GravinaLife
Parco archeologico
Un tesoro sepolto dall’indifferenza. Tombe distrutte e fuori dall'agenda politica
Gravina - sabato 6 ottobre 2012
12.40
È una delle aree archeologiche più importanti del mondo per estensione (430 ettari) e per la straordinaria rilevanza dei reperti ritrovati. Il parco archeologico sulla collina di Botromagno attesta la presenza dell'uomo nel nostro territorio sin dal Neolitico.
Ad oggi ciò che resta del parco archeologico è nascosto sotto cumuli di spazzatura. Una vergogna ventennale, che non ha ancora visto il suo epilogo, cominciata nel lontano 1985 con l'istituzione da parte del consiglio comunale del parco archeologico di Botromagno e lo stanziamento di oltre 20 miliardi delle vecchie lire da parte del Cipe. Ottenuto il finanziamento, nasce la società consortile "Sidinon", che unisce sotto un'unica insegna il Comune di Gravina, socio di maggioranza, la società "Sidin" e il Consorzio di bonifica Terre d'Apulia.
Nell'atto costitutivo si evidenziano compiti e obblighi per la società "Sidin" che si impegna a gestire il Parco per i nove anni successivi senza oneri aggiuntivi per le casse comunali. L'entusiasmo dura poco e le speranze si infrangono nel 1999 su un rapporto redatto dalla direzione dei lavori con cui si evidenzia lo stato precario delle opere con molte strutture non ancora realizzate nonostante i fondi siano stati dilapidati. A dieci anni dall'inizio dei lavori mancano le strutture primarie al Parco di Bruno e molte tombe non sono ancora state restaurate. Mancano i cartelli informativi sul sito e la campagna di comunicazione e pubblicizzazione del parco, prevista per contratto, è praticamente inesistente. L'unico risultato è che l'intera area archeologica è diventata inaccessibile a cittadini e turisti. Nel 2004 nell'ambito dell'operazione "Stargate", condotta dal nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio, l'intera zona viene posta sotto sequestro dando inizio ad un procedimento giudiziario tutt'ora in coro, nel quale il Comune non si è mai costituito parte civile. Una scelta che lascia quantomeno perplessi se a questo si aggiunge che la Procura nel 2005 ha concesso il dissequestro per la collina di Botromagno, il Parco di Bruno e la strada Santo Stefano concedendo al Municipio di riprendere i lavori con la collaborazione ed il controllo della stessa Procura e della Soprintendenza archeologica.
Le cronache di questi ultimi anni ci raccontano solo opere di pulizia e manutenzione ordinaria. Da Palazzo di città in tanti confermano che il capitolo parco archeologico non è mai entrato nell'agenda politica delle ultime amministrazioni: se ieri la scusa era il sequestro, oggi è la mancanza di fondi. E il tempo passa.
Ad oggi ciò che resta del parco archeologico è nascosto sotto cumuli di spazzatura. Una vergogna ventennale, che non ha ancora visto il suo epilogo, cominciata nel lontano 1985 con l'istituzione da parte del consiglio comunale del parco archeologico di Botromagno e lo stanziamento di oltre 20 miliardi delle vecchie lire da parte del Cipe. Ottenuto il finanziamento, nasce la società consortile "Sidinon", che unisce sotto un'unica insegna il Comune di Gravina, socio di maggioranza, la società "Sidin" e il Consorzio di bonifica Terre d'Apulia.
Nell'atto costitutivo si evidenziano compiti e obblighi per la società "Sidin" che si impegna a gestire il Parco per i nove anni successivi senza oneri aggiuntivi per le casse comunali. L'entusiasmo dura poco e le speranze si infrangono nel 1999 su un rapporto redatto dalla direzione dei lavori con cui si evidenzia lo stato precario delle opere con molte strutture non ancora realizzate nonostante i fondi siano stati dilapidati. A dieci anni dall'inizio dei lavori mancano le strutture primarie al Parco di Bruno e molte tombe non sono ancora state restaurate. Mancano i cartelli informativi sul sito e la campagna di comunicazione e pubblicizzazione del parco, prevista per contratto, è praticamente inesistente. L'unico risultato è che l'intera area archeologica è diventata inaccessibile a cittadini e turisti. Nel 2004 nell'ambito dell'operazione "Stargate", condotta dal nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio, l'intera zona viene posta sotto sequestro dando inizio ad un procedimento giudiziario tutt'ora in coro, nel quale il Comune non si è mai costituito parte civile. Una scelta che lascia quantomeno perplessi se a questo si aggiunge che la Procura nel 2005 ha concesso il dissequestro per la collina di Botromagno, il Parco di Bruno e la strada Santo Stefano concedendo al Municipio di riprendere i lavori con la collaborazione ed il controllo della stessa Procura e della Soprintendenza archeologica.
Le cronache di questi ultimi anni ci raccontano solo opere di pulizia e manutenzione ordinaria. Da Palazzo di città in tanti confermano che il capitolo parco archeologico non è mai entrato nell'agenda politica delle ultime amministrazioni: se ieri la scusa era il sequestro, oggi è la mancanza di fondi. E il tempo passa.