La città
Le polemiche sull'eolico? Un bluff: "Tutti sapevano tutto"
L'archeologa Canosa critica Syssitia. E contesta i silenzi del Comune su un nuovo impianto a San Felice.
Gravina - martedì 11 giugno 2013
08.30
"Stiamo assistendo ad una polemica stupida e pretestuosa fatta solo per fare un po' di rumore".
Accetta di buon grado di parlare, nel tentativo di "ripristinare la verità e mettere fine a questa assurda polemica", Maria Giuseppina Canosa (nella foto, ndr), archeologa della Soprintendenza dei beni archeologici della Puglia ed ex responsabile del centro operativo gravinese. Al centro della sua riflessione, il dibattito che da fine maggio infiamma le cronache: la realizzazione (in fase avanzatissima) di un parco eolico al confine tra i comuni di Gravina e Poggiorsini. C'è chi, come il laboratorio Syssitia e le forze di opposizione vorrebbe lo stop ai lavori, a tutela del patrimonio archeologico della zona, e c'è chi, come gli archeologi che in zona hanno lavorato, dicono trattarsi di una polemica montata ad arte, dal momento che l'area, dalla Soprintendenza di Taranto definita negli atti ufficiali "di scarsa rilevanza archeologica", non presenterebbe giacimenti culturali notevoli. In mezzo, il silenzio di Palazzo di città.
"Ricordo a tutti - esordisce Canosa - che il Comune di Gravina ha approvato anni addietro il Prie, ossia il regolamento per l'istallazione di impianti eolici, fatto di norme e regole ben precise che sono state scritte anche con il supporto dei tecnici della Soprintendenza. Nello specifico, confermo quanto sostenuto dall'archeologa Annalisa Melillo: la piana di san Felice è un'area archeologica e proprio per questo la Soprintendenza chiese alla Nuova Energia, titolare del progetto del parco eolico, di avviare una campagna di scavi preventivi per verificare l'eventuale presenza di reperti". Scavi "costati molte migliaia di euro ed eseguiti tra l'ottobre 2010 e l'agosto del 2011, durante i quali abbiamo rinvenuto vicino alla pala 30 alcune tombe, di cui una solo contenente ancora il corredo funerario, mentre le altre erano state già depredate dai tombaroli che in quella zona sono molto attivi. Nei pressi della pala 31, invece, abbiamo ritrovato resti di muretti di un insediamento medievale e alcune fosse di scarico. Il resto dell'area era completamente libero". Puntualizzazioni che l'ex responsabile del centro operativo di Gravina, ora in pensione, riformula più volte anche per ribadire che "la piana di san Felice è lontana sia per chilometri da Vagnari ma anche per età storica, visto che tra le due aree archeologiche ci passano almeno 4 secoli di storia. Rammento agli esperti di Syssitia che l'uomo a san Felice è arrivato 400 anni dopo che a Vagnari".
Ed è proprio ai professionisti che stanno animando il laboratorio di Syssitia che la Canosa riserva le sue obiezioni più pungenti. "Dove sono stati in questi anni tutti questi esperti di archeologia che ora hanno tanto da parlare? Perché non sono intervenuti prima? Gli scavi che abbiamo condotto a san Felice erano accessibili a tutti, perché nessuno si è fatto vivo? Soprattutto, è bene precisare che alcuni degli archeologi gravinesi che ora firmano il documento contro l'eolico e si dilettano sui social network e anche nel forum di Gravinalife sapevano benissimo che lì sarebbe sorto un parco eolico perché sono stati interpellati direttamente da me per condurre gli scavi in quella zona".
In coda, una sottolineatura che sa di dolorosa denuncia e, in un certo senso, anche di sfida: "Chiedo agli esperti di Syssitia e a tutta la comunità che si sta preoccupando del parco eolico che sta sorgendo su un'area di scarsa rilevanza archeologica come mai analoga preoccupazione non venga nutrita per l'impianto fotovoltaico già installato ai piedi della collina di san Felice. Un impianto per cui il Comune di Gravina, contrariamente a quello di Spinazzola, non ha inteso chiedere il parere della Soprintendenza perché ha una portata inferiore a un megawatt di portata, trascurando il fatto che questi immensi pannelli solari stanno compromettendo non solo l'area archeologica, ma l'intera collina".
Conclude Maria Giuseppina Canosa: "Sono queste le cose di cui dovreste preoccuparvi, se davvero amate il vostro territorio e il vostro patrimonio storico. Invito gli esperti di Syssitia ad impiegare un po' del loro sapere per mettere la parola fine a quella vergogna mondiale conosciuta sotto il nome di parco archeologico di Botromagno, uno scempio storico e naturalistico che da anni grida vendetta".
