La città
Mensa scolastica: Lafabiana risponde ai grillini
"Mai fatto favoritismi: rispettato il regolamento". Scoppia il caso dei ticket rivenduti.
Gravina - giovedì 21 marzo 2013
09.10
"Il regolamento c'è e i buoni pasto gratuiti vengono distribuiti sulla base di relazioni presentate dai servizi sociali".
Risponde così, Felice Lafabiana (nella foto, ndr), assessore ai servizi sociali, alle accuse mosse dal Movimento 5 stelle di Gravina, secondo cui i buoni mensa gratuiti "sono diventate agevolazioni che si concedono ad amici o a chi ha il coraggio di lamentarsi". L'assessore spiega che i criteri alla base del riconoscimento della stato di indigenza sono stabiliti nel regolamento comunale per l'assegnazione degli aiuti a favore delle famiglie bisognose, approvato nel 2003. "Il punto di partenza per stabilire se una famiglia viva in uno stato di bisogno - dice Lafabiana - è il modello Isee, poi ci sono una serie di verifiche che i servizi sociali fanno per ogni singola famiglia a volte anche con visite a casa". Interpellato sul presunto ritardo nell'assegnazione dei buoni, l'assessore precisa che "gli uffici sono in regola con l'espletamento dei servizio" e rispedisce al mittente le accuse di favoritismo nei confronti di alcune famiglie: "All'apertura delle mense scolastiche abbiamo chiesto alle scuole di fornirci un elenco di bambini che versano in difficoltà economiche. Ci siamo rivolti a loro perché le maestre e i dirigenti, meglio di chiunque altro, conoscono la situazione". Intanto l'appalto per il servizio mensa veniva affidato e, con i primi pranzi a scuola, qualche famiglia preferiva ritirare il bambino prima del pranzo impedendo al piccolo di partecipare alle attività con i compagni di classe, come del resto aveva già segnalato mesi addietro la dirigente scolastica di San Giovanni Bosco, Lucia Pallucca. "Per evitare problemi e umiliazioni ai bambini - continua Lafabiana- abbiamo deciso di distribuire i buoni pasto gratuiti a tutte le famiglie indigenti presenti nell'elenco fornito dalle scuole, riservandoci comunque di fare le nostre verifiche, anche in considerazione del fatto che spesso la documentazione presentata, tipo il modello Isee, si riferisce alla situazione economica dell'anno precedente, mentre con le segnalazioni delle scuole e l'intervento dei servizi sociali siamo riusciti ad aiutare anche famiglie che teoricamente avrebbero potuto pagare i buoni pasto ai loro figli. Tanti papà hanno perso il lavoro, altri hanno difficoltà economiche, altri problemi di salute. Tutte cose che abbiamo scoperto conoscendo da vicino queste famiglie".
Risultato? "Tutte le persone che hanno fatto richiesta sono state aiutate e proprio quest'anno le richieste si sono quadruplicate rispetto allo scorso anno. La maggior parte di esse sono arrivate tramite le scuole, altre famiglie si sono rivolte direttamente ai servizi sociali ma escudo categoricamente favoritismi. Sono accuse che non stanno né in cielo né in terra".
Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato, e nonostante le buone intenzioni dell'amministrazione comunale, alcune famiglie, beneficiarie dei buoni gratuiti, denuncia Lafabiana, "hanno preferito ritirare i loro figli da scuola durante il pranzo e rivendere il blocchetto con i buoni mensili ad altre famiglie, offrendo un risparmio del 50% rispetto al prezzo imposto dal fornitore del servizio mensa: una situazione inaccettabile. Scoperto il gioco, ho chiesto di distribuire i buoni per i bambini provenienti da famiglie in difficoltà direttamente alle maestre e non più alle famiglie. Si evita così la speculazione salvaguardando il diritto di tutti i bambini a partecipare alle attività e quindi anche al pranzo con i compagni di classe".
Risponde così, Felice Lafabiana (nella foto, ndr), assessore ai servizi sociali, alle accuse mosse dal Movimento 5 stelle di Gravina, secondo cui i buoni mensa gratuiti "sono diventate agevolazioni che si concedono ad amici o a chi ha il coraggio di lamentarsi". L'assessore spiega che i criteri alla base del riconoscimento della stato di indigenza sono stabiliti nel regolamento comunale per l'assegnazione degli aiuti a favore delle famiglie bisognose, approvato nel 2003. "Il punto di partenza per stabilire se una famiglia viva in uno stato di bisogno - dice Lafabiana - è il modello Isee, poi ci sono una serie di verifiche che i servizi sociali fanno per ogni singola famiglia a volte anche con visite a casa". Interpellato sul presunto ritardo nell'assegnazione dei buoni, l'assessore precisa che "gli uffici sono in regola con l'espletamento dei servizio" e rispedisce al mittente le accuse di favoritismo nei confronti di alcune famiglie: "All'apertura delle mense scolastiche abbiamo chiesto alle scuole di fornirci un elenco di bambini che versano in difficoltà economiche. Ci siamo rivolti a loro perché le maestre e i dirigenti, meglio di chiunque altro, conoscono la situazione". Intanto l'appalto per il servizio mensa veniva affidato e, con i primi pranzi a scuola, qualche famiglia preferiva ritirare il bambino prima del pranzo impedendo al piccolo di partecipare alle attività con i compagni di classe, come del resto aveva già segnalato mesi addietro la dirigente scolastica di San Giovanni Bosco, Lucia Pallucca. "Per evitare problemi e umiliazioni ai bambini - continua Lafabiana- abbiamo deciso di distribuire i buoni pasto gratuiti a tutte le famiglie indigenti presenti nell'elenco fornito dalle scuole, riservandoci comunque di fare le nostre verifiche, anche in considerazione del fatto che spesso la documentazione presentata, tipo il modello Isee, si riferisce alla situazione economica dell'anno precedente, mentre con le segnalazioni delle scuole e l'intervento dei servizi sociali siamo riusciti ad aiutare anche famiglie che teoricamente avrebbero potuto pagare i buoni pasto ai loro figli. Tanti papà hanno perso il lavoro, altri hanno difficoltà economiche, altri problemi di salute. Tutte cose che abbiamo scoperto conoscendo da vicino queste famiglie".
Risultato? "Tutte le persone che hanno fatto richiesta sono state aiutate e proprio quest'anno le richieste si sono quadruplicate rispetto allo scorso anno. La maggior parte di esse sono arrivate tramite le scuole, altre famiglie si sono rivolte direttamente ai servizi sociali ma escudo categoricamente favoritismi. Sono accuse che non stanno né in cielo né in terra".
Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato, e nonostante le buone intenzioni dell'amministrazione comunale, alcune famiglie, beneficiarie dei buoni gratuiti, denuncia Lafabiana, "hanno preferito ritirare i loro figli da scuola durante il pranzo e rivendere il blocchetto con i buoni mensili ad altre famiglie, offrendo un risparmio del 50% rispetto al prezzo imposto dal fornitore del servizio mensa: una situazione inaccettabile. Scoperto il gioco, ho chiesto di distribuire i buoni per i bambini provenienti da famiglie in difficoltà direttamente alle maestre e non più alle famiglie. Si evita così la speculazione salvaguardando il diritto di tutti i bambini a partecipare alle attività e quindi anche al pranzo con i compagni di classe".