienabile». Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa viene sottolineato che il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all'acqua, ma, aggiunge la Rete Interdiocesana, «la fruizione di tale diritto è preclusa a un gran numero di esseri umani, ponendo un grave problema di giustizia. Un quarto della popolazione del pianeta, infatti, non ha accesso ad una quantità minima di acqua pulita, mentre oltre 2,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base, determinando anche la diffusione di gravi malattie endemiche». Sempre nel Compendio si sottolinea che l'acqua, per sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. «La distribuzione dell'acqua ha dei costi - aggiunge la Rete Interdiocesana - ma su di essa non si può fare profitto in quanto il diritto al suo uso si fonda sulla dignità della persona umana e non su logiche economiche. L'acqua è quindi un vero bene comune, che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto. Il diritto all'acqua deve dunque essere garantito anche sul piano normativo, mettendo in discussione quelle leggi che la riducono a bene economico. Sarà importante, quindi, partecipare attivamente al dibattito legato al referendum sulla gestione dell'acqua, che mira a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile, ma ripubblicizzandola mediante una forma di gestione pubblica e partecipata dei servizi idrici».
Nel documento vengono proposti stili di vita e pratiche per ridurre lo spreco di acqua: scegliere la doccia invece del bagno, non lasciare il rubinetto aperto quando ci si lava i denti, evitare le perdite, applicare ai rubinetti i riduttori di flusso che fanno risparmiare acqua miscelandola con l'aria.
La Rete Interdiocesana pone l'accento anche sulla scelta degli alimenti e degli indumenti, invitando a preferire quelli che « richiedono meno acqua per la produzione». Ci vogliono, infatti, 10.000 litri d'acqua per produrre un paio di jeans e 2 mila per una maglietta di cotone. L'invito è anche ad utilizzare l'acqua del rubinetto.