Accetta di buon grado di parlare, nel tentativo di "ripristinare la verità e mettere fine a questa assurda polemica", Maria Giuseppina Canosa (nella foto, ndr), archeologa della Soprintendenza dei beni archeologici della Puglia ed ex responsabile del centro operativo gravinese. Al centro della sua riflessione, il dibattito che da fine maggio infiamma le cronache: la realizzazione (in fase avanzatissima) di un parco eolico al confine tra i comuni di Gravina e Poggiorsini. C'è chi, come il laboratorio Syssitia e le forze di opposizione vorrebbe lo stop ai lavori, a tutela del patrimonio archeologico della zona, e c'è chi, come gli archeologi che in zona hanno lavorato, dicono trattarsi di una polemica montata ad arte, dal momento che l'area, dalla Soprintendenza di Taranto definita negli atti ufficiali "di scarsa rilevanza archeologica", non presenterebbe giacimenti culturali notevoli. In mezzo, il silenzio di Palazzo di città.
"Ricordo a tutti - esordisce Canosa - che il Comune di Gravina ha approvato anni addietro il Prie, ossia il regolamento per l'istallazione di impianti eolici, fatto di norme e regole ben precise che sono state scritte anche con il supporto dei tecnici della Soprintendenza. Nello specifico, confermo quanto sostenuto dall'archeologa Annalisa Melillo: la piana di san Felice è un'area archeologica e proprio per questo la Soprintendenza chiese alla Nuova Energia, titolare del progetto del parco eolico, di avviare una campagna di scavi preventivi per verificare l'eventuale presenza di reperti". Scavi "costati molte migliaia di euro ed eseguiti tra l'ottobre 2010 e l'agosto del 2011, durante i quali abbiamo rinvenuto vicino alla pala 30 alcune tombe, di cui una solo contenente ancora il corredo funerario, mentre le altre erano state già depredate dai tombaroli che in quella zona sono molto attivi. Nei pressi della pala 31, invece, abbiamo ritrovato resti di muretti di un insediamento medievale e alcune fosse di scarico. Il resto dell'area era completamente libero". Puntualizzazioni che l'ex responsabile del centro operativo di Gravina, ora in pensione, riformula più volte anche per ribadire che "la piana di san Felice è lontana sia per chilometri da Vagnari ma anche per età storica, visto che tra le due aree archeologiche ci passano almeno 4 secoli di storia. Rammento agli esperti di Syssitia che l'uomo a san Felice è arrivato 400 anni dopo che a Vagnari".
Ed è proprio ai professionisti che stanno animando il laboratorio di Syssitia che la Canosa riserva le sue obiezioni più pungenti. "Dove sono stati in questi anni tutti questi esperti di archeologia che ora hanno tanto da parlare? Perché non sono intervenuti prima? Gli scavi che abbiamo condotto a san Felice erano accessibili a tutti, perché nessuno si è fatto vivo? Soprattutto, è bene precisare che alcuni degli archeologi gravinesi che ora firmano il documento contro l'eolico e si dilettano sui social network e anche nel forum di Gravinalife sapevano benissimo che lì sarebbe sorto un parco eolico perché sono stati interpellati direttamente da me per condurre gli scavi in quella zona".
In coda, una sottolineatura che sa di dolorosa denuncia e, in un certo senso, anche di sfida: "Chiedo agli esperti di Syssitia e a tutta la comunità che si sta preoccupando del parco eolico che sta sorgendo su un'area di scarsa rilevanza archeologica come mai analoga preoccupazione non venga nutrita per l'impianto fotovoltaico già installato ai piedi della collina di san Felice. Un impianto per cui il Comune di Gravina, contrariamente a quello di Spinazzola, non ha inteso chiedere il parere della Soprintendenza perché ha una portata inferiore a un megawatt di portata, trascurando il fatto che questi immensi pannelli solari stanno compromettendo non solo l'area archeologica, ma l'intera collina".
Conclude Maria Giuseppina Canosa: "Sono queste le cose di cui dovreste preoccuparvi, se davvero amate il vostro territorio e il vostro patrimonio storico. Invito gli esperti di Syssitia ad impiegare un po' del loro sapere per mettere la parola fine a quella vergogna mondiale conosciuta sotto il nome di parco archeologico di Botromagno, uno scempio storico e naturalistico che da anni grida vendetta".