Territorio
Parco dell'Alta Murgia, riprenderanno le catture dei cinghiali
Le attività sono ferme da mesi per l'emergenza. Agricoltori danneggiati
Gravina - domenica 21 giugno 2020
Dopo l'interruzione delle attività di contenimento per l'emergenza sanitaria, il Parco dell'Alta Murgia farà ripartire a breve le azioni previste nel piano pluriennale di gestione del cinghiale. Sono già finiti gli effetti del periodo di relativa tregua dovuta all'incremento del numero di catture. Infatti sono riprese le segnalazioni sulle incursioni nei campi coltivati, con danni alle colture primaverili, ad Altamura, Gravina e dagli altri Comuni.
Alcuni giorni fa le associazioni agricole del territorio si sono confrontate con l'ente, ricevute dal presidente Francesco Tarantini e dal direttore Domenico Nicoletti. Stando a quanto rappresentato dagli interessati, la situazione si è aggravata nel periodo del blocco per il Covid-19 durante il quale gli ungulati hanno agito indisturbati per la minore presenza dell'uomo sul territorio.
Nel corso della riunione si è discusso proprio del piano delle catture che stava dando dei risultati promettenti con l'utilizzo dei recinti di cattura ("corral"). Ma bisogna definire pure l'aspetto relativo all'introduzione del selecontrollo nelle aree contigue al Parco perché i cinghiali non distinguono tra area protetta e aree fuori dal Parco, non ci sono confini. Gli animali circolano attraverso i corridoi ecologici. Alcuni agricoltori sono quasi rassegnati: "Non ce la facciamo più ad essere invasi".
Bisogna intervenire. E il piano del Parco dell'Alta Murgia è solo un tassello perché la strategia deve estendersi anche oltre l'area protetta, altrimenti serve a poco. "Gli agricoltori sono l'anima del Parco nazionale dell'Alta Murgia - afferma il presidente Francesco Tarantini - ma anche i più colpiti da questa emergenza. Li abbiamo rassicurati che il contenimento dei cinghiali rientra tra le priorità dell'ente e che non saranno lasciati soli ad affrontarla".
I numeri facevano ben sperare. Nel secondo semestre dello scorso anno sono stati catturati in tutto 330 animali. La densità della presenza dell'ungulato è comunque ancora elevata, si stima solo nel Parco in 3500 capi, con maggiore presenza nei complessi boscati.
Ogni anno l'ente paga indennizzi alle aziende agricole colpite per circa 80.000 euro.
Alcuni giorni fa le associazioni agricole del territorio si sono confrontate con l'ente, ricevute dal presidente Francesco Tarantini e dal direttore Domenico Nicoletti. Stando a quanto rappresentato dagli interessati, la situazione si è aggravata nel periodo del blocco per il Covid-19 durante il quale gli ungulati hanno agito indisturbati per la minore presenza dell'uomo sul territorio.
Nel corso della riunione si è discusso proprio del piano delle catture che stava dando dei risultati promettenti con l'utilizzo dei recinti di cattura ("corral"). Ma bisogna definire pure l'aspetto relativo all'introduzione del selecontrollo nelle aree contigue al Parco perché i cinghiali non distinguono tra area protetta e aree fuori dal Parco, non ci sono confini. Gli animali circolano attraverso i corridoi ecologici. Alcuni agricoltori sono quasi rassegnati: "Non ce la facciamo più ad essere invasi".
Bisogna intervenire. E il piano del Parco dell'Alta Murgia è solo un tassello perché la strategia deve estendersi anche oltre l'area protetta, altrimenti serve a poco. "Gli agricoltori sono l'anima del Parco nazionale dell'Alta Murgia - afferma il presidente Francesco Tarantini - ma anche i più colpiti da questa emergenza. Li abbiamo rassicurati che il contenimento dei cinghiali rientra tra le priorità dell'ente e che non saranno lasciati soli ad affrontarla".
I numeri facevano ben sperare. Nel secondo semestre dello scorso anno sono stati catturati in tutto 330 animali. La densità della presenza dell'ungulato è comunque ancora elevata, si stima solo nel Parco in 3500 capi, con maggiore presenza nei complessi boscati.
Ogni anno l'ente paga indennizzi alle aziende agricole colpite per circa 80.000 euro